Dakar le donne ai tamburi dell'orgoglio

Dakar, le donne ai tamburi dell'orgoglio Viaggio nelle musiche del Senegal: fra nuovo e tradizione, un popolo si riprende la sua identità Dakar, le donne ai tamburi dell'orgoglio La rivoluzione è un 'orchestra di 100 percussionisti Sì DAKAR OUMBEDIOUN, intorno al tramonto, le piroghe rientrano dal mare, la I gente in attesa si muove, le lunghe imbarcazioni vengono tirate, sospinte, fatte scivolare con movimenti e gesti misurati, sincronizzati, scanditi dalle voci. Lo scenario multicolore, fuori dal tempo, è quello di una delle spiagge di Dakar, punto di partenza di un viaggio tra le musiche del Senegal. A poca distanza, dopo la Gueule Tapée, nel quartiere della Medina alcune ragazze si preparano per un «sabar», una festa, la danza dei Lebou, popolo di pescatori, i primi ad abitare la striscia di terra del Capo Verde su cui è sorta la città. Dakar, fondata nel 1862, capitale del Senegal dal 1960, ha un milione e mezzo di abitanti, poco meno di un terzo dell'intera popolazione del Paese. Fu un punto di snodo cruciale nella tratta degli schiavi e in seguito uno dei principali poli della . colonizzazione. Sviluppata con un'estensione enorme, porto principale della regione, è oggi crocevia di molte genti e di molte tradizioni. La musica, il canto, la danza vi sono costantemente protagonisti, densi di storia e attenti al presente, testimoni dell'irriducibile vitalità di popoli a cui si è cercato di negare voce e identità. Nella tradizione wolof (etnia maggioritaria in Senegal), come in quella mandinga, la società è divisa in caste e un posto speciale spetta alla casta dei «griot», depositari della memoria collettiva del loro popolo, maestri nell'arte della parola, che si trasmettono di padre in figlio. E la parola è discorso cantato, ritmato, vibrante. All'Ecole des Arts, spazio aperto sul mare nell'ansa delle Madeleines, ecco uno degli artisti senegalesi più conosciuti: Doudou Ndiaye Rose. A quasi sessant'anni, con incredibile energia, ha raccolto un'orchestra di 100 percussionisti avviando per la prima volta all'arte del tam tam anche le donne, quasi tutte figlie o nuore. Il maestro ci spiega che le innovazioni rafforzano il patrimonio ereditato dai padri come fatto vivente nell'oggi. Ecco perché decide di introdurre nel suo repertorio uno strumento che nella tradizione era esclusivamente utilizzato nelle cerimonie religiose o nei canti di guerra, si tratta del «tabala», un tamburo molto grande che, percosso con le bacchette, produce suoni gravi e imperiosi. Sul Boulevard della Republique è d'obbligo una sosta al Teatro Nazionale Daniel Sorano, voluto dal primo presidente della Repubblica indipendente Léo- pold Sedar Senghor, composto da una compagnia d'arte drammatica, un complesso strumentale e due balletti. Ci guida Bouly Sonko, direttore artistico del balletto «La linguère». Ci mostra gli strumenti tradizionali, i tanti tamburi (sabar, djembé, sowruba, bougarabou, doundoun, tabala...), la cora (sorta di arpa a 21 corde), i balafon (antenati dello xilofono), i flauti, lo xalam, il riti, e ci indica le diverse origini di ognuno; «il nostro lavoro - afferma - non si svolge solo tra queste mura; siamo sempre in viaggio, in ascolto e osservazione dei ritmi e delle danze della gente, nei villaggi e nelle strade; poiché danze e ritmi che noi mettiamo in scena non appartengono a un folklore da museo, ma sono parte della vita quotidiana di oggi, delle feste di battesimo o di matriinonio o delle cerimonie di circoncisione, e abbiamo sempre qualcosa di nuovo da imparare, la nostra è una scuola permanente e ora che si è chiusa l'esperienza . di Mudra Afrique (creata qui da Béjart) stiamo pensando di fondarne un'altra, poiché la ricchezza delle tante tradizioni