Il mito in ritratti inquieti di Angelo Mistrangelo

Il mito in ritratti inquieti In una sala del museo gli «Archivi Legali» e un catalogo Il mito in ritratti inquieti Modigliani ritrovato a Montmartre PARIGI ODIGLIANI ritorna nell'atmosfera del Sacre Coeur, rinnova, quasi per una sorta di magia, il rapporto con la città attraverso i documenti, i manoscritti, i lirici disegni, i dipinti e le due sculture ospitate in una sala del Museo di Montmartre, al numero 12 di rue Curtot. In questa sede gli «Archivi Legali Amedeo Modigliani» hanno trovato una stabile collocazione, accompagnati dal recente «Catalogue raisonne de l'oeuvre de Modigliani», edito dalla Graphis Arte, e curato da Christian Parisot. Custode della tradizione artistica e culturale di Montmartre, il Museo ha in programma una stagione ricca di manifestazioni imperniate sulle personalità di Maurice Utrillo e Dufy, mentre in passato sono state allestite le retrospettive dei pittori Henry Maurice Cahours e Jean D'Esparbès, che aveva partecipato alle esperienze dell'Ecole de Paris e dipinto negli ateliers del famoso quartiere parigino. In particolare Cahours lavorò nello studio di Pissarro in rue Berthe, per poi trasferirsi in rue Cortot, dove Renoir, nel 1876, realizzò il celebre «Bai au Moulin de la Gaiette». A Montmartre si potevano incontrare l'olandese Jongkind, precursore degli impressionisti, e Manet ai tavoli del Café Guerbois, in Batignolles, insieme a Degas, Sisley, il critico Zola e il poeta Astruc, Bazille, che morirà nel conflitto Franco-Prussiano, Monet che aveva scoperto la pittura «en plein air»: «Tous les jours je découvre des choses plus belles, c'est à en devenir fou». Fernand Comon, autore di soggetti preistorici, impartiva nello studio di rue Constance lezioni a Van Gogh, giunto a Parigi da Anversa nel 1886. Toulouse-Lautrec, invece, aveva lo studio in rue Tourlaque, era frequentato dalla modella Suzanne Valadon, in seguito pittrice e madre di Utrillo. L'atmosfera è, quindi, quella di un mondo ritrovato; della piccola bottega di colori di Pére Tanguy, tra i primi collezionisti degli allora sconosciuti impressionisti, del mercante d'arte Paul Durand-Ruel. Nel 1906, Modigliani si trasferì a Parigi, dalla nativa Livorno, in rue Caulincourt. Iniziò da quel momento la sua avventura, il suo sodalizio con gli scrittori Cendrars, Salmon e Carco, la presenza al Salon des Indépendants, l'amicizia con il dottor Paul Alexandre, suo primo collezionista. Un'avventura più volte analizzata in occasione delle mostre che hanno ripercorso il senso di un'arte segnata dalle sue personali vicende, dall'inquietudine della linea che percorre i fogli di carta per fissare un profilo di donna o un nudo dolcissimo, immerso nella luce e dalla luce trae l'essenza della sua sorprendente poetica: «La storia di questa esperienza - scrisse la figlia Jeanne - è un segmento della tradizione che possiamo intravedere nella ricerca di un'ideale legato al ritratto... si è fatto interprete di questa singolare esplorazione con una forte carica di passione ed impulsività che lo hanno reso vivo nel tempo». E nel tempo il suo mito ha attraversato le avanguardie, ha contraddistinto gli anni della Parigi dell'inizio secolo accanto all'intensità della materia di Suotine, al Picasso del Bateau Lavoir e all'esoterico discorso di Max Jacob, all'incanto figurale di Chagall e alle donne di Van Dongen, alla suggestione espressiva di Kisling. Nel museo di Montmartre si possono ammirare l'acquarello «Téte de Cariatide» (1910) e il disegno «Portrait du poète Charles A. Cingria» (1917), la china «Nu de Jeanne Hébuterne», allieva e modella dell'Academie Colarossi, che gli diede la figlia Jeanne. La Hébuterne si suicidò il 26 gennaio del 1920, due giorni dopo la morte dell'artista. Fra le altre opere esposte si ricordano il «Grand nu», un olio su tavola, e il «Portrait de Marevna» e, ancora, il «Portrait de Léopold Zborowski», un poeta polacco, che si occupò di Modigliani a partire dal 1917. La sua stagione, il suo linguaggio, la vibrazione della linea che percorre i contorni dei volti, delle figure, dei ritratti rientra in una dimensione in cui la pulsante vena narrativa traduce un'intuizione, una luce, un incontro: «Le figure ritratte, longilinee ed asettiche, — nota Christian Parisot — si allontanano attraverso l'astrazione delle forme dalla realtà decorativa e dalla vita quotidiana, non sono oggetti freddi, ma corpi e forme "di pensiero" unite, senza nessuna separazione d'ordine psicologico». L'indagine intorno alla realtà pittorica di Modigliani restituisce il fascino segreto della natura dell'uomo. La sua pittura, che si può anche vedere in questo periodo alla Fondation Pierre Gianadda a Martigny, sino al 28 ottobre, appartiene alla tradizione di Montmartre e di Montparnasse, alla storia dei Café della «Butte», alla posa delle modelle: «Lo studio era in alto — ricordò Paulette Jourdain —. Le scale erano ripide, scure. Salendo, avevo paura quella scala mi sgomentava. Attraverso una stanzetta, si accedeva allo studio che era immenso, vuoto, triste... Modigliani non imponeva mai la "posa"... Lavorando, chiacchierava con me. Mi faceva domande. Spesso, alle mie risposte, rideva molto». Angelo Mistrangelo Madame Dorival, un ritratto a matita blu di Amedeo Modigliani

Luoghi citati: Anversa, Livorno, Montmartre, Parigi