DINO CAMPANA: DAREI LA VITA PER UNA CULTURA EUROPEA

DINO CAMPANA: DAREI LA VITA PER UNA CULTURA EUROPEA DINO CAMPANA: DAREI LA VITA PER UNA CULTURA EUROPEA esitare la vita per la costituzione di una grande cultura europea", dichiara una lettera del 4 ottobre•••■r915~a Prezzolini. E Campana si sente poi portatore di valori superiori rispetto ai letterati di successo, al loro cattivo gusto e al loro provincialismo». Così ironizza su Soffici chiamandolo Sauf ici, su Papini, denominato Papin a cui dedica l'irriverente verso «Vo alla latrina e vomito (verità)», maledice l'immagine del gran maestro Giosuè Carducci e sputa sull'eredità di Gabriele d'Annunzio, che la critica successivamente giudicherà un suo ispiratore. Il poeta di Marradi, gran vagabondo che non conosce soste, arrivando persino in Argentina e in Uruguay, abbandona così nel 1915 il progetto perseguito fino all'anno prima nei Canti orfici. Di scrivere cioè un «Piccolo Faust», un'autobiografia lirica e altamente drammatizza¬ ni. Il libro in edizione critica e commento di Fiorenza Ceragioli (Scuola Normale Superiore Pisa 1990) comprende anche il Taccuinetto faentino del 1914; di entrambi i taccuini è acclusa la riproduzione fotografica. Le osservazioni del '15 erano uscite nel '49 a cura dello scrittore Franco Matacotta in una versione «infedele» che lo mescolava con testi successivi. Il quaderno era arrivato nelle mani di Matacotta come un originale pegno d'amore. Il curatore ventenne lo aveva ricevuto in dono poco dopo l'inizio della sua relazione da Sibilla Aleramo sessantenne e desiderosa di tenere avvinto con tutti i legami, anche quelli letterari, il giovane amante. Matacotta lo aveva trasformato in un epistolario d'amore con l'inserimento di lettere e di poesie dedicate a Sibilla da Campana. Il taccuino «in nero» era stato in precedenza coinvolto in un'altra storia di passione: l'innamorato Campana lo aveva offerto a Sibilla, seduttrice e musa di tanti intellettuali italiani, da Giovanni Cena a Papini, Cardarelli, Boccioni, durante la loro turbinosa storia iniziata nell'agosto del 1916 e terminata nello stesso anno. Pubblicato dunque nella veste originale, le annotazioni svelano nel poeta inaspettate passioni politiche, ansie sociali e desiderio di una poesia dedicata agli umili e ai disadattati. «Il 191 b è per Campana un anno dispersivo e tragico - dice la curatrice Fiorenza Ceragioli -; da una parte lo scrittore vorrebbe essere la voce più alta della letteratura italiana. Dall'altra non ne ha la forza fisica, materiale. E' irrequieto, viaggia in continuazione. E la scoperta della catastrofe della guerra coincide con l'intuizione della catastrofe della letteratura. Nascono così in lui una molteplicità di desideri. "Darei sul momento senza r EROMA UROPEISTA controcorrente, in polemica con il nazionalismo trionfante allo scoppio della Prima guerra mondiale, critico osservatore del conflitto, scrittore che rifiuta le grandi firme letterarie del tempo, da d'Annunzio a Soffici a Papini. Sono queste le insolite facce con cui Dino Campana, il Rimbaud italiano, il nostro poeta «maudit», lirico, visionario e notturno, appare negli scritti, in versi e in prosa, riuniti in un quaderno di appunti del 1915 che fino ad oggi era rimasto sconosciuto nella versione originale. Queste note del poeta dalla vita avventurosa che ha alternato lunghi viaggi, carcere e manicomio, raccolte in un quaderno dalla copertina nera e dalle pagine segnate dalla sua scrittura irregolare, vedono la luce nel volume Taccui¬