A.A.A. Cercasi difensore civico

A.A.A. Cercasi difensore civico A.A.A. Cercasi difensore civico E' da 2 anni che la Regione deve sostituirlo Il difensore civico dimenticato. Vittorio De Martino, ombudsman del Piemonte dall'82, è scaduto da due anni (dal 2 dicembre dell'88), ma pochi in Regione sembrano preoccuparsene più di tanto. Già a febbraio hanno tentato di sostituirlo. Non ce l'hanno fatta e hanno lasciato perdere. D'altra parte sia gli uomini del pentapartito che quelli dell'opposizione non pensavano ad altro che alle elezioni. Occasione buca e una proroga per il castigamatti della burocrazia in carica. Poi il solito copione: voto, trattative estenuanti, giunta. E ora le nomine. Nell'elenco che Carla Spagnuolo, presidente del Consiglio, ha voluto subito, il difensore civico c'è. Ma finora solo sulla carta. Nessun nome e neppure indiscrezioni per tre lunghi mesi. Ora è il capogruppo della de, Rolando Picchioni, a farsi capofila di un'operazione che porterà al rinnovo del difensore civico. Ma ci vorrà ancora tempo. Nessuno lo ammette, ma questa non è che un'altra prova della vita grama cui l'uomo che è dalla parte del cittadino è stato obbligato: graditissimo a parole, trascurato nei fatti. Certo, non è facile trovare un nuovo candidato. Dovrà offrire doti di assoluta imparzialità e un gradimento di tutti i partiti. Ma con un po' di buona volontà il nodo sarebbe già stato sciolto. Accolto trionfalmente, salutato come l'avvocato dei poveri che avrebbe tenuto testa alle prepotenze della burocrazia, il difensore civico è stato, in realtà, sempre sopportato. Lo provano tre fatti incontestabili. Prima di tutto la legge gli dà pochissimi poteri. Può urlare e basta. Inoltre le sue relazioni, unico strumento per segnalare le disfunzioni, sono sempre state discusse con ritardi da Guinness: da sei mesi ad un anno dopo. Sempre c'era qualcosa di più importante da decidere. E adesso la «proroga» di due anni. Ma lui, poco amato dai politici, ha lavorato moltissimo. Vittorio De Martino (che non potrà più essere rieletto per legge) della burocrazia sapeva tutto perché è vissuto in mezzo a circolari, decreti e disposizioni. Sapeva dove colpire e lo ha fatto. In otto anni ha accumulato sulla scrivania del suo ufficio, in fondo al cortile di palazzo Lascaris, migliaia di lettere: rimbrotti a ministri, rimproveri a direzioni generali, osservazioni ai funzionari. E la gente ha creduto in lui: quasi un migliaio ogni anno ha sollecitato il suo intervento. Alla sua porta hanno bussato decine di famiglie con problemi condominiali, sfrattati senza più speranza d'aver casa ed ogni sorta di disperati. Ma ora se ne va con grande amarezza. Contro la burocrazia la battaglia è quasi impossibile. Ci sarà sempre un cavillo, una nuova disposizione in grado di rivoluzionare qualsiasi risultato. A volte si è lamentato della sordità degli uffici regionali. Lo ha fatto con grande tenacia ma pochissime volte è stato richiamato. Tanto che in un intervento a palazzo Lascaris il comunista Gilberto Valeri ha detto: c'è da chiedersi se non sia «il caso di definire alcune regole elementari di comportamento che rendano obbligatoria una risposta alle osservazioni fatte evitando i lunghi tempi di attesa». Al centro della sua delusione, la scarsità di poteri e di incisività, e la quasi generale disattenzione dei politici. Troppe furbizie e troppi ostacoli sulla sua strada. Ora questo ritardo molto lungo per la ricerca di un successore sembra dargli ragione. Un don Chisciotte con le armi spuntate non fa paura a nessuno, ma bisogna ammettere che pochi ancora lo conoscono. Gian Mario Ricciardi

Persone citate: Carla Spagnuolo, Gian Mario Ricciardi, Gilberto Valeri, Lascaris, Rolando Picchioni, Vittorio De Martino

Luoghi citati: Piemonte