Tognazzi il buongustaio della battuta
Tognazzi, il buongustaio della battuta La scomparsa dell'attore che è stato un punto di riferimento per due generazioni di spettatori Tognazzi, il buongustaio della battuta Dall'avanspettacolo al teatro, al cinema e alla televisione stuzzicadenti da un intere albero d'alto fusto. Con un pericolo, ventilato dallo zelante intellettuale: e se sbagliava? Tognazzi rispondeva compito che se falliva lo stussicadenti, rimaneva un sacco di trucoli. Non era male davvero, al di là di una dolce ingenuità, in tempi di ossessiva organizzazione del lavoro. Di conseguenza il cinema, allora più ricco e più diffuso della televisione, non si lasciò sfuggire questo burlone così incisivo. C'erano altri attori di teatro (e di talento) che Cinecittà allettava e sprecava in farse di pronta mescita al banco di un consumo ebbro di battutacce carnali e di situazioni stantie. Sarebbe persino una cattiveria accreditare a Tognazzi un dimenticato debutto ne I cadetti di Guascogna. Se nella colonna sonora si cantava a voce spiegata: «Noi siamo i cadetti di Guascogna / Veniam dalla Spagna / andiamo a Bologna ...», il comico doveva adeguarsi e pazientare. Qual è stata la bravura di Tognazzi negli Anni Cinquanta, ricchi di scritture e poveri di occasioni? Studiare i copioni, migliorare la tecnica, frequentai sr*lsti. Quando Luciano Salce ne II federale gli offerse il personaggio del fascistone, fu all'altezza di una celebrità europea quale il «democratico» Georges Wilson. E cominciò una traiettoria brillante e spiritosa nel cinema internazionale. I suoi orano personaggi edonistici, meschini talora, molto italiani nel gusto della beffa e nella propensione al riscatto. E' stato fondamentale per Risi (I mostri), cinque volte per Ferreri (L'ape regina, La donna scimmia, Marcia nuziale, L'udienza, La grande abbuffata), per Bertolucci (La tragedia di un uomo ridicolo, premio d'interpretaziione a Cannes), per Scola (Il commissario Pepe). Ha furoreggiato con i Taviani, con Lattuada, Monicelli, per i francesi Vadim e Molinaro. Durante una ventina d'anni si divide il mercato nazionale e smuove il mercato internazionale con gli assi della commedia italiana, i Sordi, Manfredi, Gassman, Mastroianni. In Amici miei e II vizietto cesella modi di dire e di fare che chiunque di noi in una gaia serata abbiamo malamente e con gioia imitati. Se teme che il mercato si chiuda, non ha dubbi nel tornare in teatro. Litiga con Mario Missiroli che gli ha messo in scena un'edizione de L'avaro di Molière e fa tutto da sé. Conosce il successo pieno, appoggiandosi all'impresario Ardenzi e allo sponsor Berlusconi. Quando la critica non lo comprende, se ne adonta. Dimentica che sono stati i giornalisti a dimostrare che il Tognazzi di La marcia su Roma o Splendori e miserie di Madame Royale non era lo stesso delle freddure pesanti che trattenevano il pubblico attorno alla passerella finché l'ultimo tram era passato nel disinteresse generale. Ma ciò fa parte del gioco. In teatro, anche successivamente a fianco di Arturo Brachetti per M. Butterfly, ritrovava la sua giovinezza. Di sicuro se ne eccitava in senso buono, quest'anno l'avrebbe ridata con immutabile aggressività. Forse alla Rai lo vedremo prossimamente nella serie di telefilm polizieschi Una famiglia in giallo, che dovrebbe avere finito di registrare nei giorni scorsi. Sarà un commiato, un'ultima occasione di divertimento. Sarebbe bello però che la televisione riscoprisse un dimenticato bianco-nero: Io la conoscevo bene di Pietrangeli. Tognazzi vi raffigura un personaggio nato dall'esperienza antica: il patetico comico sorpassato che implora un ingaggio durante una festa di tutte stelle esibendosi su un tavolo in un tip-tap fuori moda e senza termine. Straziante e buffo, promemoria per chi conosce e non valuta il successo, proposta di autocritica per il pubblico che dimentica. E ancora, all'infinito, quei piedi che battono fino alla disperazione sulla tovaglia di lusso, quelle stille di sudore che disfanno l'impasto di brillantina sulle tempie scarnite... Piero Perona Ugo Tognazzi. Aveva 68 anni e la sua scomparsa improvvisa lascia un grande vuoto nel mondo del cinema
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