Sogni proibiti di un cacciatore di comete

Sogni proibiti di un cacciatore di comete La storia dell'astrofisico italiano Cristiano Cosmovici, selezionato per un viaggio sullo Shuttle Sogni proibiti di un cacciatore di comete Nel '77 aveva vinto il concorso nazionale per astronauti L'Avventura vissuta dai moderni viaggiatori supersponsorizzati come ricerca di imprese rischiose sulle tracce di antichi pionieri dell'Impossibile, ha perso molto fascino. Essere protagonisti di grandi imprèse è diventato difficile: posti inesplorati, sulla martoriata crosta terrestre, quasi non ne esistono più, i perigli si affrontano con attrezzature sofisticate, le comunicazioni hanno sfatato il mito delle distanze e dell'Ignoto. Resta lo spazio, infinito, misterioso, angosciante in tutta la sua enormità. Ma anche i suoi esploratori, celebrati in passato come eròi, oggi hanno perso molto carisma: ha destato curiosità il fatto che alcuni astronauti russi non riuscissero a scendere a Terra per problemi tecnici; ha creato molta meno tensione quel giornalista giapponese che nell'ultima missione non ha potuto inviare subito i suoi servizi speciali perché soffriva il mal di spazio. Indubbiamente per volare fra le stelle occorrono doti non comuni ma le spedizioni in orbita, che si possono telecomandare da Terra, sollevano meno stupore rispetto alle prime imprese. Tuttavia anche per gli «avventurieri» del cosmico blu il pathos non manca e non ci riferiamo a quanto potrebbe accadere ad una navicella spaziale in navigazione ma a ben più terrene vicende. Può servire l'esempio dell'astrofisico Cristiano Batalli Cosmovici, che pur avendo avuto tutti i requisiti per poter decollare, ha dovuto rinunciare al suo sogno. Cosmovici è un cacciatore di comete: «Avrei voluto fare l'archeologo, ma negli Anni Sessanta, dopo il primo volo sovietico, mi sembrò più allettante il nuovo orizzonte che si andava scoprendo. Mi incuriosiva il mistero dell'origine della vita: le comete possiedono alcune chiavi di questo mistero». Così, l'aspirante archeologo invece di andare a scavare la verità nel ventre della Terra ha preferito prepararsi per indagare nel profondo blu dello spazio. Prima a Roma, a Fisica, poi a Monaco all'Istituto Max Planck. A 29 anni è a Lecce, come docente di Fisica cosmica: «Qui ho incominciato a lavorare su progetti interessanti come il laboratorio di fisica cosmica per studiare la formazione delle molecole extraterrestri». L'astrofisico plana su una materia appassionante. Spiega che la vita, allo stadio primordiale, si forma nelle nubi interstellari. La prima escursione del «cacciatore di comete» è del 1973, quando, su un aereo della Nasa, installa un telescopio infrarosso, costruito assieme ad americani e tedeschi, per cercare metano nella cometa Kohoutek a 13 chilometri di altitudine. Gli altri strumenti del suo lavoro sono sofisticate telecamere e il computer, con cui analizza le immagini. E' successo anche con il progetto Giotto, la sonda lanciata nel 1985 dall'Esa, l'agenzia spaziale europea, in occasione del passaggio della cometa Halley. Giotto ò passata a 600 chilometri dalla cometa. Racconta Cosmovici: «Sulla sonda, oltre ad altri strumenti sofisticati, c'era anche la telecamera realizzata con vari istituti europei, con un costo di 20 miliardi. Purtroppo non ha potuto lavorare molto perché è stata distrutta dalle particelle di polvere provenienti dal nucleo della cometa a velocità relativa di 70 chilometri al secondo. Ma in un'ora ci ha inviato ben 3000 immagini». Mostra le fotografie: macchie colorate concentriche, aloni di luce azzurra e gialla. Illustra i particolari e di fronte alla mia perplessità davanti a quelle macchie informi ammette: «Certo non è molto immediato per chi non se ne intende, ma lo studio delle fotografie ha fornito informazioni importanti: Halley possiede il laboratorio di chimica più complesso che esista nell'universo e produce le molecole organiche che sono alla base dell'evoluzione biologica». In questa caccia appassionata Cosmovici incontra un'opportunità eccezionale: il concorso per astronauti bandito dall'Esa nel '77. «Era legato al progetto Spacelab: l'Europa avrebbe potuto lanciare sullo Shuttle il suo pri¬ mo astronauta scienziato». Una grande occasione. «Mi sono candidato - dice Cosmovivi - e ho vinto il concorso nazionale (circa 300 candidati) insieme con altri quattro colleghi: Lorenzoni, Rossitto, Malerba e Santonico». Oltre ai normali esami (preparazione scientifica, efficienza fisica e inglese) gli aspiranti astronauti avevano dovuto superare anche alcuni esami all'istituto di medicina legale dell'Aeronautica sotto la guida del professor Scano, fra cui la centrifuga: «E' una cabina chiusa che ruotando velocemente riproduce l'accelerazione di 3 G, corrispondente a quella di