Gladio ancora troppi «non so»

Nessun chiarimento dopo le audizioni di militari al top dei servizi segreti Nessun chiarimento dopo le audizioni di militari al top dei servizi segreti Gladio, ancora troppi «non so» Sentiti Martini, De Bernardi e Fortunato Sulle «incongruenze» di Martini si è già detto quasi tutto. Una delle sue più grosse «bugie», comunque, riguarda la risposta data alla domanda sui criteri di arruolamento dei «gladiatori». L'ammiraglio disse che non dovevano avere cariche pubbliche. E spiegò: «Se arriva l'invasore, ad essere arrestati per primi sono i sindaci e i rappresentanti delle Istituzioni». In sostanza i «patrioti» dovevano essere «agenti operanti nel territorio che avessero buone possibilità di sfuggire ad eventuali deportazioni ed internamenti». Ma non era così. Basta infatti consultare l'elenco dei «gladiatori» piemontesi per apprendere che almeno tre sono sindaci o ex sindaci di piccoli centri del Piemonte. La deposizione del generale De Bernardi è quella che meno di tutte ha contribuito alla chiarezza. Troppi i «non ricordo», troppo generiche le risposte. Altri, anche Martini, hanno detto il contrario. Ha mai sentito parlare di «gregari»? «No, non mi risulta». Alla domanda se nella base di Capo Marrargiu si addestrasse personale che non aveva la posizione di militare in congedo, De Bernardi ha risposto: «Per quanto ne so, lo escluderei». Alla replica del senatore Macis, «lo esclude o lo escluderebbe?», ha ripetuto: «Per quanto è di mia conoscenza, lo escludo. Se poi qualcuno di questi si portava dietro qualche altro... ». Fulvio Martini e, accanto ai titolo, Libero Gualtieri a nessuno. Era sotto terra. Per accedervi bisognava fare uno scavo e, una volta aperto, non era possibile richiuderlo. E' presumibile, comunque, che coloro a cui erano destinate le armi avessero conoscenza del posto». Il presidente Gualtieri gli ha poi chiesto: «Crede che la smobilitazione di questa rete possa essere avvenuta senza che il capo del governo ne fosse informato?». Risposta: «Io penso che il capo dei servizi abbia consultato i responsabili politici». Ma sappiamo già che Andreotti, nella sua relazione, ha detto che il governo non fu informato. Ed apprendiamo, soltanto adesso, che dello smantellamento dei Nasco non furono avvertiti neppure gli alleati. Due le stranezze macroscopiche nella decisione di smantellare i contenitori. Perché non avvertire gli alleati? Se la «Gladio» doveva servire a combattere un'eventuale invasione dall'Est, come mai si tolgono le armi dai luoghi vicini alle frontiere per ammassarle in Sardegna? Non si può dire, poi, che quello fosse un periodo del tutto «tranquillo». Ma il generale Fortunato non ha chiarito. Il senatore Macis, meravigliato del «cambio di ipotesi strategica», gli ha chiesto ancora perché non fossero stati avvertiti gli alleati. E lui: «Noi non lo abbiamo fatto, non so se questo è avvenuto a un livello più alto». Un altro pasticcio i «numeri» Poi è toccato al generale Fortunato. Le contestazioni mossegli, più che le risposte ottenute, si sono rivelate alquanto interessanti. Da lì ha preso corpo l'inquietante ipotesi che la «Gladio» sia una scatola che nasconde altre strutture segrete. E' vero che almeno 4 o 5 uomini di ogni nucleo della «Gladio» avevano accesso ai contenitori con le armi, in zone diverse? Il generale ha aggirato la domanda: «Questo particolare non lo ricordo bene. Posso però dire che l'accesso non era consentito di «Gladio»: 500, 600, 1000? Quanti erano gli «arruolati»? Il federalista Roberto Cicciomessere, mostrando i documenti forniti dai giudici, ha parlato delle unità di pronto intervento. Ha chiarito che l'organico di queste formazioni assomma a 1500, per quanto riguarda il pronto impiego, e altri 1500 per la mobilitazione. Qual era, allora, l'effettiva consistenza della struttura? Il generale, prima ha detto «non me lo ricordo assolutamente, ricordo che erano modeste». Poi si è confuso: «La Gladio era formata da tutti questi nuclei, più le 5 formazioni. Il numero globale che ricordo era di circa 500. Non c'erano 500 più altri, mettiamo, 300. Le 5 formazioni erano modeste. Ma il problema si può chiarire con gli elenchi». Una nota della segreteria generale del Cesis (248/139/21.6), datata 5 maggio '90, inviata al giudice Casson, offre, però, una realtà ancora diversa: «Per condotta operazione clandestina si prevede iniziativa d'impiego di circa mille elementi, di cui 300 già reclutati ed addestrati per quanto riguarda azioni d'infiltrazione, propaganda, evasione ed esfiltrazione, avendo limitato l'addestramento al sabotaggio/controsabotaggio e guerriglia ad appartenenti del servizio particolarmente selezionati». Francesco La Licata