Bohème toscana in 100 dipinti

Bohème toscana in 100 dipinti In mostra a Lucca arte e cultura tra '800 e '900: gli allievi di Fattori Bohème toscana in 100 dipinti Avventure d'arte dal Tirreno alle Apuane »t LUCCA m EL 1890 giungeva a Tor« re del Lago, tra Pisa e 1 Viareggio, Giacomo Pucé 11 cini. Comprava una specie di capanna sul lago e sei anni dopo, con i primi diritti de La Bohème, la trasformava in una villetta. Allora quel pezzo di terra lacustre - non ancora Versilia - tra il mare e le Apuane, attirava con la sua luce e i suoi canneti poeti, pittori, musicisti. Intorno a Puccini si forma il Club della Bohème, un pugno di pseudo-bohèmiens in cerca di avventure e risate. Nel gruppo c'erano pittori come Pagni, Fanelli, Tommasi, Gambogi, Nomellini, oggi noti o sconosciuti, altri (Chini, Viani, Magri, de Witt, Moses Levy) battevano quasi contemporaneamente quella stessa striscia di terra. Allievi di Fattori, tardomacchiaioli in cerca di una propria identità, adesso protagonisti di una mostra che si apre a Lucca, «Tra il Tirreno e le Apuane - Arte e cultura tra Otto e Novecento» (Complesso di San Michelet to, 1 settembre - 11 novembre), organizzata dalla Fondazione Ragghianti con il contributo della Cassa di Risparmio di Lucca: circa cento dipinti, in gran parte inediti provenienti da collezioni private, una vasta documentazione fotografica, edizioni letterarie e documenti. «E' la mostra più impegnativa di quelle realizzate in questi ultimi anni» dice Pier Carlo Santini, curatore con un gruppo di collaboratori che nel catalogo (Artificio) trattano la società del tempo, l'architettura, la musica, la poesia, la pittura (anche se in modo un po' slegato, ed individualista). Una stagione «minore», come la si definisce, ma intensa e poetica, durata una trentina d'anni e che ha come filo conduttore il paesaggio. Tra i primi ad approdare a Torre e a farsi incantare dal lago è Ferruccio Pagni (Livorno 1866 - Torre del Lago 1935), oggi dimenticato, allievo di Fattori all'Accademia di Belle Arti di Firenze. A spingerlo ad abbandonare la città è forse - come sostiene Raffaele Monti - lo stesso desiderio decadente di incontrare terre incontaminate, che porta Pascoli in Lucchesia. E' un pioniere delle immagini del luogo, fissate sulle tele: luminosi tramonti a Massaciuccoli, momenti di pace sotto alberi rosati, canali verdi che ricordano le risaie lombarde, ma venati della luce calda della Toscana. E ancora specchi d'acqua sul padule, che ci portano in un ambiente quasi africano, tra colline e ciuffi di bambù. Atmosfere che ritroviamo negli stessi anni in Francesco Fanelli (Lucca 1868 - Bagno a Ripoli 1924), altro allievo di Fattori, un giovane uomo barbuto, con la camicia intessuta di pennellate chiare, come appare nelVAutoritratto dei primi del '900 dedicato all'amico Franceschi. Un dipinto che evoca quella brigata apparentemente scanzonata (in realtà piena di agosce e malinconie), che si diverte a indirizzarsi messaggi scherzosi. «In casa mia - scrive ad esempio Puccini nel 1893 - esistono letti soffici, polli, oche, anitre, agnelli, pulci, tavole, sedie, fucili, quadri, statue, scarpe, velocipedi, cembali, macchine da cucire, orologi, una pianta di Parigi, olio Ouono, pesci, vino di tre qualità (acqua non se ne beve), sigari, amache, mogli, figli, cani, gatti, rhum, caffè, minestre di varie forme, una scatola di sardine andata a male, pesche... due latrine, un eucaliptus, pozzo in casa, tutto a vostra disposizione (eccetto la moglie)». Nel 1902 si unisce al gruppo Angelo Tommasi, un altro livornese, nato nel 1858, con alle spalle un più vario curriculum: studi a Livorno e a Firenze, presso Lega e Fattori, un soggiorno in Argentina. La sua natura popolata da robusti gentiluomini di campagna, donne in attesa sulle rive del lago, pescatori, barche e case, è assorta e silenziosa come quella del con- terraneo Raffaello Gambogi, arrivalo a Torre all'inizio del secolo, dopo un lungo periodo in Finlandia con la moglie pittrice. Macchie, brughiere dolci e selvagge. Più accesi e aggrovigliati la dozzina di paesaggi del più celebre Plinio Nomellini, trasferito su quelle stesse rive nel 1902, amico di Puccini, Mascagni, Deledda, d'Annunzio, Pascoli e dei pittori Chini e Viani. Intrisi di esperienze simboliste e mitteleuropee, sono «nuvole», «pinete», scintillanti «gite in barca», come quei Baci di sole del 1910, realizzati con piccoli colpi di luce. Con le due Fiere a Camaiore e a Pietrasanta, del 1912-13, quasi due sagre nordiche dal sapore folle e visionario, entriamo nel periodo viareggino del pittore, per poi scivolare in ridde di «sole e luna», infuocate e demoniache della fine del II decennio. Sono anche gli ultimi anni del Club della Bohème, ma l'ambito di influenza di Puccini e Nomellini raggiunge altri artisti. Galileo Chini, ad esempio, fiorentino ma versiliese di adozione (1873-1956), pittore, ceramista frescante di livello internazionale. Grazie alla sua lunga permanenza in Siam ha da Puccini la commissione di mettere in scena la Turandot, di cui vengono esposte le due principali redazioni dei bozzetti (1923-25) per i quattro quadri dell'opera. Del resto anche lui, giovane, si era fatto affascinare da marine e paesaggi versiliesi (Autunno in Versilia, Maestrale sul Tirreno). Più drammatica, e impegnata, la pittura di Lorenzo Viani (Viareggio 1882-Ostia 1936), che in quegli anni sta vivendo le grandi crisi politiche europee riflesse sulla sua terra (analizzate nel saggio di Umberto Sereni): dai primi paesaggi del 19045 (Visioni vagabonde) ancora in linea con Nomellini a quelli aspri, duri, sofferti, degli Anni Venti (Il vogatore, Le Apuane) c'è tutto il percorso artistico e umano del pittore. Monti della Versilia, e monti della Garfagnana interpretati da Alberto Magri (Fauglia 1880 -Barga 1939), uno strano pittore che, dopo aver fatto l'illustratore di riviste francesi e il farmacista a Firenze, si stabilisce a Barga per dipingere su tavola poeticne scene campestri, che ricordano i toscani del '300 e '400 (La vendemmia, La casa colonica, del 1912, Il bucato del 1913, La loggia del mercato del '15). Tra i pittori della Lucchesia, anche il livornese Antony de Witt (187-1967), che passa lunghi periodi a Castelvecchio, dove vive Pascoli. Amico del poeta, che insegna greco e latino nel liceo di Livorno, gli illustra la II edizione delle Myricae. La sua pittura, colta e un po' triste, rivela agganci con Magri e Viani, qualche nota dal Circolo della Bohème, e riprese dai primitivi autoritratti con sfondo di case a Lucca, paesaggi con oliveti, che sembrano quelli dei Magi, ruderi di Farneta. A mezza strada tra Lucchesia e mare, sta Moses Levy (Tunisi 1885 - Viareggio 1968), che da Rigoli si stabilisce negli Anni Venti nella Viareggio mondana frequentata da Gabriele d'Annunzio. I suoi argini di Serchio, le sue spiegge e bagnanti sono ormai usciti dal sogno bohémien e riflettono una vivace realtà quotidiana, che preannuncia - anche se con molta più poesia - quella di oggi. Maurizia Tazartes - - ' - " Giacomo Puccini: anche lui volle una villetta a Torre del Lago. Quella terra tra il mare e le Apuane attirava, a fine Ottocento, poeti, pittori e musicisti. A sinistra, Lorenzo Viani: «Il vogatore». Sotto, Raffaello Gambogi: «Ritorno dai campi in banditella» (particolare)