Il colpo di Stato rimasto nel cassetto

Il colpo di Stato rimasto nel cassetto Nelle 1000 pagine di «omissis» il piano del gen. De Lorenzo per occupare l'Italia nel '64 Il colpo di Stato rimasto nel cassetto «All'ora Xdovrete arrestare 731 persone» ROMA. «Premessa. Il successo dell'azione è condizionato, fra l'altro, dai seguenti fattori: ordini chiari, precisi, inequivocabili; atteggiamento improntato alla massima decisione ed energia, scevro da qualsiasi dubbio o tentennamento; galvanizzazione degli uomini, "caricandoli di mordente"... Il comando delle forze dislocate nelle "aree vitali" verrà assunto dai comandanti espressamente indicati in questo piano operativo. Concetto d'azione del comandante della Divisione: tenere ad ogni costo le "aree vitali"». Comincia così, con queste esatte parole, la «Pianificazione riservatissima» del comando della prima Divisione carabinieri Pastrengo, una delle quattro versioni del «piano Solo». In poche affermazioni - lapidarie e decise come si addice al più classico stile militare - è racchiusa la filosofia del progetto del generale Giovanni De Lorenzo. Un tentativo di colpo di Stato/si scopre adesso con la lettura degli omissis, ideato nel 1964 dall'allora comandante generale dell'Arma ed ex capo del Sifar, il servizio segreto delle Forze Armate. Ex studente di ingegneria, combattente volontario in Africa nel 1936, ex partigiano, medaglia d'argento al valor militare, De Lorenzo diresse il Sifar dal '55 al '62. Comandante generale dei carabinieri nei successivi quattro anni, fu capo di stato maggiore dell'Esercito fino al 15 aprile del 1967, giorno in cui venne esonerato dal governo proprio in seguito alle rivelazioni giornalistiche sul «piano Solo». Il progetto di De Lorenzo doveva servire a garantire l'Italia dagli «sbandamenti a sinistra» che l'ingresso al governo del psi faceva presupporre. Un colpo di Stato studiato a tavolino mettendo in campo la sola Arma dei carabinieri (di qui il nome di «Piano Solo)», scongiurato nel luglio del '64 dalla «resa» di Pietro Nenni, segretario del psi. Aldo Moro, grazie anche alla mediazione di Saragat, riuscì a mettere in piedi un nuovo governo di centro-sinistra prima che Antonio Segni, presidente della Repubblica, gli togliesse l'incarico. E il piano del generale rimase nei cassetti. Un'idea, quella dei golpe, che De Lorenzo aveva in testa almeno dal '62, quando con la Cia progettava «azioni diversificate per eventuali emergenze». E che cominciò a prendere corpo nel '63 con la creazione della brigata corazzata. «L'aveva dotata di carri armati pesanti e cannoni al di sopra delle necessità», ha ricordato alla commissione stragi il generale Arnaldo Ferrara. Ma ai suoi collaboratori erano 17 gli ufficiali che aveva «richiamato» dal Sifar assumendo il comando dell'Arma De Lorenzo diede ordine di stilare il «piano Solo» nel marzo 1964. Il 25 di quel mese, nella sede del comando generale dell'Arma, chiamò a rapporto gli alti ufficiali per ordinare «l'elaborazione, da parte delle Divisioni, di un piano che consentisse alla sola Arma dei carabinieri di far fronte, con i suoi soli mezzi e forze, ad eventuali situazioni di emergenza». Ne vennero fuori le quattro minute del «piano Solo», elaborate dalle Divisioni Pastrengo (Milano), Podgora (Roma) è Ogaden (Napoli). Ventimila carabinieri più un numero imprecisato di richiamati (qualche migliaio) dovevano occupare le principali città ed impossessarsi delle «aree vitali». A pagina 7 della minuta della Divisione Pastrengo si legge: «Compiti. Occupare immediatamente i seguenti obiettivi: la prefettura, la sede Rai-tv, la centrale telefonica, alcune sedi di partito e redazioni di giornali (pianificazione a parte); impedire la costituzione di comandi e centri logistici sovversivi; integrare la difesa della sede del comando della I Divisione; garantire la difesa delle caserme, nelle quali sono concentrate le truppe, mediante l'attuazione dei progetti predisposti; costituire consistente riserva settoriale da impiegare a seconda degli sviluppi della situazione». Un copione che si ripete, quasi alla lettera, città per città. I giornali da occupare erano quelli di opposizione, Paese Sera e l'Unità; le sedi di partito quelle del pei, del psiup e del psi. Ma è la minuta della Divisione Ogaden che giustifica ancor più i sospetti sulle reali finalità del piano. E precisamente quando ai comandanti di Legione viene affidato il compito di «predisporre nelle "aree vitali" provvedimenti di carattere difensivo nei confronti della nostra organizzazione e offensivo nei confronti del probabile avversario». Poco