LA CRONACA che viene dal passato di Alessandra Pieracci

LA CRONACA che viene dal passato Comincia domani sera su Raitre «Ve li ricordate?», sei puntate su personaggi che sono stati celebri LA CRONACA che viene dal passato Da Raoul Ghiani a «quelli della P38». Delitti passionali, delitti politici, casi umani, fatti di costume. Nel programma di Daniela Brancati e Piero Farina sei momenti dell'Italia del dopoguerra attraverso il ricordo dei protagonisti IN Francia va in onda su Canal Plus e si chiama «Qu'estils sont devenus?», ovvero: che fine hanno fatto? In Italia sarà trasmesso da domani sera per sei puntate su Raitre alle 22,30 con il titolo «Ve li ricordate?». Il programma di Daniela Brancati (anche conduttrice) e Piero Farina (regista) segue quasi la stessa formula di quello francese: proporre un personaggio che ha avuto in passato un momento, o un periodo, di celebrità e raccontare che cosa è diventato oggi. Ovvero, far leva sull'effetto nostalgia del come eravamo e nello stesso tempo stuzzicare una curiosità un po' vampiresca e invadente del telespettatore. Sono stati scelti circa cento protagonisti di fatti di cronaca nera, bianca e dorata: molti si sono opposti all'intrusione, preferendo l'oblio, alcuni hanno rifiutato l'accostamento a nomi di fama dubbia. Sono rimasti in otto che hanno aperto le loro case e le loro vite a telecamere, monitor, videoregistratori, mixer audio e video. Verso la conclusione di ogni puntata, viene introdotto a sorpresa un testimone legato in qualche modo al passato del personaggio intervistato. Ecco, nell'ordine, i protagonisti delle sei puntate della trasmissione. Raoul Ghiani. Il suo caso divise l'Italia degli Anni Cinquanta tra colpevolisti e innocentisti: un clamoroso processo indiziario rimbalzato sulle pagine dei giornali come le puntate di un feuilletton. A Roma viene trovata strangolata Maria Martirano. E' una signora di media età, moglie dell'industriale Giuseppe Fenaroli. Secondo il commissario Nicola Sciré, il Maigret italiano dell'epoca, il marito è il mandante, beneficiario di una grossa assicurazione sulla vita di Maria Martirano, l'operaio elettrotecnico Raoul Ghiani lo spietato killer a pagamento, volato da Milano a Roma e ritorno per commettere il delitto. Lui si dichiara innocente, ma viene condannato all'ergastolo. Molte donne gli scrivono in carcere, lo corteggiano. La battaglia giudiziaria continua, mentre l'interesse dell'opinione pubblica via via si affievolisce. Ghiani esce 25 anni dopo, nel 1983. Ottenuta la grazia, oggi è un pensionato che tenta invano di dimenticare il proprio passato. Stimato amministratore di un condominio di anziani a Firenze, è un uomo metodico e ordinato, curatissimo nella persona: qualche svago, pochi amici, amore per la musica e tanti rimpianti. Non riesce a frenare le lacrime quando compaiono le immagini della madre, morta alcuni anni fa, che difende la sua innocenza. Una sola cosa non è cambiata da allora: il suo odio per Nicola Sciré, il commissario che lo incastrò. Anna Maria Moneta Caglio. Lei non è riuscita a dimenticare. Vive chiusa in un passato di testimone eccellente e scomodo cui imputa la causa di ogni successivo fallimento. Si sente perseguitata, e forse lo è stata. Nel 1954, sulla spiaggia di Torvajanica, a Roma, viene trovato il cadavere nudo di una giovane donna. E' Wilma Muntesi. I primi accertamenti stabiliscono che la ragazza si è sentita male mentre faceva un pediluvio ed è annegata. Ma la spiegazione non convince. E quando spunta un'altra ragazza, Anna Maria Moneta Caglio, la morte di Wilma assume le caratteristiche del tragico epilogo di un festino a base di sesso e droga. Anna