Il «bottino Securmark» investito in Canada? di Alberto Gaino

Il «bottino Securmark» investito in Canada? Indagini sul riciclaggio di parte dei 35 miliardi rapinati nell'84 a una società romana di portavalori Il «bottino Securmark» investito in Canada? Si cerca una coppia torineseproprietaria di unafahhrica Un piccolo industriale torinese e la moglie emigrati da anni in Canada avrebbero riciclato -una parte, si presume consistente, del clamoroso bottino, 35 miliardi, rapinato nel caveau di Roma della Brink's Securmark, società americana di trasporto e custodia di valori, la notte fra il 23 e il 24 marzo del 1984. Importanti indicazioni su questa nuova pista emergono dall'ordinanza di rinvio a giudizio, per concussione, di un ex magistrato. L'inchiesta parte da una conversazione fra il pittore Pasquale Pilla e l'ex procuratore capo ad Ivrea Luigi Moschella (che quest'ultimo registrò e di cui si è trovata la microcassetta nel corso di una perquisizione in una sua abitazione per altra indagine). E finisce con il rinvio a giudizio dell'ex magistrato per una diversa vicenda e quello di Pilla, di Antonino Dorè, Filippo Brusati di Settala e di Vincenzo Giglio come presunti riciclatori di parte del denaro della Brink's. , Un nuovo capitolo, tuttavia ancora marginale rispetto alla più consistente traccia che porta dal Piemonte in Svizzera e in Canada, sulla scia del bottino di Germano La Chioma, uno dei rapinatori. «Che ha sempre promesso di restituire il denaro, ma mai lo ha fatto», ricorda l'avvocato Gennaro Egidio, il legale dei Lloyd's di Londra, impegnatisi a recuperare tutti quei miliardi dopo aver risarcito la Brink's. Con risultati, per ora, largamente insoddisfacenti. Sulla nuova pista tracciata nell'istruttoria torinese già lavora la magistratura romana. Informazioni molto utili sarebbero state acquisite dal giudice istruttore Monastero nel corso dell'interrogatorio di un personaggio legato alla vicenda. Informazioni che porterebbero anch'esse sino in Canada, dove l'intelligence locale ha indagato con efficacia in più direzioni. «Ci attendiamo sviluppi, speriamo molto positivi», ammette Egidio. L'anno scorso il legale romano venne a Torino a ricordare che i Lloyd's erano disposti a pagare un compenso di 2 miliardi e mezzo a chi fornisse indicazioni utili al recupero del denaro. Aveva scelto Torino perché in città o nella vicina Ivrea, dopo il colpo, tornarono tre dei quattro rapinatori (con La Chioma Alfredo Tadiotto e Giampaolo Morosini) che coinvolsero a vario titolo altri torinesi. I protagonisti e i complici individuati furono tutti condannati nel processo celebrato a Roma nei primi mesi del 1987. Ma, ora, gli elementi raccolti da un giudice istruttore consentirebbero di incriminare anche una coppia emigrata in Canada, passando per il Canton Ticino, almeno per il tempo necessario al riciclaggio di alcuni miliardi di La Chioma. Una volta «lavato e candeggiato», il denaro del rapinatore sarebbe stato parzialmente investito in un'attività industriale, oltreoceano, collegata all'importazione di semilavorati prodotti in un'azienda torinese. Circostanza confermata da un detenuto compagno di cella di La Chioma, dopo averne ricevuto le confidenze. Germano La Chioma, oggi sulla soglia dei cinquant'anni, è un personaggio salito più di ima volta alla «ribalta» della cronaca nera. Aiutò Paolo Pan a sotterrare in un bosco il corpo del cugino Giovanni e venne condannato a 4 anni e 5 mesi ai margini di uno dei processi più seguiti dai torinesi nel dopoguerra, quello contro Franca Ballerini, infine assolta, e il suo ex amante, condannato invece all'ergastolo anche per l'omicidio del marito di lei, Fulvio Magliacani. Uscito di galera, all'inizio dello scorso decennio La Chioma scomparve dalla circolazione, diretto, a quanto pare, in Canada. Da dove, però, rientrò più volte, e sicuramente in occasione della rapina-record alla Brink's, per tornarvi in seguito sotto altra identità, quella del torinese Mario Ciranni. Prima del suo arresto e della sua estradizione in Italia, fra il 1984 e T85, La Chioma alias Ciranni chiamò al telefono da Vancouver e altre località numerosi amici e amiche torinesi. Nello stesso periodo avrebbe fatto la spola fra il Canada e Torino il piccolo industriale «scovato» in quest'ultima inchiesta. A mettere in contatto i due sarebbe stata, ben prima della rapina a Roma, una catena di amici comuni. D'altra parte, fu accertato in seguito alle indagini della magistratura romana che il bottino era stato portato a Torino riposto «in quattro gomme d'auto» lasciate poi in custodia in un'officina di via Chivasso dove si fecero vedere due pers ggi coin¬ volti nell'inchiesta per il riciclaggio: Guglielmo Tabusso ed Ermenegildo Bianco. Tanti soldi (c'erano di mezzo anche quelli di Tadiotto e Morosini) si dispersero in più conti correnti intestati ad amici e «teste di legno» e vennero convertiti parzialmente in certificati di deposito al portatore (per cui nell'inchiesta torinese sono stati appena rinviati a giudizio i quattro presunti riciclatori). Ma gli accertamenti bancari all'estero sarebbero tuttora incompleti. In quella direzione si sta cercando. Della rapina-record si è parlato anche per alcuni suoi risvolti inquietanti, legati al capo della gang, il falsario romano Tony Chicchiarelli, ucciso in strada cinque mesi dopo l'assalto alla Brink's. Sarebbe stato lui (per conto di chi?) l'autore del falso comunicato brigatista sul ritrovamento del corpo di Moro in fondo al Lago della Duchessa. Sperava nell'impunità per il colpo supermiliardario «ricattando» amici potenti? Alberto Gaino La sede della Securmark a Roma: un colpo da 35 miliardi compiuto nel marzo '84; nel riquadro, Germano La Chioma