Dai Dodici un solo «no» a Saddam di Fabio Galvano

Dai Dodici un solo «no» a Saddam Unanimità al vertice Cee di Roma: il gioco degli ostaggi non incrina la solidarietà europea Dai Dodici un solo «no» a Saddam Chiesto il ritiro totale dal Kuwait Riproposta anche la mediazione Onu ROMA DAL NOSTRO INVIATO L'Europa serra i ranghi davanti alla sfida di Saddam Hussein. Nessun cedimento, dicono i capi di Stato e di governo della Cee; e soprattutto Baghdad non creda che il gioco degli ostaggi possa favorire la soluzione della crisi o incrinare la solidarietà dell'Occidente. Unanimi, come non sono stati per alcuni degli altri temi più importanti discussi al vertice di Roma, i Dodici hanno reagito senza incertezze ai pericoli di uno scollamento da quella che era stata finora la linea della fermezza nel solco delle risoluzioni Onu. Questa viene ribadita da Roma: nessuna soluzione, afferma il documento finale, è possibile in assenza di una loro piena attuazione. Ma va oltre: «Il Consiglio europeo - sostiene la dichiarazione dei Dodici - esige che l'Iraq ritiri le sue forze dal Kuwait immediatamente, completamente e senza condizioni; che il governo legittimo del Kuwait sia ristabilito e che tutti gli stranieri siano autorizzati a partire». I recenti episodi dei 33 inglesi liberati dopo la visita dell'ex premier britannico Edward Heath a Baghdad, o dei 330 francesi il cui rilascio era stato attribuito a un analogo ma ipotetico viaggio dell'ex ministro degli Esteri francese Claude Cheysson, hanno fatto apparire nel cielo della crisi il sospetto che Saddam voglia usare l'arma degli ostaggi non solo per creare uno scudo umano di fron- te alle sue installazioni, ma anche per indebolire e sgretolare la compattezza dell'Occidente. I Dodici, da Roma, cancellano con un colpo di spugna ogni ipotesi di quel genere. Essi riaffermano, infatti, «la loro totale solidarietà per consentire la liberazione di tutti i cittadini stranieri trattenuti in Iraq e in Kuwait»; ma soprattutto denunciano «l'uso senza scrupoli degli ostaggi da parte dell'Iraq al solo e vano scopo di tentare di dividere la Comunità internazionale». Non basta: affermano che «tale manovra, condotta in spregio ai più elementari principi umanitari, può solo complicare le possibilità di una soluzione della crisi». Su un piano pratico il vertice di Roma ha deciso - sulla spinta di una proposta lanciata da Andreotti - che i Dodici si rimettano per qualsiasi iniziativa ai canali dell'Onu. E questo significa, anzitutto, impegnarsi a non inviare rappresentanti dei loro governi per negoziare con l'Iraq la liberazione dei propri ostaggi; ma anche scoraggiare altri a farlo. Abbandonate quindi le ipotesi di iniziative separate o anche di un'iniziativa Cee, affidano al segretario generale dell'Onu, Perez de Cuéllar, la richiesta di inviare in Iraq un suo rappresentante, con l'incarico appunto di discutere la questione degli ostaggi. Ma i Dodici, superato un capitolo che poteva anche assumere il sapore di un processo alla Francia (Mitterrand ha tuttavia parlato a proposito del viaggio di Cheysson di non essere a conoscenza di «nessun contatto, nessuna delegazione, nessuna missione in Iraq in rappresentanza del governo francese»), hanno anche volto la loro attenzione agli sforzi diplomatici per disinnescare la crisi. Riconoscono l'importanza di risolvere tutti i problemi del Medio Oriente, ma ripetono che non c'è una diretta interdipendenza; anche la crisi arabo-israeliana, quindi, va affrontata al più presto (si riparla di Conferenza internazionale) ma non prima che sia risolta quella del Golfo. Andreotti, a chi gli domandava se l'attuale missione dell'inviato sovietico Primakov sia l'ultima chance per una soluzione pacifica, ha risposto non senza una ve¬ natura d'ottimismo. «Nulla è mai l'ultima chance - ha detto - e in fondo Primakov è già al secondo round della sua missione. Tutti sono impegnati a cercare una soluzione, ma con una premessa: che il Kuwait dev'essere restituito alla sua libertà». Andreotti ha anche confermato di avere ricevuto sabato una lettera da Arafat, in cui il leader palestinese richiamava l'attenzione degli Stati europei sul problema del suo popolo. Se ci sarà un impegno su quel fronte, ricordava Arafat, questo aiuterà la situazione generale. I Dodici, ieri, erano d'accordo; ma prima, hanno voluto sottolineare, occorre piegare il ricatto di Saddam. Fabio Galvano iim73J J Jjj J J Jm m m II ■ 11 Il cancelliere tedesco Helmut Kohl (a :in.), Andreotti e il ministro degli Esteri della Germania, Genscher, leggono il documento conclusivo dopo il summit di due giorni fra i leader della Cee che si è svolto a Roma