E' una «trappola» contro Occhetto?

E' una «trappola» contro Occhetto? L'accusa di tradimento e attentato alla Costituzione rivolta da dp al presidente Cossiga E' una «trappola» contro Occhetto? // segretario delpei al bivio, tra attacco o rinuncia ROMA. Un colpo di cannone contro il Quirinale? Per la verità, l'accusa di tradimento e attentato alla Costituzione, rivolta a Cossiga dal manipolo demoproletario, ha più l'aspetto di un siluro indirizzato ad Occhetto. E l'abile amplificazione della denuncia, operata dalla Presidenza della Repubblica, contribuisce non poco a mettere con le spalle al muro il segretario pei, che presto si troverà al bivio: seguire dp, il gruppo di pressione del Manifesto e l'intero suo fronte del No nell'affondo per sfrattare anzi tempo Cossiga, o lasciare che la battaglia intrapresa sulla vicenda Gladio si perda nei pantani degli «omissis» che non svelano nulla, delle mozioni bocciate, delle audizioni presidenziali annullate proprio da quella denuncia? Che l'interrogativo cruciale dell'ennesimo «caso Cossiga» sia in realtà questo, è confermato dalle dichiarazioni e dalle sortite domenicali: dopo la de, ora anche il psi scende in campo per affermare che quella demoproletaria più che una denuncia è «un coacervo di critiche prive di qualunque rilievo penale», un'iniziativa da respingere e archiviare presto con unanime concorso (e dall'invito non è escluso il pei), se non altro per non giungere al 15 gennaio, il giorno di Saddam, con il capo dello Stato e delle Forze armate men che garantito o sospettato; e quelli della «Rifondazione comunista», che già venerdì scorso si erano dissociati dal segretario per il suo «indecisionismo» sul Gladio e su Andreotti, ora sparano con veemenza anche contro le proposte istituzionali lanciate da Occhetto alla tribuna della disciolta Fgci. Una domenica così serena come questa della vigilia natalizia, il Quirinale non poteva augurarsela. Con la denuncia di dp e il vento di guerra che soffia dal Golfo, Cossiga ha costretto il governo e i partiti della maggioran¬ za a far blocco adamantino intorno a lui; impone al pei una difficile scelta; allontana da sè l'amaro calice dell'incontro con la commissione parlamentare che cerca lumi sul Gladio, perchè essendo ora «accusato» non può fare anche il «testimone»; non ha più bisogno di agitare l'insolita minaccia dell'autosospensione. La patata bollente ora è agli altri, e il Presidente della Repubblica può tranquillamente dedicarsi alla stesura del discorso di fine anno alla nazione. A ritrovarsi le vacanze rovinate sono gli altri: l'avvocato generale dello Stato che ha dovuto smontare gli sci già pronti sul cofano dell'automobile, il senatore comunista Macis che ha convocato per il 27 dicembre l'ufficio di presidenza del Comitato parlamentare per i procedimenti d'accusa, governo e presidenti della Camere che dovranno in fretta dirimere il groviglio istituzionale, Achille Occhetto che de- ve decidere il da farsi. Già, perchè se anche il piccolo «tribunale» di Macis decidesse rapidamente per l'archiviazione della denuncia di dp (cosa che appare pressoché scontata), 238 firme di deputati e senatori sarebbero sufficienti a portare il caso davanti alle Camere riunite; e tante adesioni non le raccoglie certo dp, se non scende in campo il pei. E' il caso di notare che senza l'enfasi del comunicato ufficiale diffuso dal Quirinale, la denuncia demoproletaria sarebbe rimasta nell'ombra della notiziola che si leggeva il giorno prima sui quotidiani; tutti meno il Manifesto, che all'atto di accusa aveva dedicato mezza pagina. Non è poi un mistero che il fronte di Ingrao (oltre ovviamente a ParlatoPintor-Rossanda, dp, settori della Sinistra indipendente) preme per l'impeachment di Cossiga quale strumento decisivo per far luce piena sull'affare Gladio. Riuscirà Occhetto ad evitare la morsa in cui è stato stretto da Cossiga e dai suoi oppositori interni? Il pressing del No si annuncia pesante se già ieri, con una nota che la segreteria definisce «di un'asprezza del tutto immotivata», tutti i big della «Rifondazione comunista» si dicono «sconcertati» dalla raffica di elezioni dirette proposta da Occhetto; richiamano il compagno segretario al rispetto della linea; esprimono «assoluta contrarietà» e chiedono che la direzione del pei sia «urgentemente investita» del problema; insomma, promettono guerra. Di segno opposto, ma non meno decise, le pressioni indirizzate a Occhetto dagli altri partiti; e se già Forlani invitava «tutte le forze che vogliono avere una ruolo responsabile nella vita democratica» affinchè lascino isolati «quanti lavorano allo sfascio delle istituzioni», ora anche Amato, nelle vesti autorevoli di vicesegretario del psi, ammonisce che l'iniziativa demoproletaria è «demagogica», dunque che «va respinta e che la commissione parlamentare competente farà bene ad-archiviare al più presto, per garantire attorno all'istituto presidenziale il clima richiesto in primo luogo dalla difficile situazione internazionale, sulla quale tutti debbono responsabilmente concentrare la loro attenzione». Dp, che ha lanciato il sasso, per nulla intimorita dal vespaio suscitato, insiste; e per bocca di Fabio Alberti coglie «un vago sapore stalinista» nelle «intimazioni» a far marcia indietro, ricordando come non sembri che «l'impeachment di Nixon abbia sfasciato le istituzioni Usa, nè che le dimissioni dei Presidenti della Repubblica Segni e Leone abbiano indebolito la democrazia; semmai l'hanno rafforzata». Dp tiene a precisare che la sua denuncia non riguarda i 40 anni di governo de, «ma il comportamento del Presidente della Repubblica. Quindi non cerca capri espiatori, nè assolve nessuno dei responsabili». Gianni Pennacchi Francesco Cossiga e Achille Occhetto, i due grandi protagonisti della polemica su Gladio

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