Dighe inutilizzate, acqua rubata e venduta, situazione drammatica. Parlano manager e sindacalisti

SICILIA le mani sulla sete Dighe inutilizzate, acqua rubata e venduta, situazione drammatica. Parlano manager e sindacalisti SICILIA le mani sulla sete LENTINI (Siracusa) DAL NOSTRO INVIATO Si può partire di qui, da questo lago artificiale che s'è quasi finito di scavare a Lentini, per raccontare l'avventura dell'acqua siciliana. Ai piedi di colline secche, ravvivate qua e là da macchie di verde scuro, e sono gli agrumeti chiusi dai muri come in uno scrigno, si stende una vasca di dieci chilometri quadrati perfettamente vuota. Hanno già irrobustito le sponde, non ci sono più né gru né grandi macchine cingolate. Ormai manca solo l'acqua. Che però chissà quando viene. Nel frastuono di tutte le cicale, nella luce opaca che accieca, nell'aria immobile e ogni tanto odorosa di mirto, questa vasca vuota riassume i ritardi, le beffe e le colpe della cosiddetta politica idrica nell'isola. L'acqua non arriva ancora nelle case e nei campi, nei paesi scoppiano tumulti, si decreta lo stato di calamità naturale, si scavano pozzi selvaggi. L'acqua è rubata e venduta. Ma sono anni e anni che si pensano e si avviano dighe e condutture. Sono anni e anni che scorrono migliaia di miliardi negli appalti. Il risultato è quello di questi giorni: ogni estate si invoca e si proclama l'emergenza. Il serbatoio di Lentini, nato per usi industriali e per dissetare le campagne di Siracusa e Catania, è un esempio della sconvolgente lentezza con cui procedono quasi tutte le grandi opere nate dall'ex Cassa del Mezzogiorno, rilevate o no dalla Regione: se il progetto esecutivo dell'invaso risale al 1978, i lavori partono solo nell'83, per fermarsi però quasi subito per un anno e mezzo: bisognava adeguare il progetto alle peraltro previste nuove norme antisismiche. E i soldi spesi sono passati dai 120 miliardi iniziali agli attuali 400 e oltre. Senza dire che a tutt'oggi mancano gli allacciamenti. Da dove dovrebbe venire infatti l'acqua? Da tre fiumi a Sud e soprattutto da Nord, dal più grande fiume siciliano, il Simeto. Il primo appalto è partito solo pochi mesi fa. Mancano poi in gran parte le condutture per portare l'acqua a destinazione. E ancora non si parla di depuratori, visto che in tutti i fiumi da cui si prenderà l'acqua si scaricano i rifiuti di numerosi Comuni. Senza depuratori - teme la Lega Ambiente e teme la Fillea-Cgil, il sindacato dei lavoratori edili che della politica dell'acqua e dell'ecologia ha fatto una specie di bandiera - la vasca di Lentini sarà uno stagno-fogna a cielo aperto, quasi una riedizione della palude che caratterizzava la zona. Scocca infine il dubbio supremo: si riempirà mai d'acqua, questo lago? A parte i 15 milioni di metri cubi d'acqua che dovrebbero placidamente evaporare ogni anno, ambientalisti e sindacati denunciano i troppi salassi che subiscono il povero Simeto e i suoi affluenti prima della presa di Ponte Barca, che appunto dovrebbe far scendere l'acqua fin qui. «Non ci sarà più nessuna acqua, la situazione è oggi troppo diversa da quando si ebbe l'idea del lago», dice Paolo Maniscalco della FilleaCgil di Catania. «Il Simeto è già mezzo morto e così morirà del tutto, come morirà l'oasi protetta della foce», incalza Renato De Pietro della Lega Ambiente. Se tutto questo fosse vero, il canto delle cicale tutt'attorno a questa vasca vuota diventerebbe un inno all'assurdo, la musica di scena per la girandola di carte e miliardi fra Roma, Palermo e Lentini: entrano in gioco l'ex Cassa del Mezzogiorno e la sua erede, l'attuale Agenzia, che a suo tempo ha trasferito l'opera al Consorzio di bonifica del lago di Lentini. E sarebbe bello ascoltare la voce di questo Consorzio, ma il direttore Francesco Fisicaro è al mare e nessuno parla. Sicuro è in ogni caso il ritardo, con tutte le opere che sono ancora da iniziare. L'acqua, posto che arrivi, scorrerà nel 1995, nel 2000, più avanti ancora? «E' normale questa lentezza - assicura amaro Renato Biferali, il responsabile dell'osservatorio sulle opere pubbliche organizzato dalla FilleaCgil -. I progetti per le opere idriche non sono mai precisi, come pure