Alice nel paese Verdone di Donata Gianeri

Alice nel paese Verdone INTERVISTA / Parla il comico che a Natale proporrà il suo nuovo film, interpretato da Ornella Muti Alice nel paese Verdone «Sono io l'amico delle ragazze» Ha debuttato facendo il bidet. Poi, passò ai tic e al frasario dell'italiano medio, dal «fracico» di periferia, al mammone con le palle degli occhi roteanti, al professore di lettere con l'asma, le dita gialle di nicotina, l'unghia lunga al mignolo. Abbandonati anche questi «perché il gergo oggi cambia troppo in fretta e col gergo tic», Carlo Verdone ha deciso di puntare su se stesso, diventando una sorta di compendio dei turbamenti, delle preoccupazioni, dei problemi di una generazione: cosa che lo ha reso popolare e amatissimo perché nella vita degli uomini c'è molta più sconfitta che vittorie. I suoi film non sono per gli yuppies, ma per tutti coloro (e sono tanti) che hanno perso l'autobus, vivono con la donna sbagliata e vedono regolarmente l'oggetto dei loro sogni involarsi con un altro. Allora si rifugiamo al cinema e ritrovano se stessi, scoprono come persino la banalità possa diventare straordinaria, o divertente, e si consolano pensando che anche Carlo Verdone, poveretto, è uno di loro. Invece, no. Il successo lo ha reso sicuro, e cancellando le sue antiche timidezze, lo ha autorizzato ad essere coraggioso. Oggi, sta montando il suo ultimo film che uscirà, naturalmente, a Natale: Stasera a casa di Alice. Accanto a Verdone ci saranno Ornella Muti e Sergio Castellitto. «E' la storia di una coppia di amici che ha un'agenzia di viaggi sacri. I due, molto ammanicati col Vaticano, hanno in comune un'etica rigorosissima e il fatto di aver sposato due sorelle, quelle, appunto, che gli hanno portato in dote l'agenzia. Ma ecco che in questa vita programmata e grigia entra come un tifone Alice e tutti e due ce ne innamoriamo perdutamente. La Muti, qui, non incarna una donna fatale, né una puttana, semplicemente una donna fuori dai nostri canoni usuali, piena di follie e nevrosi». — I suoi film nascono perché le urgono dentro o semplicemente perché si è prefisso di farne uno all'anno? «Nascono anzitutto perché io sono uno che ha bisogno di lavorare continuamente. Anche se ho deciso che questa è l'ultima volta, il prossimo Natale, niente: voglio prendermi una lunga pausa di riflessione, e preparare un film di cui curerò soltanto la regia». — Vuol dire che non reciterà più? «Voglio dire proprio questo. Perché, vede, un personaggio come Carlo Verdone è di grande ingombro in quanto il pubblico, bene o male, si aspetta determinate cose da lui. E sinora ho sempre dovuto combattere contro me stesso. Ora vorrei, per un attimo, lasciarmi in di¬ sparte e concentrarmi invece sulla regia, raffinarla, puntando sul massimo del perfezionismo: e uscire sul mercato con un signor film». — Ha già pronta anche la storia? «Sarà una storia di donne: una storia di amiche con tutti i loro problemi, qualcosa di corale come Compagni di scuola visto dalla parte di lei. D'altronde, io credo di conoscere la psicologia femminile meglio di quella maschile». — Manfredi sostiene che voi, nuovi comici, non usate l'arma della comicità per fustigare i costumi, come dovreste. Evitate, cioè, di affrontare i grandi problemi. «I grandi problemi vengono già affrontati quotidianamente dalla televisione col suo Telefono giallo, il suo Chi l'ha visto?, le sue tavole rotonde e i suoi esperti: ne abbiamo tutti le tasche piene. Io credo che a noi spetti invece raccontare i piccoli problemi quotidiani, quelli che ci toccano da vicino, i problemi del condominio, dell'aumento di stipendio, dei figli, della moglie. Dobbiamo raccontare piccole storie di piccola gente come ci insegnò, a suo tempo, De Sica». — Pensa di piacere perché l'italiano medio si riconosce in lei? «Certo: anche se ognuno rivede in me l'amico, il conoscen¬ te, il dirimpettaio, il vicino di ombrellone. Mai, se stesso». — Qual è oggi la sua fonte d'ispirazione: sempre la gente in autobus, come un tempo? «Sull'autobus non ci vado più, perché è un inferno. D'altronde l'imitazione del personaggio ormai non regge: l'invenzione di certi modi di dire o la dissociazione di certe frasi passa di moda troppo in fretta. Il gergo poi è qualcosa di squisitamente nazionale, superato in un momento in cui si va incontro al cinema europeo, dove non hanno più importanza i personaggi, ma le storie. Il mio film II bambino e il poliziotto è stato venduto in tutto il mondo con successo enorme». — Perché, secondo lei?, «Forse perché nella carriera di un comico dev'esserci per forza il film con bambino: è una tappa inevitabile». — Il successo, l'ha cambiata? «Il successo, purtroppo, cambia tutti: credo di essere diventato un pochino più cinico. Voglio dire, non riesco più a provare quelle forti emozioni, quelle tensioni che sentivo una volta. E mi dispiace. Anche se è una forma, inevitabile, di autodifesa che rientra nella logica della sopravvivenza. Se non fosse così, dovrei morire ogni Natale quando esco col mio ultimo film». Donata Gianeri Carlo Verdone. L'anno prossimo sarò solo un regista

Persone citate: Carlo Verdone, Compagni, De Sica, Ornella Muti, Ornella Muti Alice, Sergio Castellitto, Verdone