Darmet, re della danza a Lione di Sergio Trombetta

Darmet, re della danza a Lione « NEL '90 e '92 FARO' BALLARE IiAMERICA E L'ORIENTE » Darmet, re della danza a Lione LIONE—I danzatori è i coreografi francesi lo stimano e lo amano. I commercianti lo fermano per strada, lo salutano, lo ringraziano per il turismo in più portato alla città. Ai politici invece incomincia a fare ombra: nascono le prime gelosie. Ma lui, Guy Darmet, direttore della Maison de la Dunst' e della Biennale Internationale de la Danse a Lione, non ci bada. E' invece molto contento per come sta andando la stagione della Maison e per il successo ottenuto, l'ottobre scorso, dall'ultima edizione della Biennale, una maratona di tre settimane consacrate a quattro secoli di danza in Francia. Un 'tour de force» che ha visto grandi dèi balletto francese (Petit, Béjart, Patrick Dupond, Sylvie Guillem, Eric Vu An) insieme con giovani rampanti della Noiivelle Danse come Maguy Mariti, Jean-Claude Gallotta; raffinate meditazioni coreografiche sul Rinascimento e Barocco accanto a ricostruzioni di balletti mitici del 900 come Les .Mariés de la Tour Eiffel, successo dei Ballet Suédois negli Anni 20, Modi da gentiluomo, grande eleganza, una bella casa tutta in nero, grigio e bianco sulla collina sopra il Vieux Lyon, quarant'anni, uri passato di avvocato («Per far piacere alla famiglia»), una passione per la danza nata a quattro anni, ('Quando ho visto per la prima voltai balletti dèi Marchese di Cuevas»), Darmet commenta, a mente lucida e a due mesi di distanza, questa macchina per danzare che è stata la Biennale, una macchina che in 23 giorni ha macinato 36 spettacoli con 25 compagnie in 10 teatri, quattro balli in costume, 120 ore di video, 90 ore di film prolettati in tre diverse sale, un bilancio di 13 milioni di franchi (oltre 3 miliardi di lire) coperti all'li per cento da sponsor (Evian, Silhouette, Repetto, le Ferrovie Francesi), un pubblico di oltre 60 mila spettatori. — Soddisfatto? «Si. La Biennale ha vinto tutte le scommesse che avevo lanciato. A cominciare dai grandi batti popolari dove lo spettatore diventa danzatóre: una riuscita completa perché tutte le feste sono state frequentatissime, da quella di apertura con Yvette •Horner sino a quelle dedicate al Diciottesimo e al Diciannovesimo Secolo. 'La seconda scommessa era far convivere storia, repertorio e creazione: abbiamo trovato un grosso pubbli-' co per questi diversi spettacoli. 1 'Infine il successo economico. L'obiettivo finanziario è stato raggiunto con oltre due milioni e mezzo di franchi dì biglietti venduti». . — Tornando indietro che cosa cambièrebbe? 'Questa Biennale è soltanto la terza e io sono un giovane direttore di festival: certo ci sonò-còse che modificherei. Nella rassegna di film curata dalla Cinémathèque de la Dame abbiamo presentato troppe meraviglie tutte in¬ sieme. Penso ai filmati rari della Pavlova e della Zambelli, ai brani d'archivio su Lifar e Jeanine Charrat, agli omaggi a Mossine, Babilée, Cocteau, Leslìe Caron, Roland Petit. Bisognava focalizzare l'attenzione del pub blico su meno cose e medializzare di più'. — Questa Biennale consacrata alla Francia non ha portato a Lione un programma forse troppo sciovinista sul piano delle compagnie? 'Abbiamo avuto la serata Béjart con il Balletto di Stoccarda e la presenza di: una compagnia contemporanea Canadese (O Vertigo). Poco? Non so. C'era un accordo con il ministero della Cultura, che ci ha aiutati motto, di fare danzare là danza francese da compagnie francesi. Ma non è stato un desiderio di programmazione nazionalista: l'americano Joffrey Ballet con la ricostruzione del Sacre du printemps di Nijinskl non ha potuto venire perché impegnato nella stagione a Los Angeles, L'American Ballet Theatre che ha una versione di Oaité parisienne avrebbe portelo via metà del bilancio: ■ — Quali programmi per le prossime biennali? ■ 'Quella del 1990 sarà dedicata atta Modem Dance americana, dunque faremo il pieno di compagnie d'olire Atlantico, ma eviterò di programmare soltanto gruppi americani, cosi come.non ci saranno il New York City Ballet né l'ABT, perché la loI ro non è Modem Dance e per le ragioni economiche di cui parlavo prima. L'edizione del 1992 sarà dedicata alla Via della seta, un progetto che mi affascina enormemente: Lione è una città di tessitori di seta Daremo vita ad una Biennale che ripercorra il cammino della seta da Lione alla Cina, passando per la Venezia di Marco Polo, ovviamente, e prestando attenzione anche a tutte le forme di danza orientale che si incontrano su questo cammino. Tutto questo in accordo con l'Unesco che ha in cantiere un grande progetto sulla Via della seta che si deve realizzare appunto nel 1992, a Lione, durante la Biennale: Ma Darmet noti è soltanto il direttore della Biennale, ha un ruolo di pioniere in Francia e in Europa con la Maison de la Danse, un vecchio cinema degli Anni 40 nel quartiere popolare della Croix Rousse, che nel 1980 ha trasformato In teatro e interamente consacrato alla danza con una stagione che apre le porte ai migliori spettacoli che passano per l'Europa e mescola senza pregiudizi flamenco, contemporaneo, danza indiana, tango e classico. Animatore anche dell'associazione 'Lyon Capitale internationale de la Danse.; Guy Darmet non ha una ricetta segreta per questa spinta eccezionale data alla danza. 'Nessun segreto, soltanto lavorò: ho consacrato la mia esistenza alla danza». Sergio Trombetta