Quando Rossini andava a farsi ritrarre dal grande Nadar

Quando Rossini andava a farsi ritrarre dal grande Nadar Quando Rossini andava a farsi ritrarre dal grande Nadar «La tecnica si impara, quello che non si impara è il senso della luce» 7y| NIZZA L ' ARAH Bernhardt, bella e m provocante, Charles Baul j delaire, sguardo acuto e hJ. \ pungente, Gioachino Rossini, basette bianche e espressione di bonaria alterigia, sono alcuni illustri soggetti dei ritratti fotografici di Nadar (Parigi 1820 - Marsiglia 1910) esposti fino al 7 ottobre nell'Atelier d'Art Contemporain del nuovo museo d'Arte Moderna e Contemporanea di Nizza. Intitolata «Felix Nadar: les grandes portraits», la mostra propone 60 fotografie realizzate dal 1854 al 1880 e tirate, secondo il procedimento artigianale dell'epoca, dai negativi originali che sono conservati negli archivi fotografici della Caisse Nationale des Monuments Historiques di Parigi. Intensi e espressivi, questi ritratti ci offrono la preziosa immagine di poeti, letterati, artisti, musicisti e uomini politici con¬ temporanei di Nadar, come Delacroix, Manet, Daumier, Courbet, George Sand, Hugo, Zola, Venie, Dumas, Verdi, Berlioz, Offenbach, Viollet-Leduc, Thiers, Proudhon e tanti altri. Nella seconda metà del secolo scorso, questi illustri personaggi si recarono nello studio, prima a rue Saint-Lazar, poi in boulevard des Capucines a Parigi, dove Nadar li ritraeva, a luce naturale, utilizzando una tecnica, quella fotografica, che all'epoca era ancora agli albori. La fotografia, giovane musa, era nata nel 1839. Nadar conosceva tutta Parigi, era dotato di un carattere amichevole e caloroso, quindi sapeva suscitare quel clima propizio per mettere a proprio agio i suoi clienti di modo che questi potessero assumere espressioni e atteggiamenti naturali, rivelatori del loro carattere. La fotografia è sì la riproduzione fedele della realtà, ma spetta al fotografo filtrarla e in¬ terpretarla. In Nadar, infatti, non vi è solo perizia tecnica, ma una notevole sensibilità artistica e introspettiva, tanto che, già nel lontano 1859, un critico della Gazette des Beaux Arts, a proposito di un'esposizione di Nadar esclamava: «Il fotografo ha tutto il diritto di essere considerato un artista». «La tecnica fotografica si apprende in un'ora — diceva nel 1857 Nadar — quello che non si apprende è il sentimento della luce». Secondo lui, il fotografo deve saper comprendere l'intelligenza morale del suo soggetto, deve riuscire a entrare in comunicazione con il suo modello, dirigersi verso le sue abitudini, le sue idee. Solo così il ritratto acquista una somiglianza familiare, intima e non diventa una riproduzione banale o casuale. Nadar, al secolo GaspardFélix Tournachon, si affermò nella Parigi della Seconda Repubblica come giornalista, scrit¬ tore e disegnatore caricaturista. Era affascinato, oltre che dall'analisi introspettiva della psicologia umana, dalle scienze che studiavano le strutture anatomiche del viso. Fu proprio la caricatura a portarlo alla fotografia. Per poter realizzare il «Panthéon Nadar», una grande raccolta di circa trecento caricature dei più noti personaggi del suo tempo, all'inizio degli Anni 50 Felix cominciò a usare la fotografia per ridurre il tempo di posa dei suoi modelli. Personalità eclettica, dallo sguardo profondo e intelligente, come testimonia un suo autoritratto del 1865 in mostra a Nizza, Nadar fu anche pronto a lanciarsi nell'avventura dello spazio con il pallone aerostatico. Fu proprio lui, infatti, a realizzare le prime foto aeree della storia fotografando Parigi dal cielo a bordo del pallone. Audace impresa che lo fece diventare l'eroe del romanzo di Jules Ver- ne «Dalla Terra alla Luna», e gli costò quella simpaticissima caricatura di Daumier che lo ritrae mentre fotografa Parigi volando, con il commento non da poco «Nadar mentre eleva la Fotografia all'altezza dell'Arte». Amico degli Impressionisti (rifiutati all'epoca da tutti i saloni parigini) Nadar legò il suo nome alla prima, diventata poi celeberrima, esposizione impressionista, quella che si tenne nel 1874 nel suo grande e luminoso studio di boulevard des Capucines. E' proprio in questo edificio, da cui era passata la crema della mondanità parigina e sulla cui facciata a vetrate compariva come un'insegna la firma di Nadar, che insieme agli altri artisti Monet espose quel quadro, catalogato all'ultimo momento come «Impression, soleil levant», che poi determinò la denominazione dell'intero gruppo. Elisabetta Tolosano