più avanti, nello stesso documento, si legge: «Il presente piano considera l'ipotesi in cui la situazione interna sia tale da prevedere l'immediato mantenimento dell'ordine costituito nel territorio dello Stato, e che pertanto si renda necessario il tempestivo intervento dell'Arma prima ancora che si addivenga al passaggio dei poteri di ordine pubblico dall'autorità civile all'autorità militare. Ne consegue che l'ordine di attuazione del piano è indipendente dalle norme previste dai "progetti di emergenza interna" e dai "piani locali di ordine pubblico" delle prefetture». E infatti le prefetture dovevano cadere nelle mani degli uomini di De Lorenzo. Interrogato dalla commissione parlamentare d'inchiesta del 1970, il generale Remo Aurigo - smentito poi in maniera fin troppo corale, con molti "non ricordo", da altri ufficiali - raccontò il particolare di una drammatica riunione del 19 giugno 1964 nei locali della Divisione di Milano: «Allorquando il comandante Markert indicò gli obiettivi da occupare includendovi le prefetture, ed aggiunse che se il prefetto avesse opposto resistenza lo si doveva sequestrare, se necessario pistola alla mano, tutti noi rimanemmo sconcertati e ci dicemmo a vicenda "ma allora dobbiamo fare un colpo di Stato?"». Il 28 giugno, in un'altra riunione, il generale Markert consegnò al colonnello Zinza, comandante della Legione, l'elenco delle persone da arrestare allo scoccare dell'«ora X». Erano almeno 731 le persone da «enucleare» nelle varie città d'Italia e deportare in Sardegna: militanti politici, sindacalisti, intellettualL Ma il numero e l'identità precisa di questi «sovversivi», probabilmente non si sapranno mai. La lista, infatti, è ufficialmente scomparsa: fra i documenti inviati l'altro ieri al Parlamento non c'è. Eppure doveva essere tra gli allegati alla relazione della commissione Lombardi. In quella stessa riunione di fine giugno '64, a Milano, furono impartiti gli ordini per il prelevamento dei prigionieri. Il col. Giuseppe Palumbo, capo del contro-spionaggio di Milano, raccontò alla commissione d'inchiesta: «Ci fu raccomandato di stabilire modalità di prelevamento di dette persone con elementi scelti e di provata capacità: operazione da effettuarsi prima dell'alba; di avviare, con automezzi, i fermati - sotto scorta - il più rapidamente possibile a basi aeree, scegliendo itinerari che assicurassero maggiore speditezza e sicurezza al movimento stesso». «Fu prospettata - continuava il colonnello - la difficoltà che sarebbe sorta nel caso di persone abitanti in stabili sprovvisti di portineria. E pertanto venne deciso che al termine dei sopralluoghi da effettuarsi, il comandante della Legione avrebbe segnalato a me, che disponevo di personale tecnico, quegli stabili sprovvisti di portineria, perché provvedessi alla fabbricazione di chiavi false da fornire, poi, agli elementi operanti». La lista degli «enucleandi», De Lorenzo se l'era portata dal Sifar, con i necessari aggiornamenti. Nei sette anni trascorsi al Servizio segreto il generale cui nessuno osava dire di no («Quell'uomo aveva molta personalità, e quando qualcuno non era d'accordo con lui si seccava», raccontò il generale Cento) aveva raccolto 157.000 fascicoli su politici, parlamentari, prelati, sindacalisti e qualunque altro personaggio emergente in ogni settore di attività. «I politici - ha ricordato di recente il generale Beolchini, che indagò sulle deviazioni del Sifar - avevano paura di De Lorenzo. Li ricattava tutti, li teneva in pugno. Da Moro a Tremelloni (ministro della Difesa nel 1968, ndr), da Gronchi a Saragat ad Andreotti. Per questo misero gli omissis». Giovanni Bianconi Francesco La Licata MILANO OBIETTIVI DA OCCUPARE: Prefettura, Rai-tv, sedi di partito. Le operazioni erano affidate alla Divisione Pastrengo, comandante generale Adamo Markert. Comandante del centrospionaggio, colonnello Giuseppe Palumbo. Comandante legione di Milano, generale Cosimo Zin za. GLI OBIETTIVI DEL GOLPE Il piano prevedeva 'utilizzazione di 20.000 carabinieri più un numero imprecisato di «richiamati». Le manovre sarebbero state coordinate da Roma dal comandante generale dell'Arma generale Giovanni De Lorenzo ROMA OBIETTIVI DA OCCUPARE: Prefettura, Rai-tv, giornali (l'Unità e Paese Sera), centraline telefoniche, sedi di partiti e sindacati (pei, psi, psiup, Camera del lavoro, Ggil). Le operazioni erano affidate alla Divisione Podgora, comandante generale Giuseppe Cento, capo di stato maggiore Luigi Bitumi. De Lorenzo aveva studiato l'occupazione delle Prefetture di Milano, Roma, Napoli. Nenni, segretario del psi nel '64