Sciopero della fame nel carcere di Novara

Sciopero della fame nel carcere di Novara Sciopero della fame nel carcere di Novara I detenuti protestano contro il decreto che limita i permessi A chi partecipa verrà donata una torta gelato NOVARA. Da quattro giorni i detenuti del supercarcere di Novara fanno lo sciopero della fame. Protestano contro il decreto legge del 13 novembre, che ha in sostanza reintrodotto l'ordine di cattura e, di fatto, ha apportato qualche modifica alla legge Gozzini, la stessa che consente ai detenuti di ottenere licenze premio, permessi e semilibertà. Col decreto legge l'applicazione di questi benefici è molto ridotta. Da qui la protesta che non si limita allo sciopero della fame ma prevede l'astensione dal lavoro a tempo indeterminato, il rifiuto di andare a scuola e di frequentare i corsi professionali. Le ragioni che hanno spinto i detenuti del carcere di massima sicurezza di Novara ad attuare questa agitazione sono stati spiegati dai carcerati in una lettera affidata al sindacato novarese degli avvocati e dei procuratori legali. «I detenuti del carcere di Novara, sezione giudiziaria - dice la lettera - annunciano alla stampa e alle autorità competenti che in data odierna (15 novembre, n.d.r.) iniziano una protesta pacifica che prevede lo sciopero della fame totale e il rifiuto del soprawitto; l'astensione dal lavoro e dalla frequenza della scuola e dei corsi professionali». «Protestiamo - prosegue la lettera - contro il decreto legge che riforma la legge Gozzini, l'unica che ha realmente cambiato la vita all'interno delle carceri; l'unica che ci dava concretamente la possibilità di reinserimento nell'ambito della società e del mondo del lavoro oltre che in seno alla famiglia». Le richieste dei detenuti sono rivolte alle autorità competenti. A queste viene chiesto di «voler vagliare meglio la suddetta legge di riforma onde evitare di penalizzare i già penalizzati detenuti che stanno scontando le loro pene e sino ad oggi hanno usufruito dei benefici in questione, ai quali rinunciare è duro». La lettera riporta poi episodi che sarebbero accaduti dopo l'emanazione del decreto: «(Alcuni detenuti del carcere di Novara in permessopremio - dice il documento - si sono visti revocare il beneficio e trarre in arresto mentre si trovavano in famiglia». La lettera dei detenuti, affidata al sindacato degli avvocati di Novara, è stata fatta circolare sabato nel salone del «Borsa» dove si stava svolgendo un convegno - organizzato dallo stesso sindacato di avvocati - sui «prò e i contro del nuovo codice di proceduta penale». Fra i relatori c'erano l'avvocato Vittorio Chiusane il procuratore di Firenze Luigi Vigna, Marcello Gallo, presidente della commissione bicamerale per il cdp, il professor Giuseppe Frigo, uno dei «padri» del nuovo codice, il presidente della quinta sezione penale del tribunale di Roma, Luigi Saraceni. A un certo punto del conve¬ gno deve essere circolata notizia della lettera. Lo si è capito da alcune considerazioni dell'avvocato Chiusano, che ha parlato proprio del supercarcere di Novara nel quale gli risultava in corso mia protesta dei detenuti. Il convegno di Novara ha trattato del nuovo codice a un anno dalla sua applicazione, sotto forma di primo bilancio, ma ha anche affrontato - su sollecito della folta platea - lo scottante argomento del decreto legge. Non tutti i presenti si sono detti d'accordo sulla decisione del governo. Qualcuno ha affermato che il decreto d'urgenza era stato deciso per un fatto che di urgente non aveva nulla. Per ottenere lo stesso risultato e apportare le modifiche che si volevano, sarebbe stata sufficiente lo hanno affermato alcuni avvocati - l'applicazione dell'articolo sette della legge delega. Marcello Sanzo PALERMO. Contro la guerra nel mondo e la violenza nelle città verranno donate tante torte-gelato, in cambio di armi giocattolo da mettere pubblicamente al rogo. E' quanto ha proposto a Palermo don Paolo Turturro, responsabile della parrocchia di Santa Lucia, nel popolare rione «Borgo Vecchio» e dell'associazione studentesca «Dipingi la pace». Oggi pomeriggio in uno slargo nel cuore del quartiere, lo stesso dove sono state ambientate parecchie scene di «Mary per sempre» e «Ragazzi fuori», i due film verità di Marco Risi sui giovani violenti e disperati di Palermo, sarà fatto un grande falò con le armi giocattolo che verranno portate dai bambini e dai loro genitori. Fucili, pistole, coltelli, mitra di plastica e di legno saranno raccolti in una grande catasta e poi dati alle fiamme. In cambio di ogni arma giocattolo da distruggere verrà data una torta-gelato, che poco dopo potrà essere tranquillamente mangiata nelle rispettive case. «E' un modo come un altro per dire basta alla violenza ed alla morte che c'e nel mondo e per guardare alla pace ed all'amore che dovrebbe animarci ed unirci», spiega padre Turturro, in passato promotore di iniziative pacifiste e che recentemente ha anche guidato delegazioni di bambini di Palermo in visita da Papa Giovanni Paolo II e dal presidente della Repubblica Francesco Cossiga. «La pace è un bene irrinunciabile e la crudeltà della violenza è come un veleno che minaccia la società a Palermo come in tante altre parti del mondo», afferma don Turturro, che ieri mattina ha dato l'annuncio della manifestazione odierna. Lo ha fatto durante l'omelia che ha pronunciato nel corso della messa celebrata alle 12,30 nella chiesa di Santa Lucia, la stessa chiesa verso la quale si era diretto il presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella, quando, il 6 gennaio del 1980, fu assassinato, forse da terroristi neri, per ordine della mafia. La manifestazione pacifista odierna si ricollega idealmente ad un'altra promossa l'anno scorso, quando don Turturro piantò alcuni cedri della pace in via Don Orione a Palermo, insieme con il vescovo della sfortunata città di Beirut e l'allora sindaco Leoluca Orlando. In quell'occasione il sacerdote sottolineò che «insieme è possibile sconfiggere il male». Antonio Pavida