«Augusto, li libereremo»

Ricerche in tre regioni del bimbo sequestrato a Perugia Ricerche in tre regioni del bimbo sequestrato a Perugia «Augusto, li libereremo» Papà De Megni a «Chi l'ha visto?» PERUGIA. Quattro uomini attendono nell'oscurità Dino De Megni e suo figlio Augusto. Li bloccano, li imbavagliano e fuggono portandosi con loro il bambino. E' la ricostruzione del rapimento realizzata per la trasmissione di Donatella Raffai «Chi l'ha visto?» andata in onda ieri sera su Raitre. «Non nascondiamo la nostra speranza - afferma Roberto Olla, il giornalista che ha curato il collegamento da Perugia -; vorremmo che accadesse ciò che è successo nella puntata sul caso Tacchella, quando un'ora dopo la trasmissione arrivò la prima telefonata dei rapitori». Il collegamento con Perugia si è aperto con una «chiacchierata» di Dino De Megni che dice a suo figlio che presto sarà libero e tornerà a casa. «L'obiettivo - dice Olla è comunicare al ragazzo serenità, come riusciva a trasmetterla "via video" Imerio Tacchella alla piccola Patrizia». Gli inquirenti non hanno impedito la trasmissione, anche se non nascondono le perplessità: «Certo, qualche risultato positivo in passato c'è stato - afferma il dottor Alberto Speroni, capo della squadra mobile di Perugia - ma è improbabile che influisca in qualche modo sulla volontà dei sequestratori». Gli fa eco il sostituto procuratore della Repubblica Fausto Gardella: «E' una strategia talmente difficile, basata ancora sul proba- bile, sull'incerto, che non mi sento di dire se la trasmissione possa dare risultati positivi per il nostro lavoro, che va avanti anche di domenica». Si tratta soprattutto di lavoro investigativo - precisa Speroni - realizzato assieme alle squadre mobili di Umbria, Toscana, Lazio e Marche. Le vere e proprie battute arriveranno più tardi». In Questura nessuno vuole parlare dei risultati delle ricognizioni effettuate nei boschi attorno a Perugia, sul versante ternano del monte Peglia, nelle La villa dove è stato rapito il piccolo Augusto De Megni campagne intorno a Tavernelle e Città della Pieve, sulle colline di Umbertide, e ieri nelle Marche, fra Pesaro e Fabriano. Nessuna conferma nemmeno sui possibili collegamenti con il rapimento di Mirella Silocchi, la donna di Parma in mano all'anonima sarda da un anno e mezzo. Le analogia fra i due sequestri sarebbero peraltro molte: anche quattro uomini del commando del rapimento Silocchi parlavano con un forte accento sardo e attesero che la vittima fosse sola in casa prima di irrompere nella villa e trascinarla via; e anche l'abitazione della donna si trova nei pressi di incroci autostradali, come la villa di Dino De Megni. Nessuna conferma ufficiale, da parte degli investigatori, in merito alle ricerche dell'automobile usata dal commando per fuggire da Perugia. Del centinaio di auto trovate nel triangolo Umbria-Toscana-Lazio una avrebbe attirato l'attenzione degli inquirenti: un'Alfa 75 turbo-diesel verde, targata Perugia, rubata due giorni prima del sequestro a Bastia Umbra e ritrovata nell'Alta Val di Cecina, tra Castelnuovo e Pomarance, in provincia di Pisa, in una zona particolarmente «battuta» dall'anonima sarda in occasione del sequestro Kronzucker e forse per quello di Esteranne Ricca. Una squadra della «scientifica», coadiuvata da unità cinofile, è sul luogo del ritrovamento, per analizzare un biglietto, vergato da scrittura infantile, che sarebbe stato rinvenuto nella vettura. «Di battute e perquisizioni, non smettiamo di farne - dice il giudice Gardella - controlliamo tutte le segnalazioni che ci vengono fatte, ma soprattutto stiamo preparando un tappeto di indagini in modo da poter rispondere adeguatamente alle prime mosse dei sequestratori». ffa Dario Celli