Cesare Pavese ritorna oggi al liceo D'Azeglio di Bona Alterocca

Cesare Pavese ritorna oggi al liceo D'Azeglio Cesare Pavese ritorna oggi al liceo D'Azeglio Oltre il mito, nel ricordo del grande Augusto Monti, Usuo maestro cliché tramandato da Davide Lajolo e da Bona Alterocca - tanto per citare due biografi di Pavese - regge ad una verifica critica più approfondita. Non si tratta necessariamente di demolire qualcosa, si tratta semmai di andare oltre il mito. E in questo senso ci si può accorgere che quella scuola «politica» nella sua accezione più alta, quella fucina di impegno civile da cui vennero fuori i Bobbio e i Ginzburg, i Mila e i Foa, non segnò Pavese. Egli restò un letterato, o se vogliamo, un uomo inquieto, turbato, incerto, incapace di passare all'azione proprio perché il suo tormento interiore non glielo consentiva. L'icona di un Pavese espressione di quella che Monti chiamava «scuola di resistenza» è poco credibile. O, se vogliamo, non è possibile dare giudizi politici su un uomo e uno scrittore che confessava proprio a Monti di non capire nulla di politica. Pavese si formò al D'Azeglio in¬ vissuta in prima persona. Secondo il preside Ramella che ha voluto l'incontro su Pavese, «l'eredità dazeglina dello scrittore risiede in quell'impronta di rigore morale e di onestà intellettuale lasciatagli dai suoi maestri, non solo da Augusto Monti». E questo è già un primo punto su cui riflettere. Se è vero che è stato Monti nei suoi Conti con la scuola a delineare il ritratto più vivo di Cesare liceale, andrebbero tuttavia ricordati non solo altri docenti quali il matematico Pilo Predella, ma anche l'ambiente nella sua globalità che - malgrado non fosse stato risparmiato dal clima plumbeo del fascismo (pensiamo a cosa accadde al giovanissimo Giancarlo Pajetta, cacciato da quel liceo) - si rivelò comunque, almeno per alcuni anni, una scuola totalmente diversa rispetto alle altre. Ma si dovrebbe anche valutare - dopo tanti anni - se un certo nanzi tutto come studente: se si leggono i voti da lui riportati nel triennio di liceo moderno (senza il greco) da lui frequentato al D'Azeglio tra il '23 e il '26, si nota un curriculum scolatico piuttosto brillante: 8 e 9 in italiano, buoni voti in latino, storia e filosofia. Come per molti allievi del classico, le sue valutazioni nelle materie scientifiche non arrivavano invece molto oltre la sufficienza. In seconda liceo, a causa di un'assenza dovuta a una pleurite (contratta, secondo i biografi, per aver trascorso lunghe ore al freddo e alla pioggia in attesa di una ballerina che non si fece trovare all'appuntamento) rischiò di essere rimandato,.ma.fu il duro prof. Predella a sostenere l'opportunità di promuoverlo, tenuto conto del rendimento complessivo e delle qualità intellettuali del ragazzo: una prova che, anche senza «decreti delegati», la scuola sapeva essere giusta e comprensiva con ì capaci e i meritevoli. Pavese, dopo l'esame di maturità, cercò l'amicizia di Monti, ma il loro fu un rapporto abbastanza conflittuale anche se molto aperto. Rientrò al liceo come supplente ed ebbe fra gli allievi quella Fernanda Pivano, di cui s'innamorò. E' significativa la testimonianza dell'ex alunna: «...le lezioni d'italiano di Pavese furono per noi come dei concerti, piene com'erano di fascino e di armonia. Per quanto concerne il latino, invece, ricordo che Cesare durava qualche fatica ad affrontare i classici all'impronto. Spesso la traduzione non gli riusciva fluida (...). «E allora si mordicchiava il labbro inferiore e si arrotolava il ciuffo». Secondo Monti, Pavese avrebbe dovuto intraprendere la carriera dell'insegnamento e non potè sostenere il concorso perché i fascisti proprio in quei