Quell'amaro tè di Gombrowicz

Quell'amaro tè di Gombrowicz Successo del doppio spettacolo a Genova con il Teatro della Tosse Quell'amaro tè di Gombrowicz (poi subito raddolcito dal caffè di Marchesi) GENOVA. Era un accostamento ardito, quello fra l'ironia dissacrante e amara di Witoild Gombrowicz e il fine umorismo intellettuale di Marcello Marchesi, «il signore di mezza età». Eppure, il Teatro della Tosse è riuscito nello scopo: il pubblico assiste nella sala Dino Campana a «Iwona, principessa di Borgogna» e poi, se lo desidera (ma nessuno rifiuta, anzi è possibile che altri spettatori si aggiungano), scende nell'Agorà, lo spazio sotterraneo, attrezzato a cabaret, con tavolini, vino frizzante e focaccia, e si diverte con le gags di «Futile e dilettevole». Un successone. «Iwona, principessa di Borgogna» risale al 1935. E' un bell'esempio di teatro dell'assurdo, una fiaba nera disseminata dal fiele della crudeltà. Spiega Tonino Conte, autore della regia: «Una commedia-metafora che va ben oltre le apparenze. Mi piace moltissimo, forse troppo». Al centro della vicenda, che si dipana con toni da farsa in un regno da operetta, è Iwona, la più brutta del reame, che il principe sceglie come fidanzata, «sfidando leggi di natura e convenzioni». Uno scherzo. Ma l'apatica e ottusa ragazza diventa il centro dell'attenzione di questo microcosmo di burattini: «In conclusione, non è lei che si è inchinata a noi, ma tutti noi a lei», esclama il re, dopo che vani sono stati gli sforzi per indurla a rendere omaggio al potere. Inevitabile il complotto, per eliminare (con una lisca di triglia, al banchetto in onore dei promessi sposi) lo scomodo personaggio. Lasciata questa atmosfera inquietante, che ha riferimenti all'attualità e certo non solo attraverso l'uso di oggetti (skateboard, aspirapolvere, biciclette o binocoli) di cui è costellata l'azione, il pubblico passa al dopoteatro a lume di candela, con il primo spettacolo di una rassegna che il regista Vito Molinari ha dedicato a un gruppo di capiscuola dell'umorismo italiano: sino al 23 novembre è di scena Marchesi: questo «signore di mezza età», comparso sugli schermi tv negli Anni 60, rivive qui all'Agorà in «Essere, benessere o malessere?», collage pirotecnico. Su una pedana che avvolge circolarmente gli spettatori, sulla quale, in voluto disordine, sono sparpagliati manifesti, libri, appunti e carte di Marchesi, gli attori della Tosse, ammirevoli in questo impegno di registro diversissimo da quello di «Iwona», recitano e cantano, accompagnati al pianoforte da Roberto Pranzato: chi non ricorda «Che bella età, la mezza età...», «Ah, se avessi vent'anni di meno», «Per te mio dolce sogno» o «Però, però, peccato»? «Il concerto» (del trio Campanari, Rocca e Valenza) è una chicca. Stefano Delfino

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