Una mina chiamata Lombardfin di Valeria Sacchi
Una mina chiamata Lombardfin Nel giallo di Piazza Affari spuntano anche i ladri notturni, mentre la Borsa attende decisioni Consob Una mina chiamata Lombardfin Ci vogliono 80 miliardi per risolvere la crisi MILANO. Per Paolo Mario Lcati l'estate sarà torrida, e lunga. Finora, infatti, nessun piano di salvataggio è stato varato, anche se l'aiuto delle banche gli ha permesso di evitare la dichiarazione di insolvenza. Le banche hanno acconsentito infatti a rinnovare i suoi riporti abbassando lo scarto dal 50 al 35%, e sono solo in attesa dell'autorizzazione della Consob. E' già un bel regalo. Anche per gli 80 miliardi in collo alla Banca Commercio e Industria e all'Istituto San Paolo di Torino si sta cercando una soluzione, sotto forma di anticipazione sui titoli o sotto forma di altri riporti, in questo caso a uno scarto che dovrebbe addirittura essere inferiore al 35%. Un altro grosso aiuto. D'altra parte, questi due istituti non hanno molte scelte. Entrambi hanno finanziato il rientro dei titoli detenuti dalla fiduciaria svizzera Tadelmo: un 15% circa del capitale Paf, che è stato italianizzato per 80 miliardi. Il finanziamento sarebbe stato erogato alla Lombardfin dietro ampie assicurazioni, e dietro precisi impegni di Leati a far fronte al pagamento alla scadenza. In realtà, ora che il momento è giunto, gli 80 miliardi che avrebbero dovuto essere messi a disposizione si sono ridotti a otto. Una briciola. Così, al San Paolo e alla Commercio Industria non resta che dare una mano per evitare il fallimento di Lombardfin e il ricorso alla liquidazione coattiva in Borsa che, ovviamente, farebbe ulteriormente precipitare il titolo Paf, con perdita sicura. Aiuto non significa salvataggio. La sistemazione è solo rinviata, e sulla testa di Leati resta, minacciosa, una spada di Damocle che oggi pesa per oltre 150 miliardi. Teoricamente, infatti, e prima del ribasso recen¬ te, il 32% di Paf in mano di Leati poteva valere più di 200 miliardi: oggi ne vale 150. Ieri il titolo è slittato di nuovo di 110 punti a 6900 (il massimo dell'anno, 8330 lire, fu raggiunto il 29 giugno). Qualche giorno fa, in occasione della presentazione di un libro a Milano, Leati fu visto lasciare la sala insieme al ministro Paolo Cirino Pomicino. L'evento fu letto come una prova sicura del salvataggio. In realtà un'ostentazione di questo tipo farebbe piuttosto pensare ad una mossa disperata. E' comunque fuori dubbio che, negli ultimi mesi, Leati aveva cercato appoggi politici. Tra l'altro, nella scalata alla Paf, aveva anche acquistato una quota di Attilio Monti, sebbene non rilevante (circa il 2%). Nella vicenda recente di Leati alcune cose non sono chiare: perché si è ostinato in una battaglia contro Varasi che, oggi è evidente, non aveva prospetti¬ ve certe? Perché ha portato guerra in assemblea Paf, essendo già in difficoltà? Qualcuno sostiene che, nei contatti politici, avesse trovato una certa benevolenza in aree ostili a Gardini e alla sua posizione in Enimont, che vedevano quindi con un certo favore l'attacco a Varasi, il quale possiede queir 1% di Enimont che dà a Gardini la maggioranza. Nonostante gli incoraggiamenti, Leati sembra ora assai isolato. Può darsi che qualche «padrino» sia all'opera per dargli una mano, ma finora non è venuto allo scoperto. Le banche implicate sperano ancora che Gianni Varasi, alla fine, si decida ad acquistare almeno una parte di questi suoi titoli Paf. Su Leati il fato si accanisce: due giorni or sono qualcuno è entrato nei suoi uffici. Da un primo controllo sembra che non manchino documenti importanti, solo una piccola somma di danaro. Certo il ladruncolo potrebbe aver letto i nomi dei clienti cui sono intestati i dossier presso Lombardfin. Se ne servirà? Non si vede a quale scopo: essere clienti di Lombardfin non costituisce alcun rischio, se non quello, ipotetico, di rimetterci un po' di soldi. Valeria Sacchi Il finanziere Paolo Mario Leati
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