L'ombra sinistra della P2
L'ombra sinistra della P2 Il volto nascosto del potere nell'ultimo libro di Gianni Flamini L'ombra sinistra della P2 Golpismo e terrorismo contro il Paese BOLOGNA. E' sempre difficile scegliere fra più verità. Soprattutto se tanto dissimili fra loro. Una facile, logica e comoda; rassicurante, magari verosimile un'altra; una terza difficile, allarmante e fastidiosa; inquietante, scomoda, forse inverosimile un'ennesima. Troppi i processi conclusi con cocenti sconfitte per la giustizia, le attese deluse, i misteri del terrorismo ancora da svelare. Sulla strage alla stazione di Bologna rimangono molti interrogativi e ancor meno certezze si hanno sugli altri massacri. Eppure, tracce non secondarie di fatti e misfatti nazionali si trovano in carte processuali seminascoste, semidimenticate, semignorate. Storie di venti e più anni fa. Killer e spie, attentati e stragi. Servizi segreti «deviati» e poteri occulti, burattini e burattinai, logge e piramidi: una giungla nella quale pochi hanno avuto il coraggio o, semplicemente, la voglia di avventurarsi. Storie passate e alcune già paiono remote. Ma anche fin troppo attuali. «Bisogna considerare che il progetto golpista del generale De Lorenzo risale al 1964», osserva Gianni Flamini, 56 anni, giornalista, autore di Un agósto tranquillo, cronaca di un colpo di Stato e del Partito del golpe. Del volto nascosto del potere, quello «inquietante, insidioso e senza scrupoli», parla nell'ultimo lavoro, L'ombra della piramide, Teti editore, Milano. E la piramide che getta ombre sinistre sullo Stato è la loggia Propaganda 2 o P2. Per anni Flamini, ha frugato negli archivi, seguito piste, cercato collegamenti, fatto, come spiega, «un certo tipo di giornalismo investigativo, quel giornalismo che, dalla strage di piazza Fontana, si era conquistato qualche spazio dimostrando l'interessata falsità di molte veline ufficiali e andandosi a cercare qualche brandello di verità. Ammetto di essere fra quelli che vennero prima definiti sprezzantemente "pistaioli", poi liquidati come inattendibili dietrologi, quindi definitivamente relegati all'inoperosità». Giornalismo «ormai morto». Dalle stragi al terrorismo. Poi i processi, le vendette, i dissociati, i «pentiti», le scarcerazioni. E che cosa è cambiato dai primi deliri golpisti? Flamini risponde asciutto: «Golpismo e terrorismo sono rami di un unico albero, l'albero di un progetto politico reazionario coltivato per condizionare lo sviluppo politico e sociale del Paese. E' sufficiente prendere in considerazione uno dei più allarmanti progetti politici, alludo al Piano di rinascita democratico prodotto nel cantiere politico-clandestino della P2 di Gelli verso la metà degli Anni Settanta. Si proponeva obiettivi precisi, os- sia l'instaurazione di una repubblica presidenziale da realizzare a conclusione di una serie di provvedimenti volti allo scopo. In particolare da assumere nei confronti dei mass media proponendo di dissolvere la Rai-tv in nome della libertà di antenna e di acquisire due o tre giornalisti per ciascun quotidiano o periodico ai quali affidare il compito di simpatizzare per i politici prescelti; nei confronti dei sindacati per provocarne la rottura dell'unità d'azione; nei confronti della magistratura con l'affermazione della responsabilità civile dei giudici e con la neutralizzazione dell'operato del pubblico ministero; infine, nei confronti del governo e del Parlamento con il varo di leggi che rafforzassero il primo e indebolissero il secondo. Ora quel piano, come ognuno può giudicare, non è rimasto lettera morta ma si è realizzato nel silenzio e grazie a una diffusa memoria corta delle forze politiche di governo e non solo di quelle. Quanto ai mass media l'auspicata "libertà d'antenna" ha fatto passi da gigante mentre negli organi di stampa, così come nelle forze armate e negli enti pubblici, i piduisti hanno ricominciato a far carriera; sono avvenute la rottura dell'imita sindacale e la modifica riguardante la responsabilità dei giudici; quanto al governo e al Parlamento l'ipotesi di presidenziali¬ smo circola e non più sotto forma di impresentabile complotto». Ma chi nasconde la verità? «Siamo alla "piramide superiore" della relazione Anselmi. Lì stavano i manovratori del terrorismo eversivo, ma nomi non ne sono emersi. Eppure, una cosa è certa: il terrorismo è soltanto uno strumento». Dietrologie arcaiche? Forse. O forse no. Prove? Neppure. Ma indizi anche troppi. Aggiunge Flamini: «Non sarebbe del resto spiegabile in altro modo il ripetuto ricorso da parte di molti governi nazionali al segreto di Stato in materia di terrorismo ed eversione. I primi "segreti" furono applicati all'avventura golpista di De Lorenzo e siamo arrivati a quello per le forniture di armi mediorientali alle Brigate rosse». I due terrorismi, quello rosso e quello nero, puntano a un obiettivo comune: «Mandare a catafascio il sistema democratico o, quanto meno, condizionarlo contrastandone la crescita. "Disintegrare il sistema", secondo la formula di Franco Freda; "Destrutturare il dominio", secondo quella di Toni Negri». Tutto questo è soltanto frutto della fantasia un po' troppo sbrigliata di un giornalista? Sarebbe da augurarselo. Ma quante volte è stato detto che la realtà supera la fantasia? Vincenzo Tessandori Un progetto reazionario per condizionare lo sviluppo politico e sociale dell'Italia. Le realizzazioni del «piano» Gelli sia nel settore dei mass-media sia in quello della giustizia. Il ricorso ai «segreti» di Stato per nascondere le trame eversive. Rossi e neri uniti per distruggere la democrazia
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