0 la parrucca o la divisa da ps di Lorenzo Del Boca

O la parrucca o la divisa da ps Anni di ricorsi per il poliziotto che teneva in armadio biancheria femminile O la parrucca o la divisa da ps // malessere e lo stress in caserma TORINO. «Biancheria femminile» e una parrucca bionda nell'armadietto di un poliziotto del reparto mobile di Torino. Un'ispezione del 1985 fa scoprire un segreto tenuto sotto lucchetto e fa gridare allo scandalo. In cinque anni di ricorsi, avvocati e carta bollata non viene mai formulata apertamente l'accusa a quell'agente di essere un gay o un travestito. Ma non è difficile capire che cosa si nasconde dietro formule come: «La sua sfera sessuale è turbata». I medici, alla prima visita, lo immaginano con una personalità «non priva di situazioni conflittuali» che presenta «tratti ossessivi e una certa insicurezza». La questura, quel poliziotto, non lo vuole più. E lui, invece, difende non solo il suo posto di lavoro ma anche la sua dignità: vuole continuare a portare la divisa. Di quali mancanze professionali lo si ritiene responsabile? Di niente. I rapporti dei superiori lo descrivono come scrupoloso, attento, pronto agli ordini, ligio al dovere. Potrebbe bastare per assicurargli lo stipendio, la tranquillità e, se non proprio il rispetto, almeno la tolleranza del prossimo. Ma all'ospedale militare sentenziano: «Non è idoneo al servizio» per «forma mentale». Una questione di salute, dunque, con giustificazioni un po' ipocrite e un po' sfuggenti che bastano a scatenare i pettegolezzi della caserma. Il poliziotto è «sospeso» e si aspetta un verdetto medico di secondo grado. L'appello gli è favorevole. Psicologi e psichiatri cancellano il referto dei colleghi che l'avevano visitato in un primo tempo e lo fanno reintegrare. Un anno «difficile» per l'agente, che pure è ineccepibile sul lavoro. Il tempo è galantuomo: dimentica e fa dimenticare, e ogni mese dà la sensazione che quella storia sfumi nei ricordi. Ma nel 1988 il ministero manda alla questura una lettera del Collegio legale di Roma, con cui viene annullata la decisione che «assolveva» l'agente e ripristinata quella che lo «condannava». Di nuovo a casa, «sospeso», alle prese con difficoltà economiche e problemi psichici che, in questo modo, non possono non ingigantirsi. Vive con una signora divorziata che ha avuto una bambina dall'altro matrimonio. Si arrabatta per far quadrare il bilancio della famiglia. Ma non vuole vivere di lavori rimediati alla giornata: vuole fare il poliziotto e, con l'avvocato Dal Piaz, ricorre al Tribunale amministrativo. Il 26 giugno di quest'anno i magistrati gli danno ragione, eppure ancora non basta per tornare a lavorare. Il ministero degli Interni non dà il «nulla osta» per il suo reinserimento nei ruoli della questura perché - secondo l'interpretazione che viene da Roma - il Tar può invalidare la procedura ma non il giudizio medico. E, dunque, la prospettiva di nuovi ricorsi legali per ottenere giustizia. «L'amministrazione non riconosce l'impegno e il valore dei suoi uomini»: il commento di Stefano Belfiore, segretario provinciale del sindacato autonomo di polizia di Torino, è pacato nei toni ma pesante nel contenuto. «Numeri - aggiunge -, soltanto numeri. Questore compreso, si dimenticano che gli agenti non sono robot: fanno finta di non sapere che ognuno ha un cuore, un'anima e dei problemi, ma l'amministrazione non vuole nemmeno ascoltarli. Se la sbrigano in fretta: "affari personali", dicono, e dietro queste valutazioni un po' superficiali e un po' ingenerose si giustificano anche i morti». Due suicidi la settimana scorsa. «Tito Serra - continua Belfiore - si ò sparato in caserma. Aveva difficoltà in famiglia, era sull'orlo di un divorzio e gli dispiaceva perdere la sua bambina. Fatti suoi? Ognuno si sente con la coscienza a posto, ma nessuno gli ha detto una parola o l'ha agevolato. Roberto Andreis, invece, si è buttato dal balcone. Aveva lavorato alla Digos negli anni di piombo. Se uno non si stressa combattendo le Brigate rosse... Un esame all'Università andato male, la fidanzata che se ne va, il papà malato: si è trovato con i I nervi a pezzi. In qualunque uffi- cio^del mondo il malato di esaurimento porta il certificato al datore di lavoro e se ne va due mesi in montagna a riposarsi. Guarisce e torna. In polizia no: lo "sospendono" e lo mandano a casa con il 50 per cento dello stipendio. Che significa 6 o 700 mila lire al mese. Inumano oltre che ingiusto. Non c'è nessun tentativo per rendere più vivibile la caserma. Peggio: sembra che cerchino il sistema per rendere il lavoro più pesante». Organico scarso, turni stressanti, riposo insufficiente. Per i 1750 dipendenti della questura si pagano 17.500 ore di straordinario con picchi (per esempio per le elezioni) di 26 mila. Una media nemmeno esagerata di 10-15 ore ciascuno, se non fosse che per il poliziotto avviene quello che accade con la statistica del pollo: se uno lo mangia tutto e un'altro digiuna, resta che hanno pranzato con mezzo a testa. «Alcuni reparti - precisa Belfiore - lavorano in condizioni quasi normali. Ma per altre sezioni "calde" impegnate sull'ordine pubblico, è un massacro. Per 300 poliziotti del pronto intervento, mobile, Digos, commissariati e servizi che dipendono direttamente dal capo dì gabinetto non ci sono né regole né orari». Il nuovo stadio ha esasperato i problemi. Alle partite deve andarci un contingente tre volte più numeroso di quello che andava al Comunale. La gente è sempre quella e la co¬ perta corta obbliga gli agenti a saltare i riposi: dall'inizio dell'anno se ne sono già accumulati mille. In un ufficio di 37 persone, hanno saltato 121 riposi. «E poi - chiede Belfiore -, vuole sapere quali sono le nostre preoccupazioni?». I dirigenti del Sap scorrono elenchi, dati, percentuali. «Siamo preoccupati per i funzionari che dirigono i reparti. Risulta che ognuno fa 55 ore di straordinario ogni mese. In verità ne fanno 70, 80 e qualche volta anche di più. Con che lucidità governano gli uomini?».- .. Organico scarso e «buio» di strutture. Le caserme sono palazzi centenari, carichi di storia e di tradizione, ma con i muri che vanno a pezzi. I commissariati sono ospitati in appartamenti malamente adattati dove le scrivanie accatastate l'una sull'altra obbligano gli agenti a respirarsi addosso. Le donne poliziotto hanno un paio di pantaloni estivi e un paio invernali: per il «cambio» è un problema settimanale. Una dozzina di famiglie di poliziotti hanno ricevuto lo sfratto e a prezzi di mercato (con il loro stipendio) non trovano alternative. Alcuni agenti devono accompagnare l'ufficiale giudiziario per buttare fuori casa altri agenti. «Se il poliziotto non è tranquillo - domanda Belfiore - come fa ad assicurare tranquillità al cittadino?». Lorenzo Del Boca

Persone citate: Belfiore, Dal Piaz, Roberto Andreis, Stefano Belfiore

Luoghi citati: Roma, Torino