Il microfono del pastore dai Salmi al frastuono dei mass-media

Il microfono del pastore, dai Salmi al frastuono dei mass-media Nuovi percorsi di evangelizzazione nella lettera pastorale dell'arcivescovo di Milano, presidente dei vescovi d'Europa Il microfono del pastore, dai Salmi al frastuono dei mass-media Le istruzioni del cardinal Martini per la società dello spettacolo: stampa e tv non sono il Diavolo Ijr^l MILANO lj FFATA', apriti!». L'inwi giunzione di Cristo al I i| sordomuto nell'episodio i dell'evangelista Marco non apre a caso la nuova lettera pastorale di Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano e presidente dei vescovi d'Europa. Con questa lettera Martini, uomo biblico e pastore moderno, propone un cambiamento di mentalità, una specie di «conversione» metodologica e pastorale - sia pure indirettamente - anche a tutta una Chiesa in cui hanno prevalso, come sincero criterio pastorale di fronte al calo della pratica religiosa e della relativa cultura necessaria, la demonizzazione di fenomeni, di strumenti, e anche di uomini presentati ed accostati sempre come un «nemico» da sconfiggere sul campo più che da interpellare e avvicinare nella massima fiducia possibile per riannunciare, in partenza, semplicemente il Vangelo. E' un documento ispirato e destinato alla necessità della «comunicazione» fra pastori e greggi, appunto per «riaprirsi» — parola detta, parola ascoltata, parola vissuta insieme — alla comunicazione. Questa necessità di spirito, stile e valori nuovi che la «comunicazione» comprende e comporta, è stata presente nel cardinal Martini, a ben vedere, sin dagli inizi del suo governo pastorale. E proprio per evitare clamorose denunzie, e tuttavia non tacere, ma rieducarsi e rieducare, tutti, in una Chiesa diversificata e concorde, Martini, con discrezione e pari fermezza ha cominciato a non combattere contro i mulini a vento, trascurando i «mugnai». Non è stato tenero con le dichiarazioni, con gli interventi, le accuse e le condanne generiche. Non ha mai accettato facil¬ mente interviste, un uomo di quella cultura ed informazione che va dalla Bibbia ai mass media, stampa, tv, radio. Non ha mai visto negli strumenti della comunicazione sociale e culturale dei satana in partenza, come, nella Chiesa, accadde quando Gutenberg inventò la stampa, giudicata da molti pastori strumento di Satana (e il cinema e la televisione erano ancora inimmaginabili!). Il solo che comprese, da genio culturale e da pastore attentissimo ai segni dei tempi sul versante della comunicazione, fu Lutero, che della scoperta di Gutenberg fece uno degli assi portanti e più efficienti delia riforma, diventando lui stesso autore di testi e musiche popolari per diffonderle nelle chiese. Martini non accusa gli strumenti, i fenomeni, non geme sul neopaganesimo dei mass media, sul banditismo ad ol¬ tranza della pubblicità utilitaria di cui i mass media sono gli schiavi lauti ed inconvertibili. Martini invita semplicemente ad «aprirsi» interiormente prima che ad affrontare l'illusione di Sisifo, cioè quella di mutare gli strumenti della «sordità muta» prima che rievangelizzare i cristiani, i cattolici, della cui crisi sooioreligiosa anche la «capitale morale», e la sua Chiesa pur gloriosa come poche, sono «campione» inquietante. Mai forse, come in questi ultimi cinquantanni, la parola e l'immagine furono travolgenti e travolte a interessi pubblicitari (spesso anche, in più o meno buona fede) semplicemente a fini di profitto ideologico e finanziario, come il Moloch pubblicitario, «lupa dantesca» che dopo il pasto «ha più fame che pria». Pur esasperando all'ossessione i mass media d'ogni tipo e forza, l'«incomunicazione», per così dirla è andata crescendo, fino a togliere letteralmente la parola dal dialogo, rispettandola solo nei giochi dei politici e degli sportivi, per tacere dei giochi a quiz. Martini, nella Chiesa e fra il popolo di Milano, la Chiesa e il popolo che vengono da quelli che affrontò, con energia penitenziale quasi violenta San Carlo Borromeo. Fu, e Manzoni ce l'ha restituita in Federico Borromeo, una stagione di «seconda evangelizzazione» soprattutto nella carità, il Borromeo fra gli appestati, e il Borromeo che non se la prende... con la Peste, ma vive una appassionata «supplenza» di cura e di pietà là dove le istituzioni erano assenti o fallivano per «mutezza» e «sordità» pur sfogandosi in «gride», circolari prefettizie, rese sterili in partenza dal morbo e dalla disperazione I della gente. Su questi esempi e fermenti ancora vivi nella storia anche pastorale di Milano, «capitale morale» dei «mali» e dei «rimedi», si colloca, disarmata, evangelica, realistica, la chiamata di Martini a ragione, a buon senso, a penitenza e a dialogo. Un invito, come dice l'arcivescovo di Milano, a «ritrovare nella babele di oggi una comunicazione vera, autentica, in cui le parole, i gesti, i segni corrano su strade giuste, siano raccolti e capiti, ricevano risonanza e simpatia». Una proposta e un invito a una «conversione» nella parola, per salvarsi dalle troppe e logoranti parole. La «nuova evangelizzazione», in un tempo di fede e pratica in crisi, nasce da questa comunicazione. E la lettera del presidente dei vescovi è traccia ideale anche per tutti i vescovi del continente. Nazareno Fabbretti

Luoghi citati: Europa, Milano