Così Sara è morta nella notte di unedì di Emio Donaggio

Così Sara è morta nella notte di lunedì ÌUna lettera per la ragazza che ha usato il tubo di scarico dell'automobile per togliersi la vita Così Sara è morta nella notte di lunedì «Sono l'unico a non essersi stupito di quanto era successo» Caro direttore, Sara è morta tra lunedì e martedì. Ha usato il tubo di scarico idell'auto per togliersi la vita ed era così notoriamente serena che anche i carabinieri esitavano a prenderne atto. Io ho impiegato tutti questi giorni a scriverti, poi sono stato sopraffatto dalla mia vocazione alla cronaca. Sara Cena che qualche volta incontro e mi parla dei suoi dubbi, l'ho conosciuta quando ha cominciato a lavorare nella più brande profumeria torinese. SoJno l'unico che non si ò stupito quando ho saputo... Mi sono venute le lacrime. Non ero comimosso e neppure incazzato: solo desolato. Gassino si ò raccolta intorno alla famiglia di Sara nel giorno del funerale. C'erano molle commesse che non riuscivano e darsi pace. Gli altri, quelli un po' più in su nella gerarchia di chi ci gratifica in bagno, non c'erano. Il grande profumiere che pure premia con ostentati week¬ end in barca il personale, non se l'è sentita di chiudere per qualche ora l'antica sede della sua azienda, dove lavorava Sara. Il prete, mi riferiscono, non ha fatto retorica ma si è preoccupato di alleviare quanti, in qualche modo, si sentivano in colpa. Sara non si è chiusa in auto per una qualche imperscrutabile crisi, tipo «eh, questi giovani non si sa più che cosa vogliano...» Aveva problemi seri. La grande profumeria è un bazar di ragazze che devono vendere a caro prezzo piccole chimere. Ambiente fosforescente per una morte triste. Lì sorridono e tracimano, in ogni minuto delle otto ore di lavoro, gentilezza e cortesia, ma ad ogni vendita quello che conta è il bollino che si piazzano sul dorso della mano: la percentuale. Sara era arrivata a essere cassiera e addetta all'ufficio acquisti. Al posto della sorella che se n'era andata per vivere da mamma. Ha avuto un incidente, una lesione permanente, le vertebre cervicali che fanno un male d'inferno. Deve tornare al lavoro («Dopo un bel po'» specifica una delle serventi massime del grande profumiere). Con un collare. Sara, una decina di giorni fa la incontro, mi sorride, non ha il collare e mi dice che fatica, che non la trattano più come prima. «Non ricordava più le cose..» precisa la servente amministrativa del profumiere. Penso a Sara che voleva ricuperarsi col lavoro per cui si alzava prima delle sette e tornava a sera inoltrata. Penso alle ragazze che hanno pianto. Gli altri non c'erano. Sara non si lamenta. Dice che forse tornare al lavoro al meglio, le sarebbe piaciuto di più di quanto le stava succedendo. Mi sorride e non per vendermi un after shave... Mi chiede come sto.. A me, segnato dal cancro e dagli anni, con grande e vera cortesia.. Come se fosse alla cassa e volesse assicurarsi che avessi comprato i prodotti giusti. Sono certo che sapesse fare il suo lavoro. Niente serve a rassicurarci, dice Oreste del Buono a proposito del giovane che nello stesso giorno si è tolto la vita ma dopo aver scritto a «La Stampa». Non mi consola di aver detto a Sara di licenziarsi. Sorrise. Intendeva che lì aveva imparato, lì doveva riprendere anche con la schiena a pezzi. E' rimasta sopraffatta. Forse dall'ennesima incomprensione, almeno così piangono le amiche. L'inconfutabile è che si è messa il sorriso professionale e ha abbracciato con enfasi le colleghe: «Sembra primavera» ha esclamato secondo la versione di palazzo come per escludere ogni coinvolgimento. Si è ammantata di gioia e l'ha trasferita a casa: «Vado a una festa». Non è mai arrivata alla festa. Il bazar è rimasto aperto come se Sara fosse da dimenticare. Già dimenticata. Emio Donaggio

Persone citate: Oreste Del Buono, Sara Cena