del nostro Paese non vada dispersa». Questi maestri del ritmo e della danza, tutti griot, ci aprono le porte di un universo espressivo molteplice e multicolore. Wolof, sossé, diola, toucoiileur, serere sono i riferimenti tradizionali più importanti del Senegal, popoli che lo abitano dalla Casamance, passando per Dakar e per il Sine Salloum fino ad arrivare al Nord confinante con la Mauritania. A ogni etnia corrisponde una storia, una lingua, un patrimonio di strumenti, di danze, di canti ereditato dagli antenati; nel tempo i contatti e gli scambi tra genti di diverse origini si sono intensificati e oggi tutto questo costituisce una ricchezza di espressione che ogni senegalese sente come sua. E' domenica, una folla vociante è stipata allo stadio della Medina per assistere a un incontro di lotta, il Lamb (che è anche il nome del tamburo che nella batteria di percussioni sabar svolge funzione di basso e fa da guida). Difficile seguirne lo svolgimento: viene da chiedersi di continuo dov'è la lotta. Nell'arena i contendenti, e una moltitudine di tifosi che li attorniano, ballano, dialogano con i gruppi di percussionisti, fanno innumerevoli giri sul campo. I lottatori si cospargono di unguenti e pozioni, eseguono movimenti rituali e propiziatori che li rendano più forti per il combattimento, le griottes cantano il loro coraggio e intrattengono il pubblico che segue con grande attenzione, poi finalmente, quasi all'improvviso, lo scontro, rapido, fulmineo, l'obiettivo è mettere a terra l'avversario, tutto si consuma in pochi minuti. Ancora una volta protagonista è il ritmo, la musica, la danza. Anche la lotta è un'arte. E non si tratta di un quadro pittoresco da esibire a turisti in cerca di esotismo, lo stadio è colmo di gente che partecipa e vive il rinnovarsi di questa arte antica. Forse è proprio in questo esistere e ripetersi di riti e tradizioni ancestrali che vanno cercate le ragioni della vitalità e originalità anche della produzione artistica dei musicisti delle nuove generazioni. All'uscita dallo stadio incontriamo Diaga Mbaye, griot che da più di 20 anni riempie i teatri di tutto il Paese con la sua voce, accompagnato dallo xalam e dai tre principali tamburi sabar, il lamb, lo nder e lo mbalax. E' di questo periodo la novità che lo vede in scena anche con orchestre a strumentazione moderna. Ci invita all'ascolto della sua ultima cassetta Dans le vent in cui nel bellissimo brano «Dabah» spiega in musica, come si conviene a un griot del suo rango, che «quando le cose da dire sono della stessa natura e vengono dalla stessa matrice originaria i modi per dirle, anche se con strumenti diversi, possono ricongiungersi». Il processo di ricerca di una musica autenticamente senegalese prodotta e interpretata con una strumentazione e una tecnologia moderna ha ormai una sua storia; e i risultati sono talmente evidenti da aver convinto più di una casa discografica internazionale a mettersi in movimento. Youssou N'Dour, grazie alla partecipazione al concerto di Amnesty International per i diritti umani, al rapporto con Peter Gabriel e al contratto con la Virgin, è ormai conosciuto in tutto il mondo ed è senz'altro un artista molto apprezzato e amato nel suo Paese. Se avessimo avuto qualche dubbio, la serata danzante alla caserma Demba Diop in cui lo abbiamo visto intrattenere per 5 ore di fila circa 2000 persone ci avrebbe definitivamente convinto. Verso la fine degli Anni 70 Youssou, ventenne, cantava con le Etoiles e in quel periodo già esistevano formazioni alla ricerca del sound senegalese, quella miscela di ritmi e sonorità nota come «mbalax», contrappuntata da voci e fiati e interpretata con basso, chitarra e batteria guidati dai tamburi sabar, che sostituì l'allora imperante influenza del sound