«A Mogadiscio guerra tra bande»

«A Mogadiscio guerra tra bande» L'opposizione ammette: Barre resta in sella «A Mogadiscio guerra tra bande» «Se ogni colpo sparato in questi giorni a Mogadiscio avesse effettivamente colpito una persona, la capitale sarebbe già un cimitero. Si spara all'impazzata, ci sono interi quartieri rastrellati da esercito e polizia, migliaia di arresti e un numero assolutamente incalcolabile di morti e feriti. Ma, attenzione, non si tratta dell'attacco finale della guerriglia, come dice qualche esule somalo troppo entusiasta. E' piuttosto la dittatura di Siad Barre all'offensiva». La testimonianza diretta su quel che accade in queste ore in Somalia viene, per telefono, da un portavoce del «Manifesto», movimento d'opposizione interna a Siad Barre fondato sei mesi fa e adesso impegnato a varare, con i buoni uffici di Italia ed Egitto, una «Tavola rotonda di riconciliazione nazionale» fra la dittatura e i movimenti di lotta armata. Eppure alcuni rappresentanti all'estero del movimento di guerriglia United Somali Congress (Use) insistono nel parlare di una progressiva «conquisti di Mogadiscio» da parte ri i j.aerriglieri Hawiya, cioè del clan che appoggia l'Use ed è maggioritario nel centro del Paese e soprattutto nella capitale. Che c'è di vero? Risponde ancora il «Manifesto»: «E' vero che solo gli Hawiya, e quindi l'Use, sono in grado di agire qui a Mogadiscio, ma i guerriglieri non li abbiamo ancora visti. La verità è che Mogadiscio da tempo è un immenso deposito d'armi nonché il regno incontrastato di scorribande compiute da gruppi e bande di ogni origine. In questi giorni, specialmente il 27 e 28 dicembre, si sono consolidati dei piccoli eserciti di quartiere che hanno sostenuto vere e proprie battaglie, per esempio a Wardigley e Berhani. Ma è gente che non risponde a nessun movimento poli- tieb. Certo, potrebbero affiliarsi domani alla guerriglia, ma per il momento non è ancora successo». Dal suo ufficio romano l'ingegner Abdulkadir Mohamed Mada'hai, leader riconosciuto dell'Use, tiene più a denunciare «il genocidio degli Hawiya perpetrato in queste ore dall'esercito somalo», diretto dal genero di Siad Barre, il ministro della Difesa Said Hersi Morgan, che non a confermare l'imminenza della «battaglia finale». In realtà, gli eccessi propagandistici di questi giorni sembrano essere l'opera di incontrollati portavoce di una fazione dissidente dell'Use, costituita di recente in Etiopia dall'ex generale ed ex ambasciatore di Siad Barre, Mohamed Farah Eidid. Personaggio assai controverso, Eidid è noto alle cronache italiane perché, in veste di procacciatore d'affari italo-somali, ha citato in giudizio Bettino Craxi e Paolo Pillitteri rivendicando miliardi di commissioni legate al¬ l'attività della disciolta Camera di commercio italo-somala. «Il generale Eidid, si è autoproclnmato capo dell'Use, e i suoi seguaci esistono soltanto in Etiopia» taglia corto il capo dell'Use «legittimo». Che Siad Barre sia all'offensiva (nonostante le autorità somale abbiano lanciato ancora ieri un appello al dialogo e alla pace con i ribellilo conferma, per telefono, un dirigente in odore di fronda del partito unico fondato in Somalia nel 1976, il Partito socialista rivoluzionario somalo. «La furibonda repressione di questi giorni» spiega il nostro interlocutore, «dovrebbe aprire la strada a due iniziative politico-diplomatiche: far fallire definitivamente la conferenza di pace organizzata da Italia ed Egitto, già rinviata due volte, e prorogare illegalmente il mandato del Parlamento in carica, che è già stato rinnovato l'anno scorso e scade definitivamente questo 31 dicembre». Il ministro degli Interni Abdikassim Salad, fedelissimo del vero uomo forte del governo in carica, il vice-premier Abdurrahman Buloq Buloq (fratellastro di Siad Barre), ha già annunciato «che i somali non hanno bisogno né di italiani né di egiziani per mettersi d'accordo». Se anche la proroga della legislatura passerà, Siad Barre sarà libero di fare organizzare al «suo» Parlamento elezioni-farsa. Un'altra conferma che la dittatura ha scelto lo scontro anziché la riconciliazione viene da una curiosa iniziativa del ministro della Difesa per il reclutamento di «mercenari» nazionali. Sfruttando la fame che dilaga nella capitale, il generale Morgan è riuscito a reclutare circa duemila uomini. Pietro Petrucci I presidente somalo Siad Barre