partenza dello Shuttle. Attraverso dei sensori applicati al corpo venivano studiate le reazioni fisiche: il sangue tende a scendere dalla testa ai piedi e, se non si ha un buon sistema circolatorio, si sviene. Ho superato anche la prova della sedia rotante che simula le sensazioni del mal di spazio». I cinque italiani competono con altri 48 europei selezionati fra duemila ma la prova finale porta nello spazio, nel 1983, il tedesco Ulf Merbold, primo europeo sullo Shuttle. Confessa Cosmovici: «L'esclusione ovviamente ci ha amareggiati, eravamo tutti allo stesso livello: non dei supermen come quelli che erano sbarcati sulla Luna, ma semplicemente uomini sani con dei supercervelli. Però mi è sembrato che la scelta sul tedesco sia stata motivata dal fatto che la Germania aveva investito nel progetto il 54 pei cento dei costi dello Spacelab. Noi non avevamo alcun appoggio. Lo spazio non era ancora considerato un buon terreno di propaganda politica e nemmeno un buon terreno di sfruttamento economico. I francesi invece non rinunciarono alla loro fetta di gloria e pagarono ben 20 milioni dollari per portare un loro astronauta su di un volo sovietico, ma senza alcun ritorno scientifico. In Italia, a parte il grande battage dei giornali e della tivù, non si mosse nessuno. Ci aveva aiutato molto l'aeronautica che a Pozzuoli e a Latina ci fece un addestramento serio con voli acrobatici e attività sott'acqua per abituarci all'assenza di gravità. Questo tipo di allenamento alla Nasa è previsto per gli stranieri soltanto sei mesi prima del decollo e soltanto per un prescelto. Se questo sta male non può essere sostituito, resta a Terra. In America gli stranieri non sono ben visti, c'è molta competizione fra i «fly boys», gli astronauti, anche perché su cento professionisti ottanta non hanno mai volato e forse molti non voleranno mai». L'avventura italiana verso la rampa di lancio sembrava chiusa, invece ai cinque azzurri viene offerta una nuova possibilità con il TSS, il satellite al guinzaglio inventato e costruito dagli italiani e che avrebbe dovuto partire sullo Shuttle. Si è risvegliato l'interesse scientifico? Incomincia a insinuarsi la possibilità concreta di qualche buona operazione commerciale o politica? Questo a Cosmovici non interessava: «Hanno convocato me i i miei quattro compagni nel 1984. La condizione per decollare però era quella di lavorare al progetto. Due, Malerba e Santonico, rinunciarono, gli altri tre accettarono. Io che nel frattempo lavoravo con i tedeschi, lasciai nel 1984 il mio lavoro in Germania e mi trasferii a Frascati con un contratto a termine per non perdere quest'occasione». Nel gennaio del 1986 scoppia lo Shuttle: «I giochi ormai erano purtroppo fatti e il decollo della nostra missione rinviato prima al '90 poi al '91 ora al '92. Ma la cosa più sorprendente è stata la nuova selezione dell'agenzia spaziale italiana che nel 1989 ha imposto nuovi candidati senza concorso: Loreraoni fu eliminato, Rossitto ha rinuciato». Dunque il cacciatore di comete si avvicina a grandi passi al suo sogno, ma qui la storia diventa tenebrosa. Si grida allo scandalo, si fanno ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato perché pare che la selezione dell'Asi non sia stata del tutto regolare. E nel bel mezzo di questa bufera stellare, Cosmovici, più che deluso, annuncia le sue dimissioni come astronauta. Non spiega i motivi, dice che la sua nuova carica di consigliere scientifico del ministro della Ricerca è incompatibile con la missione e che preferisce fare lo scienziato. In particolare vuole seguire i lavori di simulazione nella camera a plasma di Frascati, inaugurata a settembre e che è già servita all'equipaggio dello Shuttle per simulare esperimenti spaziali. E' un altro successo conquistato con i piedi per terra, come le tremila foto di Halley e come l'essere riuscito a diventare astronauta «con tutte le carte in regola». Fa un bilancio: «Come scienziato ho avuto successo: molti colleghi lavorano con altrettanta tenacia e competenza per tutta la vita senza ottenere risultati di rilievo. Scientificamente sono sempre stato sulla cresta dell'onda, come astronauta no, ho vissuto soltanto il primo tempo di un sogno». Irene Cabiati Nella selezione europea vince un tedesco. Nell'84 il progetto Tss riapre la corsa, nell'86 scoppia lo Shuttle e tutto è rinviato al '92. Intanto qualcuno contesta le selezioni e Gosmovici, più che deluso, dà le dimissioni da astronauta Voleva diventare archeologo, poi negli Anni Sessanta il primo volo sovietico lo spinse a cercare l'origine della vita fra le stelle. Nel '77 la grande occasione: il concorso dell'Esa per mandare in orbita il primo scienziato L'astrofisico Cristiano Batalli Cosmovici, oggi consigliere scientifico del ministro della Ricerca