Le sorelle del cinema ed il loro

Le sorelle del cinema ed il loro nemico Due modi di interpretare il proprio ruolo nei confronti di un mondo che dà soddisfazioni e angosce Le sorelle del cinema ed il loro nemico Tutti i «sì» delle Comencini ed i continui «no» di Manfredi Cristina Sono brava tengo bene Si parla spesso di donne in carriera usando quel tono con cui si trattano le questioni d'illegittimità. Guai se la scalata ai posti di responsabilità vanno a magnifiche regine. Nel campo della creatività poi, quando il protagonista è di sesso femminile, si adombrano anche ipotesi d'incontri fortuiti fra estro e bellezza che avrebbero infranto soltanto casualmente vecchie regole maschiliste, conferendo così eccezionalmente alla donna-artista i suoi particolari talenti. Anche il mondo del cinema si dice che releghi le donne a ruoli comprimari, costringendo!le in angusti spazi che mal si addicono alle lonrautentiche forze. Contro il nemico, la regista Cristina Comencini ha fatto un quadrato vincente insieme con le sue tre sorelle: infatti tutte e quante lavorano nel cinema. Il suo ultimo lavoro che vedremo fra poco, «I divertimenti della vita privata», è un film ambientato nella Parigi del 1792, interpretato da Giancarlo Giannini, Delphine Forest, Christophe Malavoy e con la partecipazione di Vittorio Gassman. Si capisce subito dall'energia della voce e dai contenuti, che Cristina Comencini ha la tempra del combattente e il geniaccio dello stratega. Figlia del celebre regista Luigi Comencini, dice che suo padre le ha insegnato molto, ma senza volere, «soltanto osservandolo lavorare, perché lui non è mai stato uno che insegna». E' signorina? «Signora. Sposata due volte: la prima a 19 anni... e due bambini. Poi un'altra, ma senza figli». Figli tranquilli? «Uno di 16 anni, l'altro di 13: entrambi molto critici». Provi a descriversi... «Molto bionda, carina, un carattere tenace che però non intende ostacolare la fatalità». E si sente contenta? «Direi di sì: nei limiti del possibile». Quanti hanni ha? «Trentasei. Un'età bella: meno insicurezze di prima con identica vitalità». Perché una laurea in Economia e Commercio? «Mi piaceva la matematica e la statistica. Credevo che attraverso l'economia si potessero capire molte cose. Ancor oggi mi piace molto la matematica che resta un validissimo strumento...». Per la fantasia? «E perché no? La fantasia è il mio mondo, un mondo che però mi piace inventare. Amo le favole e anche la realtà... quando allude». Gioca anche? «Sì. Ma su alcune cose non si gioca: come la sofferenza e la violenza. Non sono cinica insomma». Che cosa significa fare il cinema? «Quando uno fa, non sa mai bene che cosa sta facendo. Occorre trovare uno stile nuovo. Ad esempio andare all'indietro nel tempo per raccontare personaggi d'oggi». Come in questo suo film? «Penso aia un lavoro svelto e divertente. Sono state riprese dure per via dei tempi ristretti per un film in costume. Devo dire che ho anche temuto di non farcela... Ebbene sono più brava di quanto pensassi perché ho tenuto bene». Chissà quanti episodi avrebbe da raccontare una come lei che ha vissuto il cinema fin da bambina... «Un flash? Ecco, ricordo il salotto di casa con gli sceneggiatori Age, Scarpelli, Suso Cecchi D'Amico che urlavano. Ma era per capirsi. Adesso il lavoro collettivo, il confronto, non esistono più». Qualcos'altro? «Sì. Sul set del film di mio padre "Tutti a casa". Una scena di guerra che io piccola non volevo perdermi. E mio padre che mi dice: "Così vuoi rimanere? E allora resta", e mi mette dentro un armadio che era in campo per esigenze di scena. E io rannicchiata lì dentro, al buio, che sentivo scoppiare le bombe a pochi passi. Da morire di paura». Che cosa consiglierebbe a chi sogna una carriera come la sua? «Di scrivere subito per il cinema. Imparare la scansione del racconto cinematografico, che è particolarissima». Ha qualche rimpianto? «Sì, quello di non avere mai avuto un'epoca per me. Ho cominciato un viaggio con la vita troppo presto. Così forse mi è mancato il tempo per guardarmi dentro». Cristina Comencini però questo tempo in qualche modo deve averlo rubato. Perché sa che cosa vuole. Conosce bene le trappole messe in atto dagli uomini per impedire l'avanzata delle donne sulle stesse ampie strade maschili. A tal punto che nel suo film il gioco dei sentimenti equivocati di continuo, forse, sono un pretesto per insegnarci (ma senza parere come faceva papà) che la donna è in grado di replicarsi con successo in diversi ruoli sul complicato palcoscenico della vita. E lei signora come si trova nella parte della mamma? «Sono affettuosa». Affettuosa e basta? «Chi si sacrifica troppo, dopo farà scontare tutto ai figli. Bisogna voler bene, ma anche volersi bene. Il resto lo fa la vita». Parole sante. Nevio Boni Cristina Comencini. «Ho 36 anni: meno insicurezze di prima e identica vitalità»

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