Samarcanda le «verità» di Santoro
Samarcanda le «verità» di Santoro Samarcanda le «verità» di Santoro Bernstein quell'addio a Beethoven Cossiga la faccia finta della politica E' lui il mio personaggio dell'anno, Michele Santoro. Conduce una trasmissione, Samarcanda, che è un supplemento televisivo dell'Unità, ma Non poteva sapere che qualcuno lo vedesse. Nel corridoio carraio della Filarmonica di Vienna il nugolo degli ammiratori si era già disperso, e Léonard Bernstein camminava tutto solo verso il fondo, ma passando a lato di una statua di Beethoven, formidabile per spropositate gibbosità, si ferma e ne stringe le mani, restandoci appoggiato per qualche secondo. Un gesto senza teatralità che poi la morte di pochi mesi dopo doveva rendere profondo e tragico: per il '90, non ho impressione musicale più schietta di questo Bernstein silenzioso lontano dalle imposizioni della celebrità, che salutava per sempre il suo Beethoven. Francesco Cossiga mi sembra l'uomo più rappresentativo dell'anno, il più perfettamente adeguato al suo ruolo, che è quello di supremo rappresentante del Paese. Genuflesso ai piedi del Papa con code e decorazioni, col berretto blu su una tolda battuta dal vento, in tante cerimonie ufficiali, sempre impeccabilmente finto. L'inespressività lo rende specchio fedelissimo di chi l'ha scelto, di una classe politica dalla quale, a strizzarla, non uscirebbe più una sola goccia di credibilità. C'è una poesia di Giorgio Caproni che comincia così: «Guardateli bene in faccia. / Guardateli. / Alla televisione»... non è fazioso. Infatti descrive le cose esattamente come le vede. E Santoro, onestamente, le vede così. Vede che l'Italia è allo sfascio per colpa democristiana; e vede, come altri, che se i comunisti non sono al governo ciò non dipende dalle elezioni ma oggi da Gladio, ieri dalla P2, ieri l'altro dalla Cia. Fra tante visioni, commette solo un errore: di ritenere che in Italia l'informazione di opposizione porti voti all'opposizione. Giorgio Pestelli Marcello Pera Sergio Quinzio
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