SCENE TORINESI

L'opera di Verdi dal 1878 ad oggi con voci superstar e grandi maestriL'opera di Verdi dal 1878 ad oggi con voci superstar e grandi maestri L'opera di Verdi dal 1878 ad oggi con voci super star e grandi maestri STAGIONE 1877-'78 del Teatro Regio. Così Giuseppe Depanis ne ricorda una pagina significativa: «Il vecchio «Don Carlo» co' suoi cinque atti mal si prestava all'appiccicatura a guisa di coda di un'azione coreografica delle proporzioni di «Sieba» (...). Incominciando alle sette e mezza di sera, ora regolamentare, se composto del «Don Carlo» e del ballo «Sieba» lo spettacolo non sarebbe finito prima delle due del mattino». D'altra parte la «prima» dell'attesissimo nuovo ballo «Sieba», frutto iniziale della (poi) famosa coppia Manzotti-Marenco, era troppo importante perché non si riuscisse a trovare un espediente risolutivo. Esso fu infatti trovato, nel modo ricordato ancora da Depanis: «Lo spettacolo fu fatto incominciare alle sei e mezza, coll'anticipo di un'ora, e l'improvvisa indisposizione della ballerina di rango italiano, provvidamente escogitata, giustificò la soppressione delle danze nel 3° atto del «Don Carlo» ("La Peregrina", n.d.r.), col guadagno di una ventina di minuti. Così il ballo «Sieba» potè vedere la luce fra la notte dell'8 e il mattino del 9 gennaio, e piacque, sebbene non come avrebbe potuto e dovuto. Gli ultimi quadri trovarono il pubblico stanco della lunghezza dello spettacolo e distratto dalle notizie che circolavano in teatro sull'aggravarsi della malattia di Re Vittorio Emanuele II», il quale morirà la mattina stessa di quel 9 gennaio 1878. E' l'episodio - indicativo del costume teatrale di allora irrispettoso delle ragioni artistiche - che più risalta dalle cronache del «Don Carlo» torinese, felicemente iniziate la sera di Natale del 1867, appena due mesi dopo la «prima» italiana di Bologna. Spicca in questa occasione la presenza di Antonio Cotogni, il grande baritono romano che si vuole sia riuscito nell'impresa di commuovere Verdi (ma non ci si giura), e che ritroveremo nella successiva edizione del gennaio 1870 diretta da Carlo Pedrotti. Gli sono accanto due «primedonne» mitteleuropee di altissimo rango quali Antonietta Frietsche (in arte Fricci) e Teresa Stolz, rispettivamente Eboli nel '67 ed Elisabetta nel '70. Nel dicembre '77, direttore ancora Pedrotti, il numero uno è il protagonista, tenore dalla splendida voce, Giuseppe Fancelli. Poi per il «Don Carlo» c'è una lunga sosta che s'interrompe, grazie al centenario verdiano, nel gennaio 1913: sale sul podio l'italo-argentino Ettore Paniz- za e sul palcoscenico, l'uno dopo l'altro, due fra i maggiori baritoni del secolo, Giuseppe De Luca e Giuseppe Danise. Dieci anni più tardi il congedo del «Don Carlo» dal vecchio Regio coincide con l'esordio nel medesimo della prestigiosa bacchetta di Gino Marinuzzi, mentre protagonista' è Rinaldo Grassi, un tenore molto amato dal pubblico torinese. Passano trent'anni prima che l'opera riappaia a Torino, ma questa (1952) e la volta successiva (1967), al Teatro Nuovo: l'una è caratterizzata dal Filippo II malinconico di Italo Tajo e dalla Eboli strepitosa dell'intramontabile Ebe Stignani; l'altra da un Flaviano Labò valido protagonista e dall'esemplare professionalità del basso bulgaro Raffaele Arie. Un altro bulgaro, ma di ancora maggiore caratura artistica, Boris Christoff, è uno dei punti di forza dell'eccellente «Don Carlo» che segna il ritorno di questo capolavoro al Regio ricostruito: Bruno Bartoletti è sul podio e con Christoff ci sono, fra gli altri, l'elegante Posa di Renato Bruson e la splendida Eboli di una Fiorenza Cossotto all'apogeo della forma vocale. Come inizio di un nuovo ciclo non si poteva sperare migliore. Giorgio Guaierzi

Luoghi citati: Bologna, Eboli, Torino