Fra arte e mistero: la profumata pulzella e la sfortunata servetta

Fra arte e mistero: la profumata pulzella e la sfortunata servetta Fra arte e mistero: la profumata pulzella e la sfortunata servetta ir] CUNEO ti N pezzo di brumosa ScoI zia nell'austero Piemonte I della «provincia granda»? .VlI Sembrerebbe di sì. Gli ingredienti ci sono: uno splendido e massiccio castello, i misteri sulle sue affascinanti pitture, un paio di fantasmi (femmine) che non guastano mai. E' il maniero medievale della Manta, località a poca distanza da Saluzzo che, nel 1985, è stato donato al Fondo per l'ambiente italiano (Fai) dai suoi attuali proprietari: la contessa Elisabetta Provana del Sabbione (discendente della moglie di Valerano, signore del castello) e suo marito Thesauro De Rege, ex ambasciatore. II Fai ha operato importanti restauri, aperto il castello al pubblico con custodi e guide, organizzato convegni storici e artistici di grande interesse in collaborazione con l'amministrazione comunale e altri enti, gettando solide basi per realizzare un «centro di cultura cortese» d'alto livello. Le misteriose pitture che decorano il salone baronale affascinano studiosi e curiosi: chi le realizzò e quando? I pareri sono discordi e anche dall'incontro fra studiosi sugli «Eroi ed eroine alla Manta e nel poema di Tommaso III» non è venuta una risposta certa. Forse il pittore è Giacomo Jaquerio oppure Aimone Duce, Guglielmetto da Chieri, Gentile da Fabriano, o uno sconosciuto maestro fiammingo se non un «peintre» della vicina e influente Provenza. Gli affreschi vennero commissionati da Valerano il Burdo, figlio naturale del marchese di Saluzzo Tommaso III che gli lasciò in eredità il castello nel 1416. Su due pareti sono disegnati, su fondo giallo pergamena, i nove eroi e le nove eroine protagoniste del poema cortese Le Chevalier Errant che Tommaso III, curioso erudito e uomo d'avventura, dettò a un amanuense sul finire del Trecento: forse mentre era prigioniero a Torino dei Savoia oppure a Parigi, alla corte del re Carlo VI di Valois. Un lungo racconto in versi (e poi in prosa poiché, come scrisse lo stesso Tommaso, le rime l'avevano annoiato) che disserta sulle scienze e sulla vita, com'era di moda allora. Quasi una prima bozza per gli Umberto Eco del Duemila, fra il Roman de la Rose e Lancelot. Del manoscritto rimane un'unica copia nella biblioteca nazionale di Parigi. Sulle altre pareti c'è la grandiosa scena della «fontana della giovinezza» nella quale entrano vecchi derelitti e escono giovani guerrieri che inseguono fanciulle. L'ispirazione per il dipinto sembra dovuta a una stampa che il figlio di Valerano (cistercense dell'abbazia di Staffarda) portò in dono al padre dalla corte di Sassonia. I due cicli pittorici sono stati realizzati in tempi diversi: con gli eroi e eroine Valerano volle ricordare il padre e alcuni famigliari raffigurati in Carlomagno e Goffredo di Buglione, Semiramide e Teuca, mentre per lui scelse il personaggio di Ettore e per la moglie quello di Pentesilea. Più tardi il nipote Valerio di Saluzzo nel suo volume sulle Formali cacce annoterà che il castello è «fra le più belle anticaglie del Piemonte». Bontà sua, ma con lui oggi concordano numerosi studiosi, tant'è che Vittorio Sgarbi ha scritto: «Quella gentilezza tardogotica da "dou- ce France" cisalpina, che si respira in tanti castelli del Piemonte, tocca uno dei suoi vertici nel castello di Manta. Eroi ed eroine cari alla cultura e alla fantasia di quei secoli, appaiono sulle pareti come intercessori e consolatori di una modesta stirpe marchionale che si era dovuta piegare alle violenze e alla protervia dei Savoia». Arte, storia, mistero e leggenda: un piatto davvero ricco per il maniero riaperto al pubblico dal Fai che, nei progetti futuri, prevede forme d'accoglienza nella fortezza. Ma dove c'è mistero e leggenda non possono mancare i cari fantasmi, soprattutto quando si tratta di una fortezza con tanto di torri e muraglioni. Ed ecco allora la signora, pulzella o dama, che si manifesta nelle sere d'estate unicamente agli ospiti del mastio con un forte, inebriante, profumo di gelsomino che turba i sonni. E poi la sfortunata «serventa» che, rinchiusa nel «crutin del vin bianc» (la cantinetta del vino bianco) aspetta il suo innamorato, uno scudiero morto in battaglia con il quale s'incontrava in questo stanzino dei sotterranei. Una presenza che doveva turbare i proprietari del maniero nel secolo scorso tant'è che decisero di murare il «crutin»... La Scozia ha il mito dei castelli, la Loira ha saputo «vendere» bene il suo circuito di fortezze: il mastio di Manta, che si staglia sul panorama del Monviso, offre emozioni e misteriose curiosità per il tramite di Valerano. Così l'assessore alla Cultura del Comune, Riccardo Signorile, ha proposto al consiglio (che ha approvato) d'intitolare una via a Valerano il Burdo, quel signore che «protesse i pupilli, le vedove e i poveri» nascendo nel 1374 da un avventuroso uomo d'armi e da una «demoiselle jolie», certo popolana. Chissà che, seguendo la «Dame Fortune», non si riprenda il filo perso da Tommaso III per una lunga storia che dalle foreste degli agguati ci porti al villaggio globale nel quale, spesso, ci aggiriamo smarriti come il marchese davanti ai suoi eroi e eroine per chiederci, con lui: «Mais où sont les neiges d'antan»? Alberto Gedda