A Rivara, nel Canavese, itinerario-indagine tra i nuovi linguaggi e materiali di Angelo Mistrangelo

Arte e natura, nozze al Castello A Rivara, nel Canavese, itinerario-indagine tra i nuovi linguaggi e materiali Arte e natura, nozze al Castello «Per poter ancora ricorrere alla fantasia» RIVARA (Torino) CINQUE anni dalla prima mostra, dedicata a «Rèver et Revenir a Rivara» di Aldo Mondino, il Castello di Rivara, nel Canavese, prosegue nella proposta di esperienze legate all'arte contemporanea, al «rapporto opera/ambiente» e ai lavori dei giovani artisti. Organizzate dalla galleria Franz Paludetto, queste rassegne hanno offerto precisi riferimenti intorno alla ricerca di Gianni Piacentino e a quella degli artisti inglesi e tedeschi ospitati nel 1989, agli interventi di Biffaro, Meneghello, Ragalzi, Kirchoff, Satprakash e Vetrugno. Ne deriva una determinante indagine sugli attuali risvolti espressivi, sui linguaggi, sui materiali che caratterizzano le strutture compositive dell'arte della seconda metà del Novecento. Strutture che sorprendentemente trovano collocazione nelle stanze di questo Castello, che fu adibito a sede estiva dell'Accademia militare e, tra il 1859 e il 1877, vide la nascita del «Cenacolo» di quei pittori che intorno a Carlo Pittara costituirono la «Scuola di Rivara». E da quel lontano incontro di personalità (da Avondo a Rayper a d'Andrade), si è ora approdati agli aspetti e alle istanze creative degli artisti invitati nell'ambito della mostra. «C'è cultura perché c'è natura. C'è natura perché c'è cultura». In tale contesto si è voluto sottolineare un itinerario che si riferisce alla «visione totale del mondo d'oggi, ma anche alle immagini reali secondo le regole romantiche della visione interna ed esterna..., per poter ancora ricorrere alla fantasia che non si stacca dal rapporto con il mondo vissuto». Curata da Marlis Griiterich, l'esposizione è imperniata sulla presenza di Bencini Tesi e di Barbara Manz, di Tibes, con la raffigurazione di profili di cani in un'atmosfera rarefatta, e di Chiais, di Exner e Carolin Lin- ding. Sino al 31 ottobre si possono, quindi, vedere il Radiator di Riechers e gli elaborati di Gerhard e Matteo Licitra & Anna Mari. Paludetto propone le opere del savonese Bruno Locci. Dopo le personali alla Galleria «Pinta» di Genova, allo Studio «Corrado Levi» di Milano, alla «Ficheroulle» di Bruxelles, questo nuovo appuntamento con i suoi lavori costituisce un ulteriore documento di un programma che, come già evidenziato, rappresenta una dimostrazione della vitalità delle iniziative del Castello. Il discorso di Locci è definito mediante «libri-testimonianze» che riconducono a una scelta di immagini di un mondo talora anonimo, sicuramente segnato da una quotidianità scaturita da piccole cose, da fotografie conservate in vecchi cassetti, da «scatti» ingialliti dal tempo. Locci recupera frammenti di un passato legato, nell'immediato secondo dopoguerra, dall'arte di Morlotti, Rosai, Savinio, Guidi e Carrà, dalla maternità di Elisabetta d'Inghilterra, da Kubler che vinceva il Tour de Franco. Le sue esperienze sono infatti ripercorribili attraverso i volumi II giallo di Gallura (con le impressioni colte dal viaggio a Parigi e da quelle a Venezia), Archivio e Signore e signori qui si dà inizio al gioco. In particolare, in Signore e Si¬ gnori le scene pongono in primo piano figure di una umanità varia, vista attraverso i suoi «piccoli miti», di uomini e donne che «sembrano essere più che mai decisi ad ignorare il loro tempo in nome di un'allegria (solo formalmente diversa da quella che si ostenta ancor oggi) che in modo fin troppo evidente può sembrarci grottesca e ridicola». A queste parole di Ilaria Bignanini fa riscontro la «scoperta» di una società contrassegnata dalle giovani coppie di sposi, dalla radio «grande come un mobile», dalle tendine trasparenti alle finestre, sino ai volti sognanti delle donne degli Anni 50, alle foto di interni con le tipiche pose stereotipate che sembrano esprimere: «Sì, in fondo era la sua festa e dovevamo tutti sorrideigli». L'obbiettivo che fissa i battelli su acque percorse dalla prima luce dell'alba, un romanziere e una ragazza seduta su di un prato, contribuiscono inoltre a recuperare un universo di simboli che appartengono alla storia come i giorni di scuola, i compagni tra i banchi, la voce dell'insegnante: «Studiava, poi si alzava subito e non capiva mai niente di quello che leggeva. Gli venivano sempre in mente il professore e, uno a uno, tutti i suoi compagni». Angelo Mistrangelo a,SÈ> Al B. Locci: da «Signore e signori» (part.)