Nel nuovo racconto lo scrittore guarda alle «Mille e una notte» di M. Ne.
Amis: vi svelo i suoi segreti Amis: vi svelo i suoi segreti l LONDRA O scrittore invisibile parla ogni giorno tre ore al telefono. Divora telegiornali e videogiochi. A quasi due anni dall'anatema khomeinista, continua a vivere come un agente segreto braccato. Per Salman Rushdie, l'ergastolo islamico ha significato cento indirizzi undercover, rimpiangere ogni boccone della vita perduta, prendere qualche chilo, ricominciare a fumare, non lasciare mai l'Inghilterra. Aspettare, senza sapere cosa. Eppure lo scrittore anglo-indiano sfugge ora alla condanna al silenzio, regalandoci Haroun. Benché costretta a una dimensione minore, la sua umanità ha segnato un punto contro tutti i nemici delle storie. Questa istantanea aggiornata sulle condizioni di Rushdie ci è offerta da un suo vecchio amico. Oltre che amico, collega: il romanziere inglese Martin Amis, figlio di Kingsley, l'autore del controverso e brillante London Fields, uomo di punta nella cerchia ristretta degli amici che continuano a parlare con l'abitante dell'ombra. Quante volte ha incontrato Rushdie in questo periodo? Molte, ma i problemi sono tali che i nostri rapporti avvengono soprattutto per telefono. Ci sentiamo ogni giorno e certe volte anche venti volte al giorno. E' quando ci sfidiamo a scacchi per telefono. Cosa gli manca sopra ogni altra cosa? Il figlio. Riesce a vederlo; ma molto raramente e non è mai uscito insieme a lui. Il figlio undicenne Zafar, che aveva già assaggiato pagine di questo Haroun e il mare delle storie, come fiaba della buona notte o lettagli dal padre mentre faceva il bagno... «Se Rushdie è riuscito a trovare la pace interna per mettersi a scrivere, è grazie alla promessa che aveva fatto al figlio, dopo Satanic Verses, di scrivere anche per i bambini. A tutti i costi ha voluto mantenerla. E all'inizio gli è costato moltissimo». Come giudica oggi la sua situazione? Il giudizio è diverso di giorno in giorno. Dipende da cosa scopre nei notiziari. Ma ormai sembra aver accettato il suo destino. Dice che è una somma di coincidenze bizzarre. Rushdie aveva dichiarato che, per scrivere J figli della mezzanotte e Vergogna, gli era stato indispensabile attraversa- re le strade dell'India. Perché sono fonti inesauribili di storie. «Mi è bastato rimanere in ascolto». Quanto gli manca, come scrittore, questa libertà? Tremendamente. Non sa più cosa vuol dire camminare per strada. Oppure guidare, che è sempre stata una sua passione. Protetto per tutto questo tempo dal governo, ha cambiato opinione sulla Thatcher? Sì ora si fida. E pensare che in Satanic Verses viene chiamata «Mrs. Torture». Martin Amis loda lo stoicismo dell'amico, che sembra aver già imparato a convivere con la condanna a morte. Ora anche come scrittore. Un po' costernato, ammette: «In fondo, lo sento abbastanza sereno». Quel giorno del febbraio '89, in cui Rushdie seppe della condanna ascoltando la radio, è l'inizio di una storia imprevista. Prima di seppellirsi, lo scrittore riuscì soltanto a partecipare alla cerimonia funebre per un suo grande compagno, l'altro pellegrino Brace Chatwin. Poi si è spenta la luce. Da Bradford a Bombay si è bruciato e attentato, per un libro. In un tempo abbastanza contenuto, Salman Rushdie ha trovato dentro di sé la forza per prendere in mano di nuovo la storia. Dato per scontato, con Martin Amis, che «non si può leggere Haroun senza vedere un'allegoria di questo dramma», se ne può approfittare fino in fondo. Dopo tutto, la canterina Soraya torna a cantare, l'affabulatore suo marito, Rashid Khalifa, torna a raccontare. E Haroun, il figlio, è il coraggioso vincitore. Il mare delle storie non è più inquinato o prosciugato dal re del silenzio, Khattam-Shud. Perché resistere, .allora all'invito delle due righe conclusive dell'acrostico-dedica a Zafar? «Mentre io mi allontano dalla vista / leggimi e portami a casa con te». [m. ne.]
Luoghi citati: Bombay, Bradford, India, Inghilterra, Londra
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