Una mela a Eva da papa Giovanni

Una mela a Eva da papa Giovanni Pagine di storia in 227 episodi curiosi Una mela a Eva da papa Giovanni CI LEMENCEAU si domandò un giorno che cosa fosse la storia, per concludere che «è l'as_ I sommarsi di fatti minimi di cui, con il tempo, non si rammentano se non i peggiori». A parte il pessimismo di fondo, sui «fatti minimi» si può concordare con lui. In tal senso è «storico» il volume «Lasciateci la nostra retorica (Frasi ai margini della Storia)», appena edito dalla Sei, con un'accattivante copertina di Sara Giliberto e Claudia Romano, scritto da ottanta autori per aiutare concretamente, anche quest'anno, la Fondazione Piemontese per la ricerca sul Cancro. Carlo Bramardo, Federico Filippi e Gianfranco Gallo-Orsi spiegano il titolo: è una frase pronunciata da Felice Cavallotti durante una commemorazione di Garibaldi, e aggiungono: «Questa frase ha per noi un significato particolare che si stacca nettamente dalla retorica gonfia e trionfalistica propria di altri tempi e che non ci riguarda; piuttosto, vuol riferirsi alla Retorica come severa materia di studio che per gli antichi romani era essenziale, perché la "forma" doveva avvolgere la "sostanza" con una veste gradevole e accattivante». Ecco così il libro-caleidoscopio che proietta in una gustosa aneddotica ben 227 episodi, ordinati cronologicamente dal 950 avanti Cristo a oggi, individuati da frasi quasi sempre di uso corrente, ma effettivamente pronunciate, molte divenute subito «storiche». Un libro che non si legge d'un fiato ma che va centellinato, episodio per episodio, e il lettore può spaziare alla ricerca del personaggio che più gli piace o che desidera meglio conoscere. Se si abita in un condominio in cui alle cinque del mattino esplode una baruffa fra coniugi, dandoti una sveglia che non può essere gradita, il capitolo 170 è il meglio che si possa desiderare. Intitolato Che vicini rumo- rosi; speriamo se ne vadano presto!, ci porta le vicende di un lui e di una lei che furono molto turbolenti, anche se, in questo caso, li possiamo forse scusare trattandosi di grossi personaggi: Richard Wagner e la moglie, Cosima Liszt, che a Venezia impedivano il sonno dei coinquilini di Palazzo Vendramin-Calergi sul Canal Grande. Pregevole la collezione di quelle frasi che sono parte della storia, come Ci rivedremo a Filippi oppure Acqua alle corde! urlato da un romano in piazza San Pietro durante il pontificato di Sisto V, e ancora Parigi vai bene una Messa! e Noblesse oblige. Qualche frase è diventata motto, fermandosi nel tempo, per sempre. E' il caso di Dieu et mon droit, che pare risalga a Riccardo Cuor di Leone, motto che fu conservato fino a Elisabetta I, che gli preferì però il Semper eadem. Fu la regina Vittoria che diede allo stemma reale britannico il suo attuale aspetto definitivo. «Un biglietto andata e ritorno, uno solo di andata», la dice già lunga sul conto di quell'inimitabile Landru, contabile del crimine ma anche un ligio risparmiatore: per condurre la vittima di turno sul luogo dell'«esecuzione» bastava evidentemente un solo biglietto di andata e ritorno, quello per se stesso; per la donna che conduceva al sacrificio era sufficiente il biglietto di andata. Landru registrava nel suo quaderno-diario anche le briciole dei suoi affanni erotici: 283 conquiste, annunci nei giornaletti dei «Cuori solitari» per cercare nuove adepte, la contabilità di ogni giorno compresi quei biglietti ferroviari che dovevano poi tradirlo. Condannato a morte per l'uccisione di dieci donne, fu sarcastico con il boia che gli offriva il bicchiere di rito: «Grazie, si beva pure il cognachino che mi spetta. Spero anzi che le vada di traverso». E ancora un'annotazione datata 15 ottobre 1917. Con un abito color tortora, una mantella blu notte, in testa un cappello di paglia di Firenze, Mata Hari va verso la morte. Gustoso un aneddoto su Angelo Roncalli, il futuro Giovanni XXIII. Quand'era nunzio in Francia all'epoca della Presidenza Auriol, fu invitato a un banchetto e sistemato accanto a un'avvenente signora generosamente scollata. Dopo la portata principale, egli prese una mela dal cesto appena portato in tavola, e si rivolse alla sua vicina: «Posso offrirle una mela?». La donna fu stupita, incerta su che cosa rispondere, ma monsignor Roncalli la incoraggiò: «La prenda, signora, la prego. Infatti, soltanto quando ebbe mangiato la mela, Eva si accorse di essere nuda». L'episodio è riferito da Henri Fesquet nel libro Ifioretti di papa Giovanni. Fesquet ebbe a domandare una volta a Roncalli se non si sentisse imbarazzato a un pranzo con troppe donne scollate. Il futuro pontefice gli rispose: «Ma no, quando c'è una donna scollata, non è lei che tutti guardano, ma il nunzio apostolico». Renzo Rossotti «Lasciateci la nostra retorica»: in un libro gli aneddoti raccolti da 80 autori in aiuto alla Fondazione per la ricerca sul cancro

Luoghi citati: Firenze, Francia, Parigi, Venezia