Morte di Sara il coraggio di non capire di Emio Donaggio

Morte di Sara: il coraggio di non capire Un'amica della giovane suicida risponde alle argomentazioni della lettera pubblicata lunedì Morte di Sara: il coraggio di non capire «Con il ricordo ci sono solo domande, nessuna risposta» Lo scorso lunedì abbiamo pubblicato una lettera di Emio Donaggio sul suicidio di Sara, una giovane commessa di profumeria di 25 anni. Ora ospitiamo la lettera di una sua amica: Sara non è stata dimenticata. E non lo sarà mai. Non posso essere d'accordo con quanto scrive Donaggio. L'ho vista lavorare, ho sorriso con lei e ho anche pensato di comprenderla, fino in fondo. Questo, forse, è stato il mio errore, la mia presunzione. Non credo, quindi, che qualcuno possa essere sicuro nell'individuare cause e motivi. Stabilire con scientifica certezza il perché di un gesto disperato non è possibile. E io mi sono arresa, ho soltanto pianto. Il suo segreto lo ha portato via con sé, chiuso in quell'auto ferma in un boschetto vi¬ cino al Po. Mi sono rimaste soltanto le domande, quelle che mi tornano in mente ogni dieci minuti. Poi c'è il vuoto, la tristezza. Anch'io, come avete scritto lunedì, vendo sorrisi dietro ad un bancone di negozio. Anch'io, ancora oggi, devo dimenticare per otto ore al giorno la mia tristezza, i miei problemi quotidiani che affogano nella più spietata normalità. Ma questa non è «una» regola, è «la» regola. E vale per tutti, qualsiasi professione si prenda in considerazione. Credo sia semplicemente una delle tante norme che regolano la vita, il lavoro. Non penso che esistano vittime sacrificali, neppure sull'altare di after shave e bagni profumati. Sara sapeva fare bene il suo lavoro. Ho imparato - non solo io - molto da lei, da quel suo modo di fare. «Le incomprensioni nel gran bazar» (come è stato detto) non credo possano spiegare ciò che è successo: infatti non mi ha mai raccontato nulla di cui ci si dovesse allarmare, tantomeno che potesse far pensare a rapporti difficili. L'incidente d'auto di qualche mese fa l'aveva preoccupata (era stata costretta a portare un «collare» per parecchie settimane) e quindi il suo umore non poteva certo essere allegro, ma ogni cosa sembrava essersi avviata sulla strada di una soluzione. Tutto il resto (l'essere stata "retrocessa" da cassiera a commessa di fila, per usare le espressioni di una settimana fa) non offre un quadro realistico: mi diceva che la retrocessione era in realtà una normalissima turnazione attuata da sempre. Il suo sorriso era la migliore delle garanzie. A questo punto non rimane che fermarsi. Non resta nulla di tutte le congetture che si sarebbero potute fare per spiegare, capire, accettare quella sua scelta. Ed è un nulla pesante, pesante come soltanto il ricordo di una persona cara può essere. Al suo funerale lo si è capito. E' bastato uno sguardo tra chi la conosceva veramente per rendersene conto con sicurezza. Non serviva chiudere o abbassare le saracinesche per soffrire o per far vedere il dolore: la sofferenza può anche essere silenziosa. Discreta come il coraggio di saper dire «non posso capire». Lettera firmata

Persone citate: Donaggio