cubano e latino. C'erano i Super Diamono, gruppo ancora oggi molto vitale, con all'attivo più di una dozzina di cassette e alcuni dischi, l'ultimo dedicato al filosofo Cheick Anta Diop. Bob Sene, bassista e portavoce del gruppo, ci presenta l'ultima produzione, per ora solamente su cassetta, Passeport, un compendio della ricerca dei Diamono in questi 12 anni, intriso di riferimenti jazz, funky e reggae con grande risalto alle voci di Omar Pen e Maiga. In questo stesso vivaio si è formato un altro artista di talento, Ismael Lo, cantante e chitarrista, che proprio quest'estate ha firmato un contratto con Barclays. Lo incontriamo nella sua casa a Grand Yof e ci complimentiamo per la cassetta Waadjour, l'ultima produzione. «Non so se nel disco ci saranno proprio gli stessi brani - afferma l'artista - poiché il pubblico occidentale va aiutato alla comprensione della nostra musica. Io mi auguro che lo mbalax in futuro possa avere lo stesso impatto del reggae nel mondo ma ora non è così e per questo mi sforzo di offrire il massimo di varietà musicale nei miei dischi, il mio obiettivo è far apprezzare la musica senegalese a tutti, anche a chi non ne conosce la struttura di riferimento». Alla varietà di tradizioni culturali del Senegal si ispira anche un altro grande musicista, Baaba Mail. Nativo di Podor, dopo una formazione di diversi anni in gruppi folklorici, ha introdotto nel panorama della musica moderna del Paese la melodia e il tono tipici della sua gente, i toucouleur, popolo di pastori nomadi concentrato nelle regioni del Nord, gli altopiani del Fouta Toro e Fouta Djallo. Gli antichi canti di lode denominati Yela si fondono nella sua musica con gli elementi ritmici del sabar e del tama (talking dram) wolof componendo un insieme armonioso e trascinante in cui a tratti echeggia un tempo reggae che l'artista sostiene provenire all'origine proprio dallo Yela. Baaba con i Dande Lenol ha recentemente firmato un contratto con la Island con cui sta per uscire l'album Generation nouvelle, un invito alla pace e alla comunicazione tra popoli di razza e cultura diverse rivolto soprattutto ai giovani. Dai giovani di Dakar è particolarmente amata anche un'altra voce di griot. Si tratta di Thione Seck, autore e interprete di testi di grande impatto. La batteria di tamburi sabar fa da contrappunto ad un canto capace di spaziare in una gamma estesissima di toni; mentre il ritmo trascina alla danza Thione si rivolge ai suoi fratelli cantando la fierezza dell'essere neri o le sofferenze dei percorsi dell'emigrazione come nel recentissimo brano France. Non possiamo dimenticare in questo breve viaggio musicale le voci delle donne che in questo momento a Dakar e in tutto i Paese continuano la tradizione dei canti delle loro madri. Tra tutte emergono per la loro attività tre grandi artiste, tutte formate alla scuola del Teatro Nazionale. Si tratta di Mahawa Kouyate, una delle voci più intense di tutta l'Africa dell'Ovest, Kine Lam, che sta ottenendo un grande successo con l'ultima cassetta in cui spiccano Tabaski e Célibataire, e Soda Marna Fall, che abbiamo visto al Teatro Sorano nell'opera storica Nder en flammes. Impossibile rendere conto pienamente dell'intera produzione musicale del Paese. Dakar è un serbatoio inesauribile di talenti. Molti con una lunga storia alle spalle, altri che si stanno facendo adesso una loro strada. Ogni locale della città propone musica dal vivo, ogni piazza può essere teatro di ineguagliabili sabar, ogni famiglia di griot può vantare una formazione artistica che potrebbe far invidia a molti gruppi di successo che percorrono le nostre scene. Paola Angelici Dakar. Doudou Ndiaye Rose durante un concerto al teatro Daniel Sorano (foto C. Millet)

Luoghi citati: Africa, Dakar, Mauritania