Spuntano i preti gladiatori
Spuntano i preti gladiatori Spuntano i preti gladiatori Nel '50pronti contro invasioni da Est VENEZIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Se i «gladiatori» indossavano tute mimetiche, i loro predecessori portavano l'abito talare. I nomi dei sacerdoti appartenuti alla struttura clandestina «O», antenata di Gladio, stanno emergendo dagli scaffali polverosi del vescovato di Udine, l'archivio di questa organizzazione. Finora ci sono sei nomi di parroci: quello di Provesano, don Giovanni Della Pozza, nome di battaglia Bivio; quello di Gradisca, don Giovatta Facca, detto Titano; quello di Castelnuovo, don Alceo Ins, conosciuto come Castello; quello di Valeriano, don Angelo Ciani, che si era scelto lo pseudonimo Fides; quello di Attimis, chiamato Tovi; e il cappellano di Annone Veneto, Antonio Bianchet, nome di battaglia Vat. Il settimanale Famiglia Cristiana, in edicola in questi giorni, intervista preti friulani e sloveni i quali nel dopoguerra si trovavano su fronti avversi: chi temeva l'invasione degli jugoslavi, ed era pronto a combattere per respingere «comunismo e ateismo»; e chi veniva discriminato con l'accusa di essere sloveno. «Per anni un'ita¬ lianità nazionalista ha mortificato la cultura slovena e prodotto divisione tra i sacerdoti», dichiara al settimanale il vescovo di Udine monsignor Battisti. E aggiunge: «Conosco voci su preti appartenuti a organiz-, zazioni segrete, ma non sono mai riuscito a trovare le prove. Certo, con i criteri di oggi l'adesione di sacerdoti a organizzazioni paramilitari non si giustifica. Ma con i criteri di oggi non si giudica la storia». Ed eccola qui la storia, nelle parole di Tovi, uno di quei parroci pre-gladiatori: «Ritengo che quell'attività fosse pienamente compatibile con il mio ministero. E' un dovere di ogni prete lottare contro l'ateismo di regimi comunisti. Oggi è troppo facile parlare e giudicare». E le parole di un altro parroco, monsignor Walter Zaban di Canal di Grivò: «Quelli di Roma dovrebbero dire le cose come stanno e non tutte quelle bugie su Gladio. Oggi non c'è più rispetto né per il Presidente, né per Dio, né per la famiglia». Che cosa potevano fare quei sacerdoti, allora, dopo il '46, negli Anni Cinquanta, o ancora negli Anni Sessanta? Davano coperture logistiche, conservavano armi, magari. Il giudice Felice Casson che indaga su Gladio ha raccolto documenti che provano il passaggio di numerosissimi depositi di armi da quell'organizzazione «O» all'organizzazione Gladio. Ci sono molti nomi di gladiatori che figurano anche negli elenchi precedenti dei «brigatisti» della «O», ma uno su tutti conta ed è un anello di congiunzione: quello del colonnello Aldo Specogna, comandante della «Stella alpina», cioè la frazione di Gladio che interveniva nelle Tre Venezie, risultata la più accanita anticomunista anche sul fronte interno e non solo verso il nemico d'oltre frontiera. Anche Specogna proveniva dalla «O», che poi non era altro che la prima lettera della parola «Osoppo», cioè il nome delle brigate partigiane bianche che avevano operato in montagna dopo l'8 settembre. Anche allora c'era di mezzo un prete, don Aldo Moretti, l'archivista della brigata. E alla guida c'era un colonnello, Luigi Olivieri. Come scrisse lo stesso generale Giovanni De Lorenzo, comandante del Sifar e primo organizzatore della Gladio, «Stella alpina si riallacciava alla preesistente organizzazione Osoppo». Mario Lodo
Luoghi citati: Annone Veneto, Attimis, Castelnuovo, Osoppo, Roma, Udine, Venezia
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