Giocattoli d'oro per ammiragli di Irene Cabiati
Giocattoli d'oro per ammiragli Storia di regate, amori, affari e trofei in «Visti in barca» di Zaccagnino Giocattoli d'oro per ammiragli Da Cleopatra a Gardini in barca coi vip w lUCIDE, solenni e quasi ; irreali, le barche dei Vip j sono come fortezze, ben I i difese dalla loro "stessa Sbii imponenza, austere e impenetrabili. Re, principi e miliardari le usano per passione o per noia, come casa delle vacanze o come ufficio di rappresentanza, come laboratori di ricerca o macchine da corsa. Giocattoli costosi, quasi sempre belli, massime espressioni del benessere in ogni epoca storica. Vincenzo Zaccagnino dedica loro il suo ultimo libro, «Visti in barca», edito da Longanesi e presentato sabato a Portofino in occasione delle regate autunnali «Mitsubishi». Delle tre chiavi di lettura offerte dal corposo volume, la mondanità (un intreccio di amori famosi dove il mare serve soltanto da sottofondo), la storia delle barche (utile agli specialisti) e l'epopea della navigazione da diporto, quest'ultima è senza dubbio la più interessante. Zaccagnino incomincia con Cleopatra e il suo vascello spinto da remi argentati e vele di lino rosso e con i panfili romani usati per finte battaglie navali. Ma la vera storia del diporto, nella cultura occidentale, si avvia con le gare dei velieri organizzate dai ricchi mercanti olandesi e con Pietro il Grande. Lo zar fondò il primo circolo nautico della storia (Fondazione flottiglia della Neva) e, lui stesso carpentiere, promosse la costruzione di cento barche da diporto. Il piacere di navigare su lussuose imbarcazioni si diffuse con facilità fra i nobili inglesi che consideravano disdegnoso l'uso delle macchine a vapore. Ma la regina .Vittoria, che soffriva il mal di mare, non disdegnava affatto seguire le regate nel Solent a bordo dei suoi yacht a vapore, i «Victoria & Albert». Assistette anche alla fatidica sfida nella quale gli americani soffiarono alla Gran Bretagna il trofeo d'argento più ambito da tutti i velisti, e per il quale ancora oggi si corre la Coppa America. La regina, sugli yacht, organizzava feste e riunioni: fu la prima a capire che una bella barca poteva rappresentare un simbolo di potenza. Sperimentò meglio questo aspetto della nautica il figlio di un droghiere inglese, Thomas Johnston Lipton, che dopo aver fondato una catena di negozi alimentari, acquistò una piantagione di tè a Ceylon. Aveva anche la passione per le barche a vela, quelle da corsa, e con ostinata pervicacia si lanciò nella difficile sfida di Coppa America. I suoi Shamrock, dal 1899 al 1930, non riuscirono mai a vincere, ma il suo tè fu universalmente conosciuto. Acquistò notorietà con gli stessi mezzi, negli Anni Settanta, anche il barone Bich, quello delle penne a sfera. E ci sta provando anche un industriale italiano, Raoul Gardini, che con un investimento miliardario lancerà il suo Moro nella grande competizione sportiva. Qui al diporto, alla febbre d'agonismo, si contempera un'altra componente interessante. La barca da diporto è diventata anche un laboratorio per la ricerca e la sperimentazione di nuovi materiali per la nautica e anche per altri settori della chimica. Barche laboratorio, come quelle usate da Alberto I Grimaldi, l'Hirondelle e la Princesse Alice, per spedizioni scientifiche fino ai mari artici e oltre l'Equatore, o l'Elettra di Guglielmo Marconi, uno yacht a vapore di 71 metri, offerto dalla Royal Navy. Marconi, appassionato yachtman, prometteva: «Trasformerò questa nave in modo che tutto a bordo debba funzionare elettricamente, anche le macchine». Chissà che cosa direbbe oggi Marconi nel vedere i potenti palazzi galleggianti dotati di ogni comfort (dal satellite alla pista per l'elicottero) o le enormi barche a vela manovrabili con estrema facilità grazie a sofisticati sistemi elettronici. La ricerca del lusso sfrenato (pavimenti di marmo, arazzi d'autore e rubinetterie dorate) e delle comodità elettroniche non ha per fortuna affondato il patrimonio culturale e artigianale del passato. Alcuni miliardari del ventesimo secolo hanno salvato, restaurato e fatto rivivere le barche antiche. Le usano come casa delle vacanze o per correre ai raduni di vele d'epoca; come ninnoli da mostrare e persino come ricercatissimi hotel a pagamento. Zaccagnino ci fa visitare queste splendide regine del mare, ci narra la loro storia e la storia dei loro armatori (dagli americani Vanderbilt e Morgan al giapponese Kobayashi), dei progettisti e dei cantieri (Camper & Nicholson, Thornyeroft, Stephens, Sangermani e Baglietto) che le hanno generate. Ci narra episodi di indifferenza, come quello del Lady Torfida, lo yacht usato come sede di rappresentanza, fermo all'ormeggio per 38 anni. E racconta anche storie d'amore, la più bella delle quali ci sembra quella di Virgine Herriot, la navigatrice francese che possedette dodici yacht, vinse una medaglia d'oro alle Olimpiadi del '28 ed espresse così la sua passione: «Voglio restare in mare fino a che non esalerò l'ultimo respiro». E infatti morì in regata a 42 anni. Irene Cabiati Il giro del mondo a vela: un'impresa sportiva di abilità e coraggio in cui il fascino dell'avventura gioca sempre un ruolo di primaria importanza
Luoghi citati: America, Gran Bretagna, Portofino
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