L'arringa di Heidegger, pubblico ministero contro la società tecnologica

L'arringa di Heidegger, pubblico ministero contro la società tecnologica L'arringa di Heidegger, pubblico ministero contro la società tecnologica In t n convegno a Torino il «gran rifiuto» delfilosofo, profeta del tramonto delle ideologie fEIDEGGER e ancora Heidegger per la cultura filosofica contemporanea. S'inaugura domani a Torino (Sala Seat, via Bertola 34) un seminario internazionale sul tema «Heidegger nella cultura filosofica europea», organizzato dal Dipartimento di Filosofia dell'Università di Torino, in collaborazione col Goethe-Institut. A vent'anni dalla scomparsa, il convegno ricorda Pietro Chiodi, tra i primi e più acuti studiosi di Heidegger nel nostro Paese, traduttore di opere fondamentali quali «Essere e Tempo». Vi partecipa una vasta schiera di specialisti: Otto Poeggler (autore di studi fondamentali sul pensatore tedesco); Walter Biemel, Hans Albert, Manfred Riedel, Hugo Ott. Tra gli italiani Norberto Bobbio, Lucio Collctti, Emanuele Severino, Valerio Verrà, Gianni Vattimo, Paolo Rossi, Pietro Rossi, Augusto Viano. Una rassegna di temi: svolta 0 continuità nel pensiero di Heidegger? E poi Heidegger e la fenomenologia, la scienza, il linguaggio, l'etica, la politica. Ma come si caratterizza il rapporto tra Heidegger e la cultura italiana? Che cosa ha rappresentato e rappresenta questa filosofia? Ne abbiamo parlato con Carlo Augusto Viano, docente di Storia della Filosofia a Torino e tra 1 promotori del convegno. «Heidegger è popolarissimo non solo in Italia, ma in tutto l'Occidente - dice Viano -. E' diventato in un certo senso li simbolo di una "filosofia popolare" innanzitutto perché ha dato voce al rifiuto della civiltà tecnicoscientifica. Poi per lo stile, una scrittura criptica che si presta a essere capita e non capita e che ha fatto sì che le sue opere fossero utilizzate come libri da citazione. Inoltre perché Heideg¬ ger ha dato una visione generale: egli pensa si possa dire a che punto siamo della storia (cioè nell'epoca in cui l'essere tramonta). Ha dato uno status a forme di sapere non riconducibili al sapere tecnico-scientifico (l'arte ad esempio) e infine ha la mentalità dell'apologeta (è un maestro nel ritorcere sui suoi avversari culturali le accuse che di solito si rivolgono al sapere filosofico)». E questi elementi che luce proiettano sul panorama contemporaneo? Il nostro tempo è caratterizzato dall'enorme diffusione della cultura scritta cui si avvicina un numero altissimo di persone. Allora è popolare ciò che può soddisfare la maggior parte di queste persone. Oggi sono pochi coloro che gustano risposte chiare e limitative. Molti invece quelli che hanno voglia, rapidamente, di sapere a che punto siamo della storia, che hanno voglia di sentirsi dire: «Le tenebre riguardano tutti, l'essere nelle tenebre è anche sapere qualcosa di noi, l'essere tramonta in Occidente». Alla gente piacciono le frasi ad effetto: «Il mondo è contraddittorio». Oppure, come disse Parmenide: «L'essere è immobile». Allora se la gente si avvicina alla filosofia come ad una forma di saggezza quotidiana, potrebbe aspettarsi anche una chiarificazione filosofica dei problemi morali e politici. Cosa offre Heidegger da questo punto di vista? In un certo senso l'etica ad Heidegger non piaceva. Aveva antipatia per il concetto di valore. L'etica erano precetti, norme e a lui questa parte precettistica della cultura non piaceva. Oggi la domanda di regole è sempre più frequente: qualcuno dica che cosa si deve fare. Bene, ho l'impressione che non si debba dare molta soddisfazione a domande di questo genere perché per dare regole su cosa si deve fare dovremmo sapere un certo numero di cose che noi non sappiamo. Sappiamo invece che esistono corpi di regole, possiamo cercare di capirli, di capire dove e come si sono formati. Ma nessuno in questo momento è in grado di dettare delle norme. Ed è proprio da questo punto di vista che la lezione del primo Heidegger mi piace molto. Il secondo Heidegger invece è utilizzato contro ogni forma di etica delle regole, ma spesso a favore delle tradizioni. Cioè: non è possibile dare delle norme, ma i nostri comportamenti trovano la loro disciplina nelle tradizioni dalle quali non vanno disgiunti. Oppure, al posto delle tradizioni, si può parlare di un particolare equilibrio comunicativo che si instaura nel rapporto tra gli uomini. Insomma, a chi chiede regole, c'è chi ri¬ sponde: non ne abbiamo, ma c'è una zona - le tradizioni - in cui sappiamo come comportarci. E la politica? Heidegger era nazista. Ora non si tratta di fare processi, ma questo fattore va tenuto presente leggendo i suoi scritti. Detto questo, è ovvio che si possono riprendere le sue idee in un contesto libero dal nazismo. Heidegger ad esempio è piaciuto molto con la crisi delle ideologie. «L'essere non si può imprigionare in nessuna formula» è sembrata una forma adeguata per dire questa crisi. Tuttavia con Heidegger «sappiamo dove siamo: alla fine delle ideologie e all'inizio del postmoderno». L'indicazione di orientamenti generali, la creazione di aspettative, i toni profetici quindi e lo stile criptico hanno determinato in gran parte la fortuna di questo pensiero. Paola Campana