dovrebbero essere per venire approvati: sono solo dei canovacci da interpretare e variare nel tempo, una porta aperta per ulteriori stanziamenti». E comunque l'acqua dovreb- MigscorMa rim be venire da lassù, dal Simeto a Ponte Barca, sotto Paterno, sotto l'Etna. E a Ponte Barca il Simeto avrà già subito i prelievi che si stanno preparando sui fiumi che gli danno vita. Un sistema di lavori che alla fine dovrebbe raddoppiare la capacità di una diga già attiva: la diga di Ancipa. Lassù però, in uno scenario da Far West tra i monti Nebrodi, nei cantieri non c'è nessuno. Un'altra storia istruttiva. Una parte dei lavori li ha bloccati l'assessore regionale al Territorio perché in contrasto con l'ambiente, un'altra parte li ha fermati un membro del consiglio d'amministrazione dell'Ente acquedotti siciliani (Eas), che ha la responsabilità dei lavori. «Ho denunciato a gennaio le troppe illegalità - dice il consigliere Domenico Sabatino -. Un lotto di lavori è stato iniziato senza appalto, senza i necessari pareri dei Comuni interessati e senza autorizzazione regionale. Ho chiesto di recuperare una ventina di miliardi. E' probabile che intervenga la magistratura». L'acqua del lago Ancipa serve sì per una centrale dell'Enel e per usi agricoli, ma disseta anche molti Comuni, ad esempio in provincia della riarsa Calta- nissetta. «Questo stop ai lavori non aiuterà certo a soddisfare la sete di quella gente - dice Sabatino -. Per loro è previsto in futuro il prelievo da un altro invaso. Ma fin da ora si potrebbero installare in 15 giorni due potabilizzatori portatili, lì ali'Ancipa, e aumentare così l'acqua da bere, magari sottraendola in parte all'Enel. Poi si potrebbe portare l'acqua da un'altra diga, la diga Nicoletti, a pochi chilometri dall'acquedotto dell'Ancipa. Ma nessuno si muove». Sabatino racconta altri scandali. Hanno fatto un lago artificiale, quello di Ogliastro, che giace inerte perché ha l'acqua salata, e difatti là sotto si allungano le miniere di salgemma. E ci sono attualmente in Sicilia ben sette dighe finite e inutilizzate: o sono vuote, come quella di Rosamarina vicino a Palermo, o sono piene, come quella di Naro vicino ad Agrigento, e come un'altra in provincia di Ragusa. Per tutte mancano le condutture. E la Corte dei conti di Palermo ha bloccato i 25 progetti e i 900 miliardi pronti della Regione: «La Corte - racconta Sabatino ritiene illegittimi gli appalti perché troppo cari, perché senza progetti precisi, perché privi dei pareri urbanistici e ambientali. Ultimamente ha subito molte pressioni per fare marcia indietro. Allora ha mandato gli atti a Roma. Che decidano loro». A questo punto - per Sabatino, per gli ambientalisti, per la Fillea-Cgil - si precisa la denuncia di fondo: in Sicilia l'acqua è poca ma c'è, ce ne sarebbe abbastanza; soltanto che non si provvede adeguatamente a raccoglierla e distribuirla. «Interessa solo il cemento», questo è il motivo ricorrente. Interessano solo gli appalti, in primo luogo quelli di cemento, perché è il cemento che fa arricchire. Arricchire chi? Risposta: «La mafia e i politici complici». «Due esempi - dice Sabatino -. Un acquedotto lassù all'Ancipa, in origine previsto interrato, sembra adesso un'autostrada, sorretto com'è per lunghi tratti da grandi piloni in calcestruzzo. E nel complesso i lavori, progettati nel 1978 per 55 miliardi e iniziati nove anni dopo, sono arrivati a 600 miliardi. Secondo esempio: l'acquedotto delle Madonie Est, che porta l'acqua a Caltanissetta, doveva costare due miliardi e mezzo per i suoi 30 chilometri: ne è costato invece dieci e non è del tutto collaudato. E' anch'esso su piloni». Sabatino va oltre: dice che troppo spesso le imprese del Nord «stanno al gioco delle imprese locali, fanno addirittura da prestanome: così per l'invaso di Lentini, affidato al cartello di imprese Rendo-CostanzoGraci, tutti nomi ben noti, più le Condotte Acqua; e così per il sistema Ancipa, dato alle imprese Rendo e Lodigiani». Rincara Paolo Maniscalco: «Si direbbe persino che una regia eviti di risolvere il problema idrico: finché resta aperto, corrono gli appalti». Un intrico di inadempienze, sospetti, interessi leciti e illeciti. Un'emergenza che conti¬ «Perl'acqPeròcom nua, polverizzata fra i troppi enti che in Sicilia hanno le mani sull'acqua. Il serbatoio di Lentini è per esempio gestito dall'apposito Consorzio. Il sistema dell'Ancipa, sui fiumi che danno vita al Simeto, e che dunque è collegato con il serbatoio di Lentini, è invece gestito dall'Ente acquedotti siciliani (Eas). «Abbiamo registrato almeno 80 enti che hanno a che fare con l'acqua in Sicilia», ricorda Roberto Tonini, segretario generale della Fillea-Cgil. «Oppongono resistenza a sciogliersi, perché sono rubinetti di potere, denaro e consenso», dice Salvatore Cafiero, direttore della Svimez, l'Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno. «Manca una semplicissima leggina, di un articolo solo, che dica che l'acqua è un bene dello Stato, come il metano. E' sottinteso, ma ogni Regione, specialmente nel Sud, soprattutto in Sicilia, ri- vendica l'acqua come sua»: è la diagnosi del comunista Luciano Barca, presidente della commissione bicamerale per gli interventi nel Sud. Una dichiarazione che si aggiunge a quelle di molti altri politici ed esperti volte a restituire allo Stato, in particolare nella sua azione per il Mezzogiorno, il quadro complessivo di una politica dell'acqua, risanando le situazioni più disastrate, come quella siciliana, e riducendo i limiti dell'autonomia locale in questo campo. L'obiettivo è di uscire dalla logica degli interventi d'emergenza. Osserva ancora Cafiero: «Si rischia di aprire dei nuovi fronti di spesa, come quello dei dissalatori, che ora appaiono i salvatori del Sud assetato, senza avere concluso i precedenti fronti di spesa, qual è quello delle dighe». Come dire: si prospetta un nuovo affare ammettendo di avere finora fallito. Così non si fanno, o non si fanno abbastanza, le cose più semplici e sensate: rifare le vecchie reti che perdono troppa acqua per strada; riutilizzare l'acqua depurata nelle città senza spararla in mare, come j si progetta per Catania; e persino far pagare di più le tariffe dell'acqua. «Sembra quest'ultimo un discorso impopolare, ed è invece di corretta amministrazione - spiega Carlo Lotti, presidente onorario dell'Associazione idrotecnica italiana -. Noi italiani paghiamo l'acqua da cinque a dieci volte di meno che negli altri Paesi europei. E' un prezzo politico. Gli enti gestori spesso hanno l'alibi in questo modo per non compiere la necessaria manutenzione: non hanno i soldi». La grande vasca vuota qui a Lentini, attorno a cui ronzano alcuni camion che portano via l'ultima terra; i lavori fermi, deserti, lassù all'Ancipa; le sette dighe inutili sotto il sole perché senza condutture, qua e là nell'isola: una serie di segni, un panorama che dice perché tante città e tanti paesi di Sicilia soffrono ancora la sete. A Campofranco, 5000 anime fra aridissime colline vicine a Caltanissetta, l'acqua arriva all'alba: un'ora ogni sette, otto giorni. Le donne si alzano presto, spiano il personale dell'acquedotto, quando finalmente è il momento urlano, spargono la voce nelle case e accendono i motorini per pompare l'acqua, che è debole, sì e no sei litri al secondo, e non ha la forza di arrivare oltre il primo piano. Il rumore dei motorini riempie il paese e sembra che tremi tutto. La gente si arrabbia anche e litiga, perché chi ha il motorino più potente arraffa più acqua. Lo stesso accade a Favara, nell'Agrigentino. Ma più di rado, perché l'acqua vi arriva ogni 10 giorni. Ed è un passo avanti, perché fino a poco tempo fa arrivava ogni 20. E poi l'acqua dura più a lungo, da due a quattro ore. Si riempiono le cisterne interrate nelle case, si mettono sotto i rubinetti tattiche e pentole. «Per altri 10 o 15 anni non c'è niente da fare - conclude Sabatino, il consigliere ribelle dell'Eas -. L'acqua continuerà a mancare. Ma la gente adesso comincia a capire». Claudio Altarocca Migliaia di miliardi scorrono negli appalti. Ma i nuovi serbatoi rimangono vuoti «Per altri 10-15 anni l'acqua non arriverà. Però ora la gente comincia a capire» SICILIA le mani sulla sete Una desolante immagine della Sicilia assetata. Dove esistono le nuove vasche, mancano le condutture [FOTO DI MARIO CRESCI DA -SICILIA.. ED TOURING CLUB ITALIANO)