Maria viene soprannominata «il cigno nero», per il suo lungo collo che lei valorizza con abiti scuri. Cominciano a spuntare nomi eccellenti, che ruotano intorno a quello di Ugo Montagna, un marchese legato agli ambienti della speculazione edilizia. Tra i coinvolti, il musicista Piero Piccioni, figlio del ministro de. La stampa straniera definisce il caso Montesi «il processo del secolo». Salta il capo della polizia, salta anche il ministro e per la de il processo diventa l'occasione di un cambio della guardia. Prima studentessa, poi attrice, quindi geometra, in seguito notaio e alla fine creatrice di prodotti di bellezza, l'ex «cigno» è oggi una signora di 60 anni che ne dimostra 50 e vive con la figlia a Milano. Mustafà Hawy. Che fine ha fatto il piccolo libanese «adottato» dal contingente italiano comandato dal generale Franco Angioni e portato in Italia, sotto la protezione di Pettini? Oggi vive e studia al convitto nazionale di Roma e frequenta la seconda liceo scientifico grazie alla donazione di un benefattore: un disoccupato gli ha regalato 85 milioni vinti a un quiz di una televisione commerciale. Giulio Tarro. Ovvero il processo dell'interferone. Figlioccio di Sabin (lo scopritore del vaccino antipolio), giovanissimo medico siciliano arriva a Napoli dall'America e annuncia al mondo un test per la diagnosi precoce del cancro. Scoppia la polemica, la classe medica italiana gli dà addosso, lui replica e accusa altri di ciarlataneria. L'argomento è drammatico, si accendono e si spengono speranze per «il male del secolo». Tarro finisce imputato in un processo che si conclude con la condanna del suo più stretto collaboratore e con polemiche e battibecchi contro Bonifacio, il veterinario napoletano che sosteneva di aver scoperto un vaccino anticancro, isolandolo dall'intestino delle capre. Oggi Giulio Tarro ha attenuato i toni polemici, la ricerca sembra avergli dato ragione, spostandosi tutta sul terreno dell'immunologia da lui battuto anzitempo. Sabin l'ha disconosciuto, la comunità scientifica italiana quasi lo detesta, ma lui continua per la sua strada. Biki. Trent'anni fa era «la capitana d'industria». Nipote di Giacomo Puccini e figlioccia di Crespi, Elvira Leonardi Boyer parte avvantaggiatissima, ma il suo piglio, la sua intraprendenza sono forse più importanti del nome. In poco tempo diventa Biki, la stilista conosciuta in tutto il mondo. Nel suo atelier milanese accoglie la Callas e la Loren e i più bei nomi di quell'alta società da rotocalco. Oggi ha superato i 70 anni, ma ha il dinamismo di una quarantenne, nonostante sia ormai passato il suo momento d'oro. Quelli della P38. Maurizio Azzolini, Massimo Sandrini e Walter Grecchi diventano famosi per una foto pubblicata da tutti i giornali negli anni di piombo, passamontagna sul viso e pistola in mano. Studenti dell'istituto Cattaneo di Milano, appartengono ad Autonomia operaia. Il 14 maggio del 1977 partecipano agli scontri culminati nell'assassinio del brigadiere di polizia Antonino Custrà. Non possono negarlo, c'è l'eloquenza di quella foto: due stanno scappando, uno, Azzolini, sta puntando la P38. Vengono processati tre volte e giudicati colpevoli di concorso morale in omicidio. Ad Azzolini e Sandrini vengono concessi i benefici di legge in quanto minorenni all'epoca dei fatti. Il primo sconta tutta la pena, il secondo solo in parte, poi fugge in Francia con Grecchi e torna in Italia solo dopo il perdono giudiziale. Walter Grecchi è ancora all'estero e ha presentato domanda di grazia. Al di là della loro personale vicenda giudiziaria, resta, in quella foto, il simbolo di un'epoca attraversata dalla violenza. Alessandra Pieracci