A Cattolica trenta ragazzi sognano la pace

A Cattolica trenta ragazzi sognano la pace Palestinesi e israeliani trascorrono le vacanze estive insieme ospiti della Regione Emilia Romagna A Cattolica trenta ragazzi sognano la pace Un 'esperienza che li aiuta a superare l'odio degli adulti CATTOLICA. In Israele sarebbe impensabile. Ma qui no. Nel centro estivo «Le navi» di Cattolica, gestito dalla Regione Emilia-Romagna, tredici giovani israeliani e venti giovani palestinesi stanno trascorrendo un periodo di vacanze assieme. Giocano, stanno in spiaggia, dialogano in giornate scandite da una sola parola: pace. Sono arrivati il 24 luglio e ripartiranno il 2 agosto per andare a Bologna. Qui due di loro (Ghassan Aret, 15 anni, di Gerusalemme, palestinese, e Ita Rauveni, 17 anni, residente a Giaffa, israeliano) porteranno un messaggio di saluto in occasione del decimo anniversario della strage alla stazione. Poi, nei giorni seguenti i ragazzi visiteranno alcuni Comuni del Bolognese, tra cui Marzabotto, dove incontreranno i superstiti e i parenti delle vittime dell'eccidio. «Quando due gruppi - afferma Ita Rauveni - con una differente storia alle spalle e con problemi aperti nel loro Paese s'incontrano in un posto neutrale per parlarsi, dialogare, giocare, è un fatto positivo». Perché è così difficile dialogare in Israele? «Sono cento anni che palestinesi e israeliani vanno dietro a questi problemi - risponde Rauveni -, è ovvio che per risolverli occorre tempo». «Perché non si arriva a una soluzione? - si domanda Ghassan Aret -. Israeliani e palestinesi hanno una grande storia a partire da Gerusalemme e tutte le volte che iniziano a discutere cominciano a litigare». «E' il nostro governo - aggiunge l'israeliana Hagit Greilsanner, 16 anni, di Gerusalemme - che non vuol parlare. Noi che la pensiamo diversamente siamo venuti qui». «Credo che quello che stiamo facendo qui a Cattolica - commenta a sua volta Rami Hadar, 16 anni, israeliano e residente a Gerusalemme - può mostrare al mondo che i palestinesi possono vivere assieme agli israeliani». Haidar Qleibo, 16 anni, ragazzo palestinese residente a Gerusalemme, dice che è «molto utile che ragazzi israeliani e palestinesi possano vedersi e incontrarsi e parlare insieme. Il dialogo è sempre un fatto importante per tutti». «Alcuni di questi ragazzi presenti a Cattolica - dice Ithai Vishnia, rappresentante del movimento giovanile Ratz, partito per i diritti civili - provengono dai territori occupati. Quando ritorneranno a casa, potranno raccontare di ragazzi israeliani diversi da come sono stati loro descritti». Reem Ay, 24 anni, una ragazza proveniente dai territori occupati di Ramallah, responsa¬ bile del gruppo dei palestinesi presenti a Cattolica, racconta così i frutti dell'odio. Frutti amari, che colpiscono soprattutto i bambini, i giovani. «Una cosa è certa. Noi non abbiamo avuto un'infanzia normale. Qui si ride, si scherza; non è così da noi, dove i piccoli già dai primissimi anni sentono e vivono il problema del conflitto tra i due popoli. E' un'infanzia for¬ zata, che ti fa sempre sentire più vecchio della tua età, non un bambino». Che cosa vorrebbe portare in Israele dell'esperienza vissuta in questi giorni a Cattolica? «Tutto, ma allo stesso tempo sono consapevole che la strada per una vera unità e integrazione è molto lunga. Quest'esperienza non è che un inizio. Speriamo, nel futuro, di coinvolgere più ragazzi. Quando perdi l'infanzia perdi qualcosa di molto speciale e quando cresci sei diverso, non ti fidi più della gente. Non hai gioia. Ma se i bambini e i giovani palestinesi non si godono la loro infanzia, si può dire lo stesso di qualche giovane israeliano». Quando Reem Ay racconta questi aspetti così duri della sua infanzia, cominciano a luccicarle gli occhi. Ma sì, le strade, le case di Ramallah sono distanti centinaia di chilometri, ma quando ricorda i luoghi della sua infanzia sono così vicini: «I bambini in quei campi - dice - invecchiano prima». Riccardo Fabbri

Persone citate: Ghassan Aret, Haidar, Ithai Vishnia, Qleibo, Riccardo Fabbri