Una sola assemblea per il No

Una sola assemblea per il No Una sola assemblea per il No Proporrà un altro nome, per i comunisti ROMA. Nessuna mozione unitaria, solo la volontà di «convocare, nei giorni successivi alla Conferenza programmatica, una assemblea nazionale delle compagne e dei compagni di tutte le federazioni e ài procedere ad un'ampia consultazione in tutte le organizzazioni sulle prospettive congressuali, sui probliemi oggi in discussione e sugli orientamenti politico-programmatici emersi al seminario di Arco». Così si è conclusa la riunione del Coordinamento nazionale del No al nuovo corso del segretario Occhetto, che ha visto fianco a fianco l'area dei comunisti democratici e gli esponenti della ex mozione tre, quella del senatore Cossutta. Stipati nella sala per le conferenze stampa - e non in quella dove si svolgono le riunioni della direzione o del comitato centrale - i 54 delegati hanno annunciato che porteranno al prossimo comitato centrale (sarà fissato con il compito di convocare il congresso), ciò che verrà deciso dalla loro assemblea nazionale. Solo da lì scaturirà «una soluzione che ripro¬ ponga, anche nel nome, l'identità dei comunisti italiani». Per ora nient'altro. Giunti alla spicciolata, gli oppositori alla linea della segreteria hanno subito commentato duramente la scelta dell'Unità di allegare ad ogni copia, ieri, il manifesto a colori con il nuovo simbolo del «pci-pds» di Occhetto, quello con la quercia che affonda le sue radici nel tradizionale stemma dei comunisti italiani. «Ma come, quella di Occhetto non era solo una proposta? - chiede con ironia Piero Salvagni, consigliere comunale a Roma -; eppure l'Unità ne ha diffuso il manifesto come se i giochi fossero già fatti». Gli fa eco Lucio Libertini: «Anticipare decisioni che il partito non ha preso è frutto di un comportamento scorretto». «Noi non abbiamo scomodato né grafici né esperti di immagine», ha aggiunto Salvagni, ma intanto pare che qualcuno abbia portato la riproduzione del simbolo così come potrebbe comparire nelle schede elettorali: «E' la vera liquidazione della falce e martello - ha affermato un militante lombardo -; con quelle dimensioni, nella scheda si vedrà solo una quercia che assomiglia tanto ad un garofano, ed una macchiolina indefinita alla sua base». Tesi, riservati, ma ancora divisi al loro interno, tutti si astengono dal fare dichiarazioni nella breve pausa di pranzo, quando si capisce che la riunione si sarebbe protratta ben al di là delle poche ore in programma. «E' una discussione franca - ha affermato diplomaticamente Diego Novelli -; vi sono diversità di vedute e nessuna ricetta già pronta». Gli attacchi ad Occhetto si sono comunque sprecati, soprattutto dopo la frase pronunciata venerdì, quando il segretario comunista - nel presentare la proposta, poi ritirata, di un referendum fra gli iscritti disse che il patrimonio del pei «non è di un'oligarchia, ma di tutti gli iscritti»; la risposta di quelli del No è stata durissima: «Si tratta di un tentativo di comprimere la discussione non solo nella minoranza ma anche della maggioranza» hanno affermato Luciana Castellina e Mario Santostasi, coordinatore del No. «Il tentativo di creare un clima plebiscitario - è stato scritto poi nel comunicato finale - soffoca il pluralismo del dibattito e costituisce un grave impedimento ad uno sviluppo sereno e corretto del confronto congressuale, rappresentando un netto arretramento anche rispetto alla pratica del centralismo democratico». Secondo gli esponenti del No anche all'interno dello schieramento del Sì vi sarebbero «differenzazioni espresse sulle dichiarazioni di intenti di Occhetto», taciute «perché possono creare una situazione nuova nei rapporti tra maggioranza e minoranza». Ma il vero problema, per il senatore Libertini, è che Occhetto «fa una proposta che esce dal cammino del comunismo e del socialismo, andando verso una via misteriosa». Dalle polemiche sembra invece defilarsi il principale leader del No, Pietro Ingrao. Dopo l'intervento della mattinata, l'anziano esponente comunista è andato a pranzo, e non si è più fatto vedere. Dario Celli

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