Maledetto Danubio ermetica frontiera per i romeni

Maledetto Danubio, ermetica frontiera per i romeni «La signora Vise§ti e altri racconti balcanici»: un chirurgo-scrittore italiano racconta la Bucarest di Ceausescu Maledetto Danubio, ermetica frontiera per i romeni «Questo è un popolo vinto, che ha perso i collegamenti col mondo» ilATHENEE Palace era " sempre stato elegante, riservato e inaccessibile, i Ora mostra i graffi provo- Ucati dal tempo e, forse, dall'alternarsi del potere. Come tutta Bucarest che in un passato ormai remoto era stata capitale sfavillante, allegra, vacua, frivola. Allora il sogno era Vienna o Praga, magari Parigi: oggi, dicono, i sogni sono finiti. In quella spensierata Europa di mezzo il grande albergo era famoso, per lo sfarzo e la clientela selezionata: dame splendide, alti ufficiali, aristocratici, qualche mercante ricco alla nausea, talvolta le favorite di sua altezza. Piccoli borghesi e servi della gleba neppure ci pensavano a entrare. Poi la guerra. Devastante. Russi e cubani sempre ubriachi Più che di un'epoca aveva segnato la fine di un periodo ora lontano come un'era geologica. La fuga del re era sembrata una fortuna. Alla fine il potere era finito nelle mani del popolo, si diceva, in realtà in quelle di altri potenti e ora in quelle del «conducator» che non lo spartiva con nessuno. Quasi fosse un fiore all'occhiello per la città e per i nuovi potenti, il grande albergo è ri¬ masto un esclusivo punto di riferimento, forse l'unico. Ma molte cose sono cambiate, anche la clientela, naturalmente. Giuseppe Croce ha consuetudine con l'ambiente, con la Bucarest prerivoluzionaria e con i nuovi ricchi, clienti affezionati dell'Athénée, che nella Signora Visetti e altri racconti balcanici (Vallecchi) descrive come «africani dai modi pesanti e dalle tasche ben fornite, mediorientali arroganti e pretenziosi, russi e cubani quasi sempre ubriachi che erano riusciti a deteriorare lo splendore di quel liberty in modo irreparabile». Croce ha 56 anni, fa il chirurgo a Civitavecchia per professione, il viaggiatore per passione, lo scrittore per vocazione. Ha già pubblicato il libro di poesie La casa di Theodor Aman (Napoli '83). Sposato, la Provvidenza gli ha regalato due figli: incontrati durante un viaggio in India, nel 1971, in una delle tante Anand Nagar, in una Città della Gioia. Li portò in Italia e oggi frequentano il liceo classico. «Sono felici, spe ro». E' un solitario, assicura, e come molti solitari ha la capacità di osservare e quella, ancor più rara, di «vedere». «Provo un piacere quasi fisico nello scrivere, e mi vien spesso voglia di smetterla col bisturi». Descrive, in quindici racconti, la lenta morte della speranza a Bucarest e dintorni, quella speranza tornata con la rivoluzione di Natale e, forse, subito mortificata. «Storie di uomini, delle loro vite. Perché dopo la vita, sono convinto che tutto finisca: è commettere un peccato d'orgoglio pensare in modo differente e volersi attribuire una speciale spiritualità anche. In fondo, la differenza con gli animali risiede soltanto in un tipo d'intelligenza più vivida». Raccontate quasi di getto, fra il febbraio e il dicembre del 1988. Nella Romania che fu di Nicolae Ceausescu è stato «una ventina di volte, la prima nel 1972, quando mi trascinò un amico dicendomi che era un po' il casino d'Europa, insomma che si poteva fare gli americani con pochi dollari». Fu, quella prima visita, decisiva. «Trovai gente rassegnata, senza possibilità di ripresa, senza avvenire e questo è un giudizio freddo, da chirurgo. Gente povera, per denaro capace di qualunque cosa. Tutto navigava in un pastone di colore indefinibile». Non sarà mai come altrove. Prosegue Croce: «La prognosi è infausta, anche oggi, perché questo è un popolo che sembra aver perso i collegamenti con il resto del mondo, un popolo vinto e non è un caso il successo elettorale con larghissimo mar¬ gine di Iliescu». Quando Cantemir, protagonista del primo racconto, rientra per l'ultima volta in Austria» dove i suoi si sono trasferiti da anni, alla frontiera aspetta come gli altri e il suo è un gesto emblematico. Nessuna «prioritate», quella volta, «niente soprusi; la fila di contadini in bicicletta avrebbe atteso sino all'alba per passare quel filtro odioso, offensivo, umiliante». Fantasia ma, soprattutto, cronaca. «Non credo si possa inventare dal nulla. Uno spunto, per narrare, è indispensabile. Quello che racconto, della Romania, della Bulgaria, sono cose alle quali in un modo o nell'altro ho assistito. In fondo, per parlare del commercio delle icone occorre averlo visto. O fatto». Il racconto è fra i più struggenti. Il passaporto come tesoro Quindici facce di un'unica autobiografia, dunque? Non soltanto ma anche. «La signora Visesti esiste e con lei il suo dramma. L'ho incontrata, ci ho parlato. L'unica cosa davvero inventata è il nome». La signora Visesti è una dolce dama alla quale i cinquanta non pesano ma che ha ormai rinunciato alla speranza. In questo libro carico di pathos, ecco una parola che sarebbe fuori posto: speranza. Anche chi in apparenza vince, perde. Come Octav Turba, il commerciante di poco talento che fa il servo all'intellettuale e poi si ricicla nel partito e perseguita cinicamente l'antico padrone. O come Issur, laido mezzano, che in un fine settimana a Bucarest truffa l'americano rimasto senza documenti, senza soldi e, quindi, senza protezione. Entrambi repellenti, entrambi ebrei. Ma non c'è antisemitismo, garantisce Croce. «Esistono anche gli ebrei odiosi e sono odiosi perché lo sono e basta, non perché siano ebrei. E ho raccontato anche di loro. Non mi sarebbe parso onesto tacere». Prima l'Eldorado erano l'America o l'Europa dell'Occidente, da quando arrivarono i satrapi rossi e poi il «conducator» ci si accontentava della Jugoslavia, ma quel maledetto Danubio era diventato qualcosa di più di un segnale di confine, era una barriera insuperabile, irraggiungibile, soprattutto. E il tesoro più grande un passaporto. Ma ora com'è la vita nei Balcani? «Lo posso immaginare, ma non mi basta. Ci torno». Vincenzo lessandoti

Persone citate: Anand Nagar, Ceausescu Maledetto Danubio, Giuseppe Croce, Iliescu, Nicolae Ceausescu, Vise