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CAMMELLI FACTORY CAMMELLI FACTORY Tra gli insegnanti del corso anche sociologi e sacerdoti IL «corso video di indagine sociale» nasce, prima ancora che da finalità pratiche, da un'insofferenza, oggi abbastanza diffusa, per un uso «derealizzato» del video (ma lo stesso discorso vale per molto cinema). C'è in giro una professionalità tutta interna, specialistica, asettica, una fascinazione a volte maniacale per le nuove tecnologie, rese funzionali senza più scarti a logiche, mode e miti del «sistema avanzato» dei media. Respinte, invece, ai margini le vere tensioni culturali; poche le indagini «necessarie», se non forti, almeno curiose, vive, che dicano cose «utili» per quanto personali. «Turinois fou de cinema vérité, réalisateur d'une trentaine de magnifiques documentaires» era stato definito Daniele Segre in una recente inchiesta di «Liberation1» sui nuovi talenti europei. E' un autore, e un operatore culturale, che va controcorrente; naturale che proprio lui sentisse l'esigenza di riprendere e allargare la ricerca sul reale e le sue contraddizioni. Il suo Corso sin dal titolo esprime l'intenzione di unire rigore di preparazione tecnica, di accanito lavoro sul mezzo e sui materiali, e l'elemento «progetto», di espressione attiva di realtà e sensibilità non scontate, da recuperare oltre la superficie e i luoghi comuni del nostro presente. La scommessa del corso si è giocata a più livelli. Quello di creare competenze professionali che agiscano dentro e non fuori del mercato, ma anche capaci di un lavoro che abbia un senso. Quello di stimolare la formazione di un gruppo che non sia un gruppo chiuso, ma sia di forza propositiva e aggregante. Quello di un'apertura al reale senza troppi modelli, senza idologismi, mossi da un bisogno di conoscere cose che non si sanno o di vederle sotto un angolo insolito, nello stesso tempo coscienti del valore soggettivo del rapporto, di ostilità o di sintonia, con le cose. Una vera oggettività implica anche un massimo di soggettività, una messa in discussione di se stessi attraverso le proprie domande, la propria telecamera, il fatto di non essere sul proprio terreno. Per ora, necessariamente, sono poco più che ambizioni, ma valgono come linee di lavoro precise. Poco tempo fa, in un'intervista Godard sosteneva polemicamente che, oggi, si sa forse costruire sequenze perfette, ma non si sa pensare. Pensare il «nuovo», riflettere sopra e sotto la comunicazione. Ci è parso dunque importante stabilire uno stretto nesso tra i due momenti del corso; «conoscere il video» (lavoro tecnico e sul campo) e «conoscere la realtà», quella di Torino e quella del cinema in primo luogo. Anzi, parti dell'una e dell'altro. A questo fine, essenziali sono risultati gli (interminabili, a volte ripetuti) incontri con «ospiti» che hanno messo a disposizione vere competenze, riflessioni che nascevano da esperienze concrete, vissute e pagate in prima persona. Così Ciafaloni ha proposto un'articolata ricognizione della società multietnica, di quel reale rimescolato nelle classi, nelle etnie, nelle culture, se si vuole nelle soggettività, che comincia già a essere il nostro. Così don Ciotti ha tracciato un quadro impressionante della realtà dell'emarginazione ma ancor più di quella dei «normali», dei tanti «morti vivi» che popolano la nostra quotidianità. Un quadro, in un caso come nell'altro, arricchito da «racconti» di storie vissute, illuminanti di modi di essere, di vivere, di pensare. Poi, Perpignani, Piavoli, Fofi: tre facce del cinema italiano. Il primo, docente al Centro Sperimentale, collaboratore di Orson Welles e Bertolucci, di Bellocchio e dei fratelli Taviani, ha mostrato nel vivo dei film d'autore come militanti - i segreti del montaggio. Il secondo ha raccontato le proprie esperienze, teorie, problemi di autore davvero indipendente, di artigiano-poeta. L'ultimo, uno dei critici più acuti proprio perché non è solo un critico cinematografico, ha analizzato possibili forme e campi d'intervento, possibili modelli, in un intervento «di tendenza» che ha chiuso il corso ma ne ha idealmente aperto uno futuro. Ma ciò che più ha sorpreso tutti è stata la vivacità, di interessi e di idee, mostrata dai partecipanti al corso, quasi a sfatare il luogo comune di una generazione amorfa, compiaciuta di miti derisori. Lo mostrano, del resto, anche i video realizzati. Gianni Volpi Condirettore del corso

Luoghi citati: Torino