L'estate delle mantidi di Piero Soria

L'estate delle mantidi Parla l'autore del film che la Guerinoni vuole bloccare L'estate delle mantidi Metti in piazza un simbolo I legali di Gigliola Guerinoni, condannata per omicidio al processo di primo grado, hanno diffidato Monica Guerritore dal girare il film «La Mantide», le cui riprese dovrebbero cominciare in primavera ad Albenga. Abbiamo chiesto al nostro collega Piero Soria, autore della sceneggiatura, di spiegarci se la sua trama si rifaccia alla vicenda ligure o ad altre storie. Il ESTATE porta sempre "con sè piccoli omicidi. Sarà il caldo. Sarà che la i voglia di vacanze fa im LI prowisamente esplodere rancori sopiti dal tran tran di tutto un anno. Sarà che nei giornali le redazioni, decimate dalle ferie, si aggrappano al sangue in mancanza di alternative meno cruente. Fatto sta che tra luglio ed agosto, prima che un Saddam Hussein qualsiasi compaia a salvare la tiratura, ogni piccolo colpo di pistola, ogni minima coltellata, ogni incredibile tazzina inzuccherata di veleno, fanno notizia. Figurarsi poi sé, a guazzare nel fango, è una qualsiasi avvenente arrampicatrice di provincia che, alla caccia di un panfilo con nostromo o di una villa con servitù, si abbandona alla tentazione di cimentarsi col delitto perfetto per dare finalmente una svolta alle sue aspirazioni sociali... L'Italia è una nazione di scar¬ sa lettura. E in libreria è soprattutto il giallo a sostenere le spese di vetrine e personale. Se poi il thriller si tinge anche del rosa sexy di certe finte foto, scattate dal teleobiettivo proibito, di Novella 2000, ecco: il cocktail è perfetto. Che cosa è infatti più desiderabile di una «mantide»? Anziani signori circuiti con pervicacia. Mogli scomode. Amanti imbarazzanti. Alcove così di passaggio da far concorrenza ai grill dell'autostrada. E sempre con la provine" i sullo sfondo. Con quell'«altro paese» cioè, che dallo specchio non riflette mai l'immagine della gente che ci guarda dentro con un sorriso. Convinta com'è che le immagini disegnate sul vetro rappresentino solo una finestra da cui osservare i piccoli inganni di un'umanità differente. Preda spesso di tentazioni un po' grottesche. Degne al massimo di qualche ironico sospiro metropolitano. Un tradimento maldestro. La voglia di emergere. Piccole ed ingenue scorciatoie. Un corpo giovane in cambio di passioni troppo spesso represse dalla vicinanza di un confessionale. Affari in parte astuti. Denaro in parte facile. Ed un giudice istruttore, con un cadavere davanti, a scandagliare in sentimenti grossolani su una piazza fatta di vicini di casa che «lo conoscevano bene». Da Tamara Baroni a Gigliola Guerinoni, la gallerie dei ritratti femminili del bianco e nero estivo della cronaca cambiano solo nelle acconciature e nelle età. Ma gli occhi sono sempre gli stessi. Ti osservano dai giornali per giorni e mesi. E ti chiedono di schierarti. Innocente o colpevole? Non ha importanza. Se le cose fossero subito chiare, il gioco finirebbe prima ancora di incominciare. E' infatti tutta quell'incertezza che si trascina dalle indagini al processo, dipanandosi nei ritmi lenti di una macchina giudiziaria che consente continui colpi di scena, a stimolare la fantasia. E ogni nuova comparsa, che si insinua silenziosa dalle quinte, stimola il coro. Come nell'antica tragedia greca. Con la sola differenza che oggi i coreuti se ne stanno comodamente a casa. E che recitano la loro parte tra uno spot e l'altro. O tra un gol di Schillaci e un marito della Milo. E' chiaro quindi che il cinema tenda ad appropriarsi, dopo i giornali e dopo la televisione, del meccanismo che è riuscito a coinvolgere la curiosità e la fantasia di milioni di persone. E di fronte a sé ha solo due strade: prendere un caso e ricostruirlo sulla base dell'inchiesta. 0 ricuperare i fondali, le motivazioni, le molle che fanno scattare i meccanismi e riadattarle a una nuova storia. A un nuovo dramma possibile. Forse quello che potremmo leggere la prossima estate. Ed allora un produttore sce¬ glie uno sceneggiatore e gli dice: «Voglio la provincia. Una mantide. Un ritratto dell'Italia che, all'ombra di un campanile, è divorata dal desiderio di apparire. Di arrivare. Di diventare qualcuno. Ma non storie vecchie. Solo cose che possono succedere. Con tanto di piazza, di mercato, di portici, di politica, di affari. Le cose con cui abbiamo a che fare tutti i giorni. Dove ognuno possa riconoscersi». Per cui nasce una vecchia signora che abita nella grande casa sulla collina. Immersa nell'uliveto. Dove il profumo del mare si mescola agli acri sapori del frantoio. Che macina la ricchezza di una famiglia, i cui sguardi hanno sempre contemplato dall'alto, tra le foglie mosse da secoli di brezze, la sua spiaggia ed il suo oceano. Tutt'intorno, ai suoi piedi, il campanile. Il borgo antico. Le barche. Le anime di un mondo pescatore che ha abbandonato per sempre le sue reti stente. Per coltivare gli orti. Gli affari. Ed i suoi nuovi vizi, pubblici e privati. Portati, come il vento, dallo spirare continuo dell'aria che soffia da terra. Satura di miti. Di aspirazioni da soddisfare e da bruciare in fretta. Su modelli visti o letti. E digeriti senza gustarne il sapore. Con ingordigia. E poi c'è il figlio che si innamora di una donna dal passato ambiguo. Nel cui letto è già passato un industrialotto che, come Aiazzone, consegnava in tutta Italia, isole comprese. E che, in modo molto casalingo, gestiva, dai suoi divani in finta pelle e dalle sue cucine in massello massiccio, una televisione privata vagamente oseè in cui (il volto coperto da una maschera con le fattezze di Marilyn Monroe, di Tina Anselmi o di Renato Zero) si era spogliato segretamente mezzo paese. Mentre l'altro mezzo si cibava con passione di quei fiori di perdizione, alla ricerca di un neo o di una cicatrice che permettesse di individuare la peccatrice. E poi c'è il morto. Ovviamente il Berlusconi della porta accanto. Ma manca un colpevole. Chiaro che la vecchia signora dell'oleificio tenti di difendere prole e patrimonio dagli appetiti di quella che per lei è indiscutibilmente una mantide, perversa e predatrice. Ed inneschi il meccanismo attraverso il quale un'intera società sfili nuda davanti allo specchio prima di arrivare a dipanare una matassa che, naturalmente, riserva il colpo di scena nell'ultima immagine. Ecco come nasce un film. Ed ecco come una mantide (che in natura uccide il suo maschio durante l'accoppiamento solo per imposessarsi degli enzimi atti alla riproduzione) possa diventare un simbolo che succede a se stesso per le innumerevoli estati che ancora ci rimangono. Sperando che il buco nell'ozono, cancellandoci gli inverni, non finisca per ribaltare anche tutti i nostri valori morali. Piero Soria Savona. Gigliola Guerinoni tra i carabinieri durante una pausa del processo

Luoghi citati: Albenga, Italia, Savona