Investimenti
Il «pronti contro termine» Investimenti Il «pronti contro termine» ì Sempre più spesso viene proposto ai risparmiatori un tipo d'investimento nuovo, con un nome strano, e così brutto da far inorridire un purista della lingua italiana. Cosa significa infatti «fare un pronti contro termine»? Sostanzialmente prestare dei soldi, in genere a una finanziaria collegata a una banca. Formalmente un'operazione di pronti contro termine si presenta però sotto una veste diversa. L'investitore acquista dei titoli a pronti, cioè pagandoli subito (dei Btp, dei Cct o anche obbligazioni estere). E nello stesso momento che li compra li rivende a termine, cioè a una data futura. Gli stessi titoli alla stessa controparte. E i due prezzi, di acquisto e di rivendita, sono prefissati in modo da offrire un rendimento attualmente nell'ordine del 9,5-10,5 per cento su base annua. Ma perché tutto questo marchingegno? Unicamente a fini elusivi. Se infatti l'operazione apparisse con la sua vera natura, ossia appunto come un prestito, sarebbero dovute delle imposte. Inoltre un istituto di credito così facendo riesce a finanziarsi senza sottostare alle disposizioni relative alla cosiddetta riserva obbligatoria. Non è un caso che siano proprio alcune reti di venditori porta a porta, collegate con banche, a proporre con insistenza queste operazioni. Addirittura spacciandole come gestioni professionali di patrimoni. Questa fórma d'investimento ha però parecchi difetti, per cui se ne consiglia un uso molto moderato. Per cominciare ci sono gli aspetti fiscali. Che si abbia a che fare con una specie di elusione d'imposta o addirittura di evasione è una questione aperta. Non vi sono invece dubbi che in caso di eredità i Bot sono esenti dall'imposta sulle successioni. Ipronti contro termine invece no. Il loro grosso difetto e il loro grosso limite è però un altro. Ed è il fatto che sono illiquidi. Le obbligazioni, i titoli di Stato quotati e gli stessi Bot all'occorrenza possono essere facilmente venduti prima della scadenza. I pronti contro termine invece no. Sono quindi un investimento altamente illiquido, anche se a breve termine. Essi infatti sono apprezzati proprio per la loro breve durata. In genere tre mesi, a volte sei mesi, raramente di più. Ma è proprio qui che casca l'asino, per cui possono anche andar bene in circostanze particolari, ma in generale sono sconsigliabili. Ammettiamo che una persona debba pagare un appartamento fra tre mesi e abbia già sul conto la somma necessaria. In un caso simile può ottenere un briciolo di più rispetto ai Bot e l'operazione può anche avere un senso. Ben diverso è il caso di chi non ha nessun impegno finanziario imminente, a una data già prefissata, e tuttavia investe in pronti contro termine, magari addirittura rinnovandoli a ogni scadenza. Così facendo ci si rende probabilmente simpatici al direttore della propria banca, ma non si fa certo la scelta migliore. Da un lato infatti ci si incatena a un investimento illiquido, mentre con Bot, Btp, Cct ecc. bastano tre giorni per trasformarli in denaro contante. E le oscillazioni di prezzo sono trascurabili, se si evitano quelli troppo lunghi. D'altro lato si ottengono rendimenti molto poco allettanti. Rendimenti simili si possono ottenere appunto coi Bot (senza gli svantaggi che abbiamo elencato); e rendimenti anche maggiori con obbligazioni quotate a cedole trimestrali e indicizzate. Quindi senza nessun maggior rischio in fatto di tassi. Per chi poi teme un consolidamento del debito pubblico (per altro totalmente irrealistico), i prónti contro termine sarebbero proprio una delle maniere per restarne intrappolati. Resterebbe infatti preclusa ogni possibilità di smobilizzo nell'eventualità di un simile provvedimento. E lo sconquas so di tutto il sistema non solo finanziario ma anche bancario italiano, renderebbe inadem piente il debitore. Beppe Scienza
Persone citate: Beppe Scienza
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