«Gorbaciov? Sono pessimista» di Piero Bianucci

«Gorbaciov? Sono pessimista» A Paul Kennedy, docente alla Yale, il premio «Acqui Storia» «Gorbaciov? Sono pessimista» «LVrss non tornerà al ruolo di superpotenza» acqui TERME. Unione Sovietica a precipizio, Stati Uniti declinanti, Europa in eterno stallo, Giappone in crescita travolgente, Cina in probabile ascesa se risolverà i problemi di democrazia interna. E' la «hit parade» delle potenze mondiali secondo Paul Kennedy, 45 anni, storico irlandese trapiantato negli Stati Uniti, professore alla celebre Università di Yale. E il mondo arabo? E quell'Iraq contro il quale Bush sta schierando altri duecentomila uomini? «Non vedo i Paesi arabi fra le potenze emergenti. La ricchezza del petrolio conta poco se non si hanno scienza e tecnologia. Disponendo di molti soldi è possibile acquistare armi, ma questo non basta per garantire una supremazia duratura». Alto, asciutto, barba brizzolata, un po' disorientato dal salto di fusi orari ma già pronto a prendere un altro volo transatlantico, ieri sera Paul Kennedy ha ritirato il premio «Acqui Storia» (10 milioni) assegnatogli per il saggio «Ascesa e declino delle grandi potenze», edito in Italia da Garzanti nella traduzione di Andrea Cellino. La ce¬ rimonia, oltre alla consegna dei premi minori (ad Arno Mayer per «Soluzione finale» e a Mario Isnenghi per «Le guerre degli italiani», entrambi editi da Mondadori) ha visto un dibattito tra gli ex ambasciatori Luigi Ferraris, Roberto Gaja, Egidio Ottona e - in collegamento telefonico con l'Università americana di Harvard - Sergio Romano, tutti premiati come «Testimoni del tempo», un riconoscimento che da alcuni anni affianca l'«Acqui Storia». Agli storici, studiosi del passato, si chiede spesso anche di essere profeti, di scrutare nel futuro. Inutile dire che la crisi del Golfo Persico, con i suoi possibili sviluppi, direttamente o indirettamente è stata al centro dei dibattiti che si sono svolti al mattino nelle scuole di Acqui, al pomeriggio a Palazzo Saracco e la sera al Teatro Ariston. La tesi di Paul Kennedy è semplice: dalla Spagna del '500 all'Unione Sovietica di oggi, passando per l'Inghilterra e gli Asburgo, tutta la storia insegna che una nazione esprime tanta potenza militare quanta gliene consentono le risorse economiche. Ma cosi si innesca un meccanismo pericoloso: l'alto prezzo pagato per mantenere la supremazia militare intacca a un certo punto la stessa supremazia economica, e inizia il declino. E proprio questo sta succedendo all'Unione Sovietica. «Fino a pochi anni fa - spiega Kennedy - il Cremlino spendeva in armamenti più degli Stati Uniti. Ha commesso lo stesso errore degli Asburgo. So che in questi mesi il mio libro circola a Mosca e solleva molto interesse. Troppo tardi. Sono pessimista sulla capacità di Gorbaciov di risolvere gli enormi problemi dell'Unione Sovietica, non credo che questo Paese possa tornare al ruolo di superpotenza». E gli Stati Uniti? Bush non è in difficoltà quasi quanto Gorbaciov? «Bush è effettivamente debole in politica interna: il deficit del governo federale, l'indebitamento delle banche e delle industrie lo costringeranno a una politica di tagli molto impopolare, politica che avrebbe dovuto fare prima Reagan». Piero Bianucci