Come si può affrontare il potere corrotto

Come si può affrontare il potere corrotto Il libro, ironico, è accompagnato da un «Corso di giornalismo per gli amici degli amici» Come si può affrontare il potere corrotto // «Dizionario delperfetto mafioso» di Nando Dalla Chiesa Nando Dalla Chiesa le sta provando proprio tutte. Per fornire sempre nuovi materiali di riflessione sulla mafia, con l'intento di rafforzare l'impegno di quanti vogliano combatterla, abbandona lo stile «alto» dei suoi precedenti scritti (da «Delitto imperfetto» al recentissimo «Storie di boss, ministri, tribunali...») per cimentarsi in uno stile apparentemente più «umile». Il suo ultimo libro in tema di mafia («Dizionario del perfetto mafioso», Arnoldo Mondadori Editore; pag. 215; lire 27.000) è infatti un libro «spiritoso», scritto cioè con uno stile arguto e con acutezza che continuamente sfidano l'intelligenza del lettore. Stimolandolo - con la provocazione intellettuale del paradosso e dell'ironia - a dotarsi di schemi interpretativi che sappiano andare oltre la forma apparente del dire. Se è vero che si tratta di un «manuale scherzoso», di natura volutamente e dichiaratamente satirica, è del pari vero che si tratta di un libro nato anche dalla preoccupata constai fa-ione che «il linguaggio del >rere corrotto è entrato in cir^jlazicre con enorme facilità nei discorsi comuni», sino al punto che si ha la sensazione che «la cultura mafiosa possa contare, sul piano del linguaggio, su molti "portatori sani"». Di qui il desiderio dell'Autore di riuscire a suscitare - nei suoi lettori - la voglia «di mettere al bando dal proprio linguaggio» un certo tipo di termini. «Per rimarcare e accentuare le distanze; per isolare un po' di più e riconoscere sempre più veloce- mente politici e giornalisti felici di vivere nel generoso regno di Tangentilandia». Un manuale scherzoso, dunque. E tuttavia frutto di una rigorosa ricerca, condotta attraverso la consultazione di «anni di interviste, dichiarazioni, documenti», per stanare «chi, non avendo grandi ragioni dalla sua, punta a sostituire la forza degli argomenti con quella delle etichette o delle parole a briglie sciolte», quando non preferisca ricorrere al dileggio o alla falsificazione. Il «Dizionario del perfetto mafioso» parte dal presupposto che «nulla identifica un individuo più del suo linguaggio». «Quella particolare specie di politici che razzola tra mafia e corruzione» usa un «gergo ben riconoscibile», che spesso rovescia nettamente il significato di semplici parole e modi di dire «rispetto al voca¬ bolario e al senso comune». In questo modo Nando Dalla Chiesa vuole offrire al cittadino una specie di «fai da te», un «manuale di autodifesa», per consentirgli di «riconoscere il politico da come parla». Attenzione: il «politico (non il boss)». Quel politico che usa - appunto - «un idioma che vale oggi dalle Alpi al Lilibeo, e che accomuna i vecchi democristiani palermitani a gagliardi esponenti della sinistra milanese, con ovvio passaggio da Napoli e Roma». Oltre al «Dizionario», il libro contiene un «Breve corso di giornalismo per gli amici degli amici». L'Autore immagina (?) che in un convento un tempo abitato da «monaci amanuensi che lì producevano l'elisir della doppiezza» si tengano oggi speciali lezioni di giornalismo sotto la guida di un «Gran Maestro». Delle fatiche di costui Nando Dalla Chiesa ci offre dieci significativi esempi, riproducendo fronte a fronte le prove pratiche (ciascuna con le diverse annotazioni del G.M., ora critiche ora entusiastiche) sui temi proposti a due allievi: Giuseppe (detto Pino) e Alfredo (detto Fefè), rispettivamente l'ultimo e il primo del corso. L'ironia dell'Autore si dispiega qui in modo particolarmente piacevole e arguto, con effetti di grande risalto. Viene alla mente quel che scriveva un Autore per mille profili diversisissimo da Dalla Chiesa: Saverio Vertone. In un suo libro di qualche anno fa («Viaggi in Italia») si racconta un episodio capitato «in una casa perbene» di Palermo. Vertone, sembrando- gli «intollerabile la lagna universale sul fastidio acustico delle sirene di scorta ai magistrati», si era permesso di osservare come fosse strano «che una città dove erano stati ammazzati un Presidente della Regione, un Generale dei Carabinieri e un Procuratore della Repubblica, si sentisse umiliata dal fischio delle sirene e non dalla necessità delle scorte». Ne ebbe, da parte di «un professore universitario conosciuto anche all'estero», un commento soffiato «in un deliquio di sdegno», espresso con le parole: «Chi le ha detto che la perdita di Chinnici sia stata una catastrofe?». Silenzio e imbarazzo generali, finché intervenne un medico a deplorare questo commento con l'icastica frase: «Facisti 'a cazzata». Il medico - osserva Vertone - non accusò il professore di aver detto una stupidag- J gine. Lo accusò di averla fatta. Di aver fatto la stupidaggine di aver detto quel che pensava, non di aver pensato quel che diceva. Ecco: Nando Dalla Chiesa, col suo «Breve corso di giornalismo» ci spiega come in tema di mafia vi sia tutta una scuola che invita a riflettere prima di muovere la lingua o la penna. A riflettere perché quel che si dice o si scrive non susciti reazioni di rigetto semplicemente per il tono usato. Ma sappia imporre il pensiero che interessa con la sensibilità, l'amabilità e l'eleganza che sono garantite dall'uso appropriato del «Dizionario del perfetto mafioso». Gian Carlo Caselli Nando Dalla Chiesa

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