Accusato di mafia Teardo alla sbarra

Domani a Genova in Appello con altri 25 Domani a Genova in Appello con altri 25 Accusato di mafia Teardo alla sbarra E lei sola in casa legge la Bibbia GENOVA. Il 10 giugno dell'anno scorso, la Corte di Cassazione ha ordinato: «Devono essere processati per associazione a delinquere di stampo mafioso. Le assoluzioni del tribunale di Savona e della Corte di appello di Genova non sono motivate. «Non è stato valutato il fatto, dal valore sintomatico, che l'associazione, come si legge nel capo di imputazione, operava da un'epoca anteriore al 1975 e che nessuna notizia della sua attività assai diffusa, era mai pervenuta agli organi inquirenti prima dell'arresto (14 giugno 1983) di Alberto Teardo, data in cui la sua forza intimidatrice si è azzerata». Domani i presunti mafiosi sono chiamati alla sbarra della seconda sezione della Corte di appello di Genova. Oltre ad Alberto Teardo, ex presidente socialista della giunta regionale ligure e candidato alla Camera con elezione sicura, sono: Domenico Abrate, ex presidente (de) dell'amministrazione provinciale di Savona; Angelo Benazzo, portaborse dell'ex presidente della giunta regionale; Roberto Borderò, ex segretario provinciale del psi e ex consigliere regionale; Marcello Borghi, ex presidente dell'Iacp; Giorgio Buosi, nipote di Teardo; Bruno Buzzi, ex sindacalista; Leo Capello, ex segretario amministrativo del psi e consigliere di amministrazione della Cassa di risparmio di Savo- Alberto Teardo na; Massimo De Dominicis, architetto e ex assessore comunale; Nino Gaggero, architetto e ex membro della Comitato tecnico urbanistica della Regione; Gianfranco Sangalli, ex assessore dell'amministrazione provinciale; e Roberto Siccardi, ex consigliere comunale di Finale Ligure, tutti uomini del psi. Secondo l'ordinanza di rinvio a giudizio dei giudici Francantonio Granerò e Michele Del Gaudio, gli imputati avevano costi¬ tuito un'associazione di stampo mafioso che, dal 1975 al 1983, aveva taglieggiato le attività economiche di Savona e dell'intera provincia. In particolare, l'edilizia popolare e residenziale. Ventisei le persone chiamate, a vario titolo, alla sbarra del tribunale di Savona. L'8 agosto del 1985, la sentenza di condanna per una serie di reati che andavano dall'associazione a delinquere alla concussione e corruzione. Assoluzione, invece, per l'accusa di mafia. E' la prima volta che un gruppo di politici rischia una condanna per associazione mafiosa. La sesta sezione della Cassazione, presieduta da Paride Rombi (relatore il fratello di Aldo Moro, Alfredo) nei motivi dell'annullamento dell'assoluzione sostiene: «I timori di ritorsioni, che portano ad un assoggettamento e all'omertà, si hanno sicuramente quando le vittime delle concussioni devono temere seriamente che la scelta di ribellarsi alle imposizioni e di denunciare i fatti all'autorità giudiziaria può mettere a rischio la possibilità di lavorare e apre la prospettiva allarmante di dovere chiudere le proprie imprese». Secondo l'accusa, sono le condizioni che si erano verificate a Savona e nell'intera provincia. Una situazione di drammatica attualità, dopo la recente serrata di industrie e cantieri nell'Italia meridionale. [b. ba.] SAVONA. La prima notte di imputato condannato (15 anni) per omicidio (in primo grado era stato assolto per insufficienza di prove), per Ettore Gerì, l'ex convivente di Gigliola Guerinoni (26 anni e mezzo di carcere confermati in appello) è stata agitata. «Stanotte - dice - non l'ho passata bene. Ora sto meglio. La sentenza della Corte d'assise d'appello è assurda. Comunque, sono libero e non mi lamento». Ettore Gerì è uscito in vestaglia dalla villa di Pian Martino dove fino al mese scorso abitava la Guerinoni, e ha sulle spalle un giaccone per proteggersi dal freddo. Gerì ha appreso per telefono, nel tardo pomeriggio di sabato, che la Corte d'assise d'appello lo aveva condannato, insieme alla Guerinoni, per l'omicidio di Cesare Brin. Sono stati i suoi difensori, Emi Roseo ed Enrico Nan, a dargli la notizia. Ha vissuto momenti d'ansia perchétemeva di tornare in carcere. Poi, gli hanno spiegato che la condanna non avrà alcun effetto pratico fino al giudizio della Cassazione. L'ex convivente della Guerinoni prosegue: «Questa storia è nata male. Troppe parole, troppo clamore. Sotto, c'è qualcosa. Gigliola non c'entra con l'omicidio di Brin. Comunque, i miei avvocati mi avevano avvisato della possibilità di una condanna, ma non me l'aspettavo: soprattutto dopo la recente assoluzione anche per il presunto omicidio di Pino Gustini, secondo marito di Gigliola. In Corte d'assise d'appello (l'uomo si è presentato solo nella prima udienza ndr) l'ambiente era ostile. Anche nostra figlia, Soraya, ne è rimasta turbata. Io sono angustiato». I suoi difensori sdrammatizanno: «Si comincia da capo. Domani presenteremo i motivi d'appello. La sentenza non ci convince. Ne aspettiamo le motivazioni, ma il minimo della pena inflitto a Gerì, la dice lunga Ettore Gerì chiarire il contenzioso economico con Cesare Brin. Fra i due iion c'è possibilità di dialogo ed è rissa. Gigliola teme che Gerì soccomba e colpisce con una bottigliata al capo l'ex amante, che stramazza sul pavimento. La coppia decide di sopprimere la vittima. L'esecutore materiale del delitto è Gerì, ma l'ispiratrice è Gigliola Guerinoni che zittisce l'uomo mentre continua a colpire Cesare Brin con un martello, urlando: «Ti ammazzo». La Guerinoni ha riottenuto gii arresti domiciliari. Ha trovato ospitalità nell'abitazione del primo marito, Andrea Barillari: una villetta a due piani, ex caserma dei carabinieri, ad Altare (Savona). Ieri è rimasta chiusa in casa per tutta la giornata. Di lei si sa solo che ha preso forti dosi di sedativi, che «è contenta per gli arresti domiciliari» e che non avrebbe tollerato «un giorno di carcere in più». Ha passato la giornata leggendo Bibbia e Vangelo. I difensori Mirka Giorello e Alfredo Biondi hanno già firmato l'appello in Cassazione e piomettono «gioco duro anche con i giudici di Milano dove la Guerinoni è chiamata a rispondere di calunnia ai danni del giudice Maurizio Picozzi. Sulla tomba di Cesare Brin, ieri, il figlio Corrado ha deposto un mazzo di fiori «anche in omaggio alla sentenza, che ha fatto piena giustizia». Gigliola Guerinoni sui molti dubbi e probabili contrasti fra i giudici della Corte». La differanza delle pene inflitte ai due imputati (i giudici hanno concesso solo a Gerì le attenuanti generiche) e l'esclusione dell'aggravante della minorata difesa da parte della vittima permettono di ricostruire come, secondo la Corte d'assise d'appello, sarebbe avvenuto il delitto. La notte del 12 agosto di tre anni fa, Ettore Gerì raggiunge la casa della Guerinoni, deciso a Bruno Balbo