«PERCHE' USAVO LA GHIGLIOTTINA» di Mirella Serri

«PERCHE' USAVANO LA GHIGLIOTTINA» «PERCHE' USAVANO LA GHIGLIOTTINA» E ROMA SISTONO 21 modi per farsi dire «no»: aspiranti scrittori è meglio fare attenzione! Aggressivi e baldanzosi, supplici e cagionevoli di salute, sull'orlo del suicidio, ostinati persecutori, grandi seduttori, gli abitanti della Repubblica dell'Inedito le inventano tutte per pubblicare. A raccontare gli espedienti degli autori in cerca di editore e a mettere in guardia gli esordienti del futuro, ci pensa Fabio Mauri in un divertente e attualissimo pamphlet, 121 modi di non pubblicare un libro (Il Mulino, pp. 78, L. 15.000). All'origine c'è uno scritto uscito negli Anni 60 sulla rivista Tempo Presente, ora riproposto con una nota di Umberto Eco e nuovi «Pensieri melancomici» dell'autore. Mauri presenta il suo catalogo di atteggiamenti esemplari utilizzando le lettere di accompagnamento ai manoscritti degli aspiranti scrittori («...se non pubblico con Voi "Remo", alla cui stesura ho dedicato quattro anni licenziandomi dalla Teti, per cui ho convinto mio padre a vendere il campo a Olbia, ...so che cos'altro mi resta da fare: una corda e un chiodo»). E le relative risposte dei potenziali editori («Le rinviamo il suo dattiloscritto "Remo" e, a parte, una corda e un chiodo»). Il materiale raccolto nel perfido libricino si basa su di un'esperienza reale: Mauri, oggi docente universitario e regista di successo, ha lavorato alla Bompiani per oltre trent'anni. Nella sede milanese della casa editrice c'era poi Umberto Eco, anche lui con il compito, tra le tante mansioni, di vagliare le opere prime. Nell'introduzione al pamphlet, Eco afferma che: «Mandare manoscritti a una casa editrice significa dichiarare che si è meritatamente ignoti». Nel mondo dell'editoria c'è dunque una guerra sotterranea tra autori sconosciuti e lettori-killers di professione? «Al contrario, ci sono correnti di profonda simpatia tra persone che nemmeno si conoscono. E poi il desiderio di un redattore editoriale è sempre di trovare l'opera del grande scrittore. Io leggendo inediti mi sono imbattuto in storie meravigliose, in viaggi, avventure, autobiografie. Giudicare un testo è molto impegnativo: è come avere per un momento il ruolo di "Dio", e assumersi la responsabilità di dispensare felicità». Ma è proprio vero, come lei stesso scrive, che quasi tutti gli italiani hanno il manoscritto inedito nel cassetto? Penso proprio di sì e me lo conferma anche il giudizio di Eco sull'esteso numero dei cosiddetti «manoscrittari». Per questo la mole dei miei rifiuti mi ha procurato dei veri e propri incubi. Ho sognato tante volte la Rivo¬ luzione francese dell'Inedito. In cui vengono ghigliottinati quasi tutti gli scrittori famosi e si instaura un nuovo governo totalitario fondato sulla Dittatura delle Lettere. Il suo elenco di modi per far pervenire le opere ad un editore - «Per posta o per mano dell'autore, dell'autore che si finge un amico, della moglie che si finge moglie dell'autore e dell'autrice ed è l'autrice, e così via» sembra esaurire tutte le possibilità esistenti. Ma cosa si deve fare per essere presi in considerazione? Bisogna essere già noti. Fare fin da piccoli gli scrittori: come un lavoro, pubblicando qualche racconto, occupando un posticino in una rivista. Nella sua lunga esperienza di editor ricorda qualche clamoroso errore? Avevo solo 19 anni quando nella redazione della Boiripiani si presentò un uomo elegante dall'aria malinconica. Era Guido Morselli che portava senza molte spiegazioni il dattiloscritto del suo libro «Roma senza Papa». Era un libro strano e inquietante, fin troppo all'avanguardia per anni di grande radicalizzazione politica. Non poteva essere gradito né al mondo cattolico né a quello comunista. Io ne subii immediatamente il fascino e insistetti molto perché venisse pubblicato. Ma ero giovane e non avevo nessun potere. Il dattiloscritto passava da un tavolo all'altro e fu giudicato "confuso". Proprio a me toccò il compito di restituire l'opera. Cercai così di spiegare a Morselli quanto invece il suo testo mi fosse piaciuto. Ma lui non era molto interessato alle mie parole: questo rifiuto, per lui, era solo la tappa di un destino che si ripeteva. Ma oggi che cosa è cambiato nell'editoria? Alla Bompiani mi era capitato di visionare alcune autobiografie di attrici note scritte con dettagli piccanti sui loro molteplici amori. Adesso verrebbero immediatamente pubblicate. Si è poi abbassata l'età degli scrittori. Oggi sono come i calciatori: li si cerca nei campetti di periferia per allenarli e portarli nei «pulcini» della Lazio, confidando nel futuro redditizio dei loro garretti d'oro. Cosa consiglia a un editor per non commettere errori? Niente: esiste un destino, nelle vicende di uno scrittore rifiutato. Perché in ogni periodo vi sono pregiudizi di carattere estetico o ideologico che limitano l'acquisizione di opere veramente nuove. Ogni epoca è come se gettasse una fascia di luce su una parte del mondo lasciando nell'oscurità tanti autori e tanti testi letterari. Mirella Serri

Persone citate: Eco, Fabio Mauri, Guido Morselli, Mauri, Morselli, Umberto Eco

Luoghi citati: Lazio, Olbia, Roma