Danieli,la grande madre di Donata Gianeri

Danieli, la grande madre Trentasei anni di teatro in ruoli pieni di temperamento Danieli, la grande madre «Ormai sono i personaggi che scelgono me, personaggi forti, straripanti Sogno di interpretare Medea, credo che una parte così mi sia dovuta» La Signora ha un passato eclettico o, come si dice, un curriculum estremamente vario. Poiché la Signora che si definisce quieta, casalinga e sottomessa, una volta sulla scena diventa molto avventurosa. In 36 anni di teatro, Isa Danieli non ha mai rinunciato a nessuna esperienza nuova. Diversa. Anomala. E' stata contemporaneamente Giocasta e Tiresia nell'«Edipo Tiranno» di Besson. Ha entusiasmato le folle interpretando una lavandaia tarantolata ne «La gatta Cenerentola», diretta da De Simone. Quindi, si è calata con sommo divertimento, nella saponificatricc Cianciulli, rivista e corretta da Lina Wertmùller. Dopodiché, nel momento in cui le attrici cinematografiche avvertendo la crisi abbandonavano il set per il palcoscenico, lei, in età non più verde, debuttava trionfalmente nel cinema: «Un puro caso, mi creda. Io il cinema non l'ho mai cercato. Fu il fotografo di scena di Eduardo a farmi un servizio e offrirlo a quella che sarebbe diventata, in seguito, la mia agente». Il grande Eduardo che la tenne a battesimo e l'amava a tal punto da definirla «sangue del mio sangue», fu più volte abbandonato per l'amore del momento, l'avanspettacolo: «Perché mi permetteva esperienze nuove e diverse che con la prosa non avrei mai fatto: imparare a cantare, a ballare. Cose che mi sono servite moltissimo, in seguito». Ma Eduardo, da cui lei tornava regolarmente dopo i suoi estemporanei abbandoni, rimane la nota fondamentale della sua vita: quello che l'ha formata, l'ha segnata, ne ha fatto un'attrice. E di Eduardo Isa Danieli interpreta in questi giorni «Non ti pago!», accanto a Luca De Filippo che ne è anche il regista. Che effetto le fa recitare una commedia di Eduardo,'diretta da suo figlio? «Un effetto bellissimo: e struggente. Conosco Luca da quando era ragazzino e ritrovo in lui molte somiglianze col padre, non solo sulla scena, ma nella vita. Il suo modo di muoversi, di parlare, certi suoi atteggiamenti, suscitano in me una tenerezza infinita: è un filo che non si è interrotto, qualcosa destinato a continuare nel tempo». Il fatto di rimanere attaccata alla dinastia e il fatto di interpretare in gran maggioranza autori napoletani contemporanei, fa parte della sua napoletanità? «Io trovo che di questo termine si è molto abusato, la sceneg¬ giata è stata la nostra madre ma, poi, siamo andati oltre. Oggi essere napoletani significa anzitutto essere italiani. E se porto sulle scene molti giovani autori dipende dal fatto che sono loro a venirmi a cercare e a offrirmi i testi. Io credo di essere l'unica attrice italiana che si cimenti nella drammaturgia contemporanea: quella vera, scritta da autori di oggi e mai rappresentata prima. Ho interpretato Santanelli, Moscato, Ruccello e quest'anno farò una novità di Silvestri, "Angeli all'inferno" cui parteciperà come attore anche Enzo Moscato». Le sue stigmate sono frutto di due maestri diversi, Eduardo e De Simone: due modi di far teatro agli antipodi. «L'esperienza con De Simone mi ha segnata profondamente, specie ne "La gatta Cenerentola". E' un regista pieno di fantasia, di idee. Per me è stato determinante perché ha fatto venir fuori un lato che non sospettavo di avere, cioè la totale disinibizione di me stessa, insegnandomi che un attore può comunicare anche con la sua fisicità oltre che con la voce e sottolineando la differenza che esiste tra il mostrare il proprio corpo ed esprimersi col proprio corpo. Quello con De Simone è stato un incontro determinante, per me». Comunque lei ora lo ha abbandonato, per tornare a Eduardo. «E' vero e mi dispiace moltissimo: stavo facendo con lui 'Il malato immaginario" con gran successo. Ma non potevo dir di no a Luca. Questa è una commedia divertente, anche se il mio personaggio è piccolo, modesto. D'altronde, il divertimento è qualcosa che ti viene da dentro, dagli applausi, dal pubblico. Io mi divertivo persino quando facevo "Edipo-Tiranno"». E il cinema, che peso ha oggi nella sua vita? «Io trovo che il cinema è un mezzo straordinario per far scoprire al pubblico la faccia dell'attore; ma a parte questo, preferisco il teatro per la sua immediatezza, per il contatto che ti dà con la gente. Per il teatro ho rinunciato in parte al cinema: l'ultimo mio film è slato "Nuovo Cinema Paradiso" di Tomatore. E ora sono qui con Luca mentre avrei avuto la possibilità di interpretare due film in Francia. Ma il cinema non mi manca; né lo cerco. Se viene e ho tempo per farlo, bene. Altrimenti, pazienza. Sacrificargli il teatro, mai. Un anno in cui mi sono fermata per ragioni personali e ho inter¬ pretato due film, uno di seguito all'altro, sono diventata nevrotica. Alle nove di sera mi prendevano le smanie, non sapevo più cosa fare di me stessa: soffrivo la crisi di astinenza da palcoscenico». In che modo sceglie i personaggi da rappresentare? «Ormai, sono loro a scegliere me: in quanto le offerte sono calibrate al mio modo di essere attrice. Personaggi forti, pieni di temperamento, grandi madri generose e straripanti». Non c'è un personaggio che le manca e le urge dentro, un personaggio che vorrebbe interpretare a tutti* i costi? «Sì, Medea. Credo che ogni attrice ad un certo momento senta il bisogno di affrontarla, perché si tratta di un personaggio arduo, ma completo, che segna il culmine di una carriera. Un personaggio così, penso proprio mi sia dovuto. Ma poiché sono un'attrice schiva e molto quieta, non chiedo, non sollecito, non mi do da fare. Aspetto». Donata Gianeri

Luoghi citati: Francia, Medea