ABBADO SUPERSTAR

ABBADO SUPERSTAR LINGOTTO ABBADO SUPERSTAR 1124 alla guida dei Wiener nell '«evento» dell'anno TORINO come Londra, Parigi, New York? Code lunghissime, nottate all'addiaccio per acquistare un biglietto e ascoltare i Wiener di Claudio Abbado, avvenimento musicale dell'anno. Con una differenza sostanziale: nelle megametropoli gli spazi straordinari e gli eventi grandiosi sono all'ordine del giorno, mentre un'eccezione musicale ci relega a città ormai culturalmente di second'ordine: Torino, pur con la «camera acustica» del Lingotto ricavata dai capannoni delle vecchie presse, non è sufficiente ad ospitare la grande musica. Questa è la verità. Perché non ci sono spazi adeguati, perché in anni di crescente richiesta non è stato costruito un auditorium con 3 mila posti, ma soprattutto non c'è stata la volontà politica di dare a Torino una dimensione internazionale, tal che la città potesse appunto accogliere regolari avvenimenti di prestigio e la musica fosse fruibile da una più vasta quantità di gente. Non che le grandi orchestre non siano venute: «Settembre Musi| ca», la Stagione sinfonica Rai e quella dell'Unione Musicale hanno avuto in cartellone fior di complessi strumentali e di artisti, ma la gente continua a essere tagliata fuori troppe volte. Ora, Abbado ed i Wiener hanno dato la misura della povertà degli spazi. Ciò vuol dire che l'invenzione straordinaria, bellissima, di trasformare parte del Lingotto in sala da concerto, purtroppo, non è sufficiente, anche se dà un contributo alla soluzione del problema. Ma veniamo a Claudio Abbado, a Bruckner, ai Philharmoniker. Il grande direttore, che ha firmato un contratto di sette anni con i Berliner ed è oggi l'unico responsabile dell'organizzazione della musica a Berlino e Vienna, l'ultima volta è venuto a Torino per «Settembre Musica» il 31 agosto 1985 (cinque anni fa!), con la London Simphony Orchestra. Il 24 sera al Lingotto (ore 21), con i Wiener dirigerà la Quarta Sinfonia di Anton Bruckner, più conosciuta come la «Romantica». Bruckner, fu grandissimo organista riconosciuto in tutta Europa anche per l'abilità delle sue esecuzioni, ma meno come compositore perché le sue partiture venivano spesso rifiutate a causa delle difficoltà e degli organici monumentali; cosa che causò in lui una profonda crisi, inducendono a rifacirnen- ti e ripensamenti. Scrisse 11 sinfonie, ma le numerò più volte per non superare quel fatidico numero beethoveniano, che era diventato la sua ossessione romantica. Così la Sinfonia n. 1 scritta nel 1866 viene dopo le altre due in fa minore e re mi- nore, accantonate perché non lo soddisfacevano e finì per titolare la seconda. Sinfonia n. 0, («Die Nulle»). Bruckner, che ebbe una forte ammirazione e sincera amicizia per Wagner, dopo la folgorazione del «Tristano» definì la sua terza Sinfonia in re minore «Wagner-Symphonie». La sua fama crebbe anche come compositore e finì con l'essere accettato, ma la sua strada fu lunga e dolorosa. Temperamento timido, indifeso, sovente accostato al carattere introverso e romantico di Schubert, Bruckner intensificò i suoi studi di composizione e armonia, di organistica, da autodidatta, fino a raggiungere altissime vette compositive. Quando la sua fama fu finalmente riconosciuta, ebbe la laurea «Honoris causa» dall'Università di Vienna e l'imperatore Francesco Giuseppe gli donò un appartamento nel Belvedere, dove egli trascorse gli ultimi anni di vita, che però non gli consentirono di terminare la Sinfonia n. 9, detta l'Incompiuta. Avere oggi a Torino Claudio Abbado alla guida dei Wiener è una fortuna che non capita tutti i giorni, perché con la sua orchestra (e potrebbe essere quella dei Berliner) rappresenta, forse, la più alta vetta esecutiva che il mondo della musica classica è in grado di dare. Uomo colto, studioso, schivo da atteggiamenti «forti» (che caratterizzano molti suoi colleghi) è uno dei pochissimi - con Kleiber, Sawallisch, Giulini, Celibidache, Ahronovitch -, ad avere capito che un musicista non può dirigere tutto soltanto in ossequio alle esigenze dello spettacolo e delle case discografiche, esigenze dannose alla vera musica. Così egli si limita al repertorio studiato per anni, approfondito, digerito, e soltanto quando la materia è plasmata a dovere impugna la bacchetta per una esecuzione pubblica. Questo è oggi il grandissimo merito di un direttore d'orchestra sensibile e intelligente. Se così fosse anche per gli altri, la grande musica, certo, ne guadagnerebbe. Armando Caruso C/audio . Uìlkiìià nella nuora .sa/a da concerti